I baffi di Adamo e una mela del Tirolo

Before Chartres ama le chiese. Non gli capiterà molte altre volte di entrare in un castello, e di accompagnare i suoi lettori tra mura tanto laiche. Ma i due portali romanici di Castel Tirolo sono così affascinanti che meriterebbero di essere visti anche se fossero le porte di una bettola, o di una stalla.

Simili nella struttura, i due portali costituiscono entrambi, in realtà, l’accesso ad un’aula liturgica; ed anche i temi affrontati nei rilievi sono prettamente sacri, tanto che il primo, e più ricco, può essere detto “della Deposizione”, per il soggetto che domina nella lunetta, e il secondo è detto “di San Michele”, poiché è appunto l’Arcangelo ad occupare la parte centrale di questo “gemello” minore.

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Il portale “della Deposizione”

Siamo, con questi portali, al pieno XII secolo, periodo d’oro della scultura – oltre che dell’architettura – medievale romanica. E i rilievi di Castel Tirolo non deludono affatto: primitivi quanto al disegno dei soggetti, possiedono una plastica solida e morbida, e una vivace fantasia di composizione. Il portale principale, soprattutto, colpisce per come le diverse rappresentazioni fioriscono con vigore l’uno intorno all’altra. E se la Deposizione che abbiamo visto occupare la lunetta richiama la semplicità di certe sculture longobarde, ai fianchi è tutto un fiorire di grandi figure di uomini e mostri e animali, che debordano e si conquistano spazio rompendo ogni schema. Ricchissima, infine la decorazione degli archivolti, anch’essi figurati con fantasia quasi incontrollata – quello esterno comincia con un uomo a testa in giù -, e anche quella dei pilastrini che, ai due lati, arricchiscono il portale con un ulteriore tripudio di trafori e decori.

Diverte, quasi, questa scultura florida. A sinistra, tra un grande centauro e un groviglio di lotta campestre, una sola scena, più piccola, si confina ordinata dentro il disegno di un rettangolo. Anche questo rilievo, pur così inquadrato, pur rappresentando il momento grave del primo peccato di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, è pieno e fecondo, e alla fine fa sorridere. Sarà la rotondità delle forme, sarà la pietra calda… saranno i baffi tirolesi che porta Adamo – come peraltro quasi tutte le figure maschili, compreso il Cristo in croce – ma davvero quest’opera parla la lingua delle terre tutto intorno, forti e rubiconde come la fiamma in un camino, come una mucca al pascolo, come una mela rossa dell’Alto Adige appena colta e ancora da addentare.

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Uno dei rilievi del portale: Adamo, Eva e il serpente

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Castel Tirolo

Castel Tirolo, il maniero che custodisce il portale della Deposizione e quello, gemello, di San Michele, sorge in cima ad uno sperone di roccia, in posizione dominante rispetto alla cittadina di Tirolo, che a sua volta è posta a dieci chilometri circa a nord di Merano.

Il castello non è raggiungibile direttamente con l’auto, che può essere lasciata appunto a Tirolo, proseguendo poi a piedi con una passeggiata di circa mezz’ora, o sull’altro versante a Castel Torre: anche da qui l’ultimo tratto va fatto a piedi, per circa 25 minuti di camminata.

Per gli appassionati del Medioevo, quella che va poi da Merano verso occidente fino a Malles Venosta è una strada quasi mitica: Naturno, Lasa, Glorenza, Malles e Burgusio, e poi Mustair, al di là del confine… sono tutti luoghi pieni di sorprese e fascino.

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Quello di Castel Tirolo è un portale bellissimo, ma “minore”. Before Chartres affronta invece il tema dei “grandi” portali del medioevo, e lo riassume, come in un viaggio – finalmente “su carta” – in un volumetto prezioso, dedicato ai suoi lettori più affezionati. Lo si trova qui: DIECI grandi PORTALI ROMANICI.

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Centocinquantun pagine per raccontare l’Abruzzo, una terra fiera, in cui l’arte romanica è fiorita rigogliosa. Raccolgono e raccontano le grandi chiese e le grandi abbazie isolate, l’arte vivacissima di Ruggero, Roberto e Nicodemo, e i loro splendidi arredi pieni di girali, mostri, animali e piccoli uomini nudi, e ancora i portali e gli architravi, gli amboni e i cibori… Il viaggio nell’Abruzzo romanico, non delude mai, e così non delude il nuovissimo volumetto ITINERARI alla scoperta DEL ROMANICO IN ABRUZZO, che raccoglie gli appunti di viaggio di Before Chartres.

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Almenno San Bartolomeo a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI. 

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13 pensieri su “I baffi di Adamo e una mela del Tirolo

  1. Silvia trevale

    Un viaggio attraverso la Val Venosta è altamente consigliabile. Castelli con affreschi medievali, chiesette romaniche, capitelli scolpiti, di tutto e di più in un contesto ambientale tra i più belli. Lo consiglio vivamente.

