Orta, il pulpito nero che sfida il tempo

E’ vero: le trasformazioni dell’epoca barocca hanno reso irriconoscibile la chiesa medievale di San Giulio d’Orta. Ma piantato e saldo tra gli stucchi e i dipinti sei-settecenteschi, il mirabile pulpito nero è come un baluardo, un nucleo romanico inattaccabile.

Giudicato da molti, specie in epoca recente, come uno dei capolavori della scultura medievale italiana, il pulpito – dedicato alla proclamazione del Vangelo, formalmente è un “ambone” – stupisce per il vigore che emana, più ancora che per la sua bellezza. Lo diresti fuso nel nel metallo, tanto appare indistruttibile. Scuro e lucido come una scultura in bronzo – in realtà è scolpito in marmo “serpentino” di Oria – sembra sfidare tutto quanto gli accade intorno: poco importa se i secoli hanno potuto mutare di molto le navate, i colori e gli arredi, perché sul suo marmo forte e scuro, al contrario, non avranno effetto alcuno.

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Il pulpito

Sollevate sopra le quattro colonne portanti, le tre pareti del pulpito – ciascuna a sua volta divisa in tre pannelli – mostrano una serie di figure di assoluta leggibilità, anche se le vorremmo ordinate con moderno rigore: un angelo, un leone, un toro ed un aquila, a rappresentare i quattro Evangelisti; un centauro che caccia, due scene di combattimento tra animali e una composizione a fogliami portano ad otto; e infine, sull’ultimo pannello, l’enigmatica figura di un uomo in piedi in posizione frontale. Poiché le sue mani sono poggiate su un bastone a forma di tau, simbolo della dignità dell’abate, la critica è propensa a riconoscere, in quest’ultima figura, Guglielmo da Volpiano, l’abate nato appunto ad Orta, figura centrale della storia del monachesimo altoitaliano.

E se il pulpito si propone come un punto assolutamente fermo dentro i mutamenti che la chiesa di San Giulio ha sopportato, dentro il pulpito stesso il misterioso abate costituisce un nucleo di ancor più assoluta impassibilità: avvolto in un mantello che pare anch’esso di metallo, fissa lo sguardo nel vuoto. Medita pensieri molto più alti di chi lo osserva dalla navata, pensa concetti che nessun mutare dei gusti potrà scalfire, o rendere superati.

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Una veduta del pulpito nella chiesa ampiamente modificata in epoca barocca

 

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L’isola di San Giulio nel Lago d’Orta

La chiesa di San Giulio, sull’isola omonima nel dolce lago d’Orta, ha origini altomedievali. Una basilica ancora più antica di quella romanica fu distrutta dall’assedio del 962, quando Ottone I imperatore di Germania mise a ferro e fuoco l’isola, su cui si erano rifugiate le truppe dell’avversario, Berengario.

La basilica attuale nasce quindi dopo il Mille. Ne testimoniano l’origine romanica parti della muratura – poco visibili peraltro per l’assembrarsi intorno di altre costruzioni – e il campanile di bella fattura lombarda. Il pulpito nero è riferibile al primo quarto del XII secolo, età d’oro della scultura romanica in tutta l’Europa. L’interno è ricco di affreschi, certo non romanici; piacerà anche a chi non ha interesse specifico per l’arte medievale. La visita alla chiesa di San Giulio, e al suo pulpito, è un piccolo ma specialissimo viaggio in una dimensione diversa, e non solo per la breve traversata che si compie per raggiungere l’isola: va fatta, questa visita; anche e ancor meglio nella stagione fredda, quando Orta San Giulio, la deliziosa cittadina di partenza in riva al lago, è meno affollata dai turisti. 