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  2. M. Àngels Gaja Rifa (da Fb):
    És pur romànic! Gràcies no només per la magnífica obra, sinó també perquè aprendre l’italià. Llengua que m’encanta com tot l’art d’aquest país! [È puro romanico! Grazie non solo per il magnifico lavoro, ma anche perché imparo l’italiano. Amo a lingua come tutta l’arte di questo paese!]

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  3. Roberto Gherzi

    Grazie. Come sempre post interessante che sa cogliere, a distanza di un millennio, sfumature e particolari che non sono mai scontati e banali. Vi seguo sempre con grande interesse.

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  4. Paola Bombardi (da Fb):
    Bellissimo post, Giulio, come sempre del resto‼️ allora, sollecitata, vi sottopongo le mie osservazioni circa il rilievo: gli alberi sono due 🤔, Adamo appunto, ha i baffi che somigliano molto ai tralci che escono dalla bocca dei Green Man e che guarda caso si collegano , sulla destra, all’onnipresente tralcio di trifoglio… come dice una mia amica: parliamone! 😊

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    1. Già. Due alberi. Inusuale, sì. Che sia un modo per rappresentare tutto il Giardino dell’Eden? Se così fosse, io credo, questo desiderio di realismo – “Non posso fare un albero solo, perché insomma la Bibbia dice che eravamo in un giardino con altri alberi” – è da sottolineare.

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  5. Paolo Salvi

    Davvero straordinario questo portale con quelle particolari e grandi raffigurazioni sui piedritti, del tutto inusuali. Anche la lunetta ha un gusto coì desueto, naif, quasi “fumettistico” (absit iniuria verbis) nella descrizione dei personaggi, particolarmente del Cristo mentre viene deposto dalla croce.
    Questo post come altri mi ricorda che è un viaggio che devo ancora fare. Al più presto.

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  6. Rocco Vonlanthen (da Fb):
    Bellissimo articolo! Scusa però se puntualizzo: “in posizione dominante rispetto alla cittadina di Tirolo, che a sua volta è posta a dieci chilometri circa a nord di Merano”. I comuni di Merano e Tirolo sono contigui e i due centri cittadini disteranno in linea d’aria meno di tre chilometri. Direi che Castel Tirolo è in posizione dominante anche rispetto a Merano.

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  7. Gianluigi Vezoli (da Fb):
    Questo esempio è molto utile per farmi approfondire aspetti estetici e psicopercettivi del fenomeno artistico. Perché esistono strutture mentali che presiedono al gusto del bello, che non sempre corrispondono ai canoni classici della bellezza, quali potrebbero essere gli esempi indubitabili dell’architettura e della scultura greca, o di quella rinascimentale, dove la proporzione, l’anatomia, la composizione, la capacità professionale, ecc. permettevano di raggiungere risultati splendidi ed ineccepibili. Si tratta Invece qui di regole più evanescenti, tecnicamente meno raffinate, con livelli esecutivi anche discutibili, e criteri di valutazione della bellezza e dell’adeguamento senz’altro diversi da quelli classici cui facevo riferimento prima, sia perché molto legati, e condizionati, al valore simbolico della rappresentazione ma soprattutto perché figli di una istintiva, e più o meno radicata ed ereditata, creazione e fantasia artistica. È un tipo di bellezza, che io definisco “Popolare”, che è legata soprattutto alla decorazione. Dove non è tanto la qualità del lavoro che conta, quanto la quantità e la varietà degli elementi che sono raffigurati a determinarne la valenza e l’importanza e/o la piacevolezza. Entriamo nel campo della percezione non ragionata, che esula dal valore simbolico della rappresentazione e dalle speculazioni mentali che con l’analisi e la critica possiamo fare del contesto, e che invece si concentrano e si sviluppano intorno alla visione stessa dell’opera, con cui ci si rapporta a livelli quasi infantili: sensoriale, immaginifico, emotivo ed istintivo. In una dimensione estetica che si inserisce in un ambito non critico ma del cum-templum (contemplare, che io da ateo interpreto più come cum-tempum = stare nel tempo), e che, nell’ambito dell’antropologia della performance e dell’arte, si manifesta come testimonianza di quel Rito Profano Sacro, che sovrintende al processo di azione e fruizione dell’Ars Facere. In pratica l’oggetto artistico è così ricco di elementi, anche caotici, come possiamo trovare nella natura tutta: minerale, vegetale, astrale, ecc., da risultare completo in sé stesso e quindi bello. E la meraviglia e la percezione sono tali, per cui la mente non ha bisogno di giustificare o di speculare attraverso analisi e critiche. Vale cioè la sola azione del testimoniare e partecipare, nell’essere lì, in quel momento, nell’osservazione e contemplazione dell’Artificio.

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