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Almenno San Bartolomeo a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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Ce ne sono altre. Belle come la chiesa di San Giulio d’Orta, e come San Giulio isolate in mezzo al nulla, o inerpicate in cima ai monti, o comunque lontane, difficilmente raggiungibili, altre dodici splendide chiese stanno nel volumetto che Before Chartres ha dedicato – finalmente “in carta” – ai più spettacolari nidi d’aquila del romanico. Lo trovi qui: DODICI CHIESE isolate DEL TEMPO ROMANICO

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14 pensieri su “Orta, il pulpito nero che sfida il tempo

  1. Valter Fascio (da Fb):
    Il misterioso abate benedettino appartenente al nostro ordine è Guglielmo da Volpiano (cfr. Chiovenda). Nato a S.Giulio di Orta nel 962 durante l’assedio Ottoniano, il padre Roberto difendeva la regina Willa moglie del Re d’Italia Berengario II° d’Ivrea ivi asseragliata.

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  2. Giuliano Gallus (da Fb):
    Ma non è un pulpito! È un ambone. Lo provano l’epoca, i simboli del vangelo, l’ornamentazione vegetale (simbolo del giardino in cui era la tomba), il vuoto sottostante (il vangelo è annuncio della risurrezione, e l’angelo dà questo annuncio sulla pietra che ostruiva l’accesso al sepolcro). L’ambone è luogo liturgico simbolico per la proclamazione del vangelo, il pulpito è struttura funzionale alla predicazione al popolo in epoca post-tridentina.

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  3. Luca Borgia (da Fb):
    Dissento, almeno parzialmente: il barocco ha appesantito assai, ma l’impianto è ben leggibile e la facciata, al netto della “serliana”, è rilevante (va vista imbarcandosi da Pella). Dentro ci sono parecchi capitelli superstiti, sono rimasti i matronei… In altri casi avrebbero fatto danni maggiori, forse lo spazio ristretto dell’isola ha comportato più che altro una ristrutturazione decorativa, se vogliamo, e non un rifacimento totale. Meglio qua che, ad esempio, la chiesa dei SS. Primo e Feliciano di Pavia, che ha mantenuto dimensioni esterne e facciata (pur con rivisitazione di restauro), ma che ha visto l’interno stravolto, da 3 navate a una sola.

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    1. Tu sei un fine intenditore, Luca, uno che cerca e trova e vede i resti di un affresco medievale anche in un sottoscala. Ma chi viaggia con meno ambizione non riesce proprio a dire che l’interno della chiesa di San Giulio è romanico… e non distingue come fai tu il “rifacimento” dalla “ristrutturazione decorativa”, e dentro San Giulio, passata la facciata che è davvero bella, non “sente” più lo spirito romanico. Se non fosse per il meraviglioso ambone.

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      1. Luca Borgia (da Fb):
        Beh che l’impatto dia l’impressione del barocco, ok. Ma un posto simile comporta una sosta non troppo da mordi e fuggi anche se l’ambone “porta via” molta attenzione: cosa che non è facile perché nella belle stagione la gente non manca ed è difficile rimanersene un po’ tranquilli: le mie visite le ho fatte a fine settembre – ottobre di qualche anno fa, non abitando lontano è sicuramente più semplice…Per fortuna restano gli affreschi del XV e XVI sec., seppur di bottega novarese e non così raffinatissimi (ma si vede come si “affina” la mano nel giro di 20 anni o poco più, lungo la navata di destra). A quel punto difficile non notare i vari capitelli rimasti in loco, per fortuna.

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  4. Paolo Salvi

    Finalmente l’anno scorso sono riuscito a colmare la lacuna e passando tre giorni appositamente nel Vergante ho potuto visitare anche l’Isola di San Giulio col magnifico ambone in pietra nero fumo, in realtà marmo serpentino (generalmente verde scuro). Un’opera scultorea straordinaria con le consuete raffigurazione del tetramorfo, l’aquila di San Giovanni a far da leggio e un’enigmatica figura che amiamo ricondurre a Guglielmo da Volpiano, eccellente promotore di importanti fabbriche e nativo proprio dell’isola.

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