Un abisso separa Monreale da Venezia

Molte anime possiede il medioevo artistico romanico. O forse invece ha un’anima sola, ma multiforme e mutevole, e in quest’anima si rivelano a volte alcuni aspetti – l’ordine, la sistematicità, l’attitudine a narrare e a collegare tra loro gli episodi della storia, in particolare quella della salvezza – e a volte altre caratteristiche quasi opposte, tra cui l’horror vacui che porta a riempire ogni vuoto, il sincretismo, la fusione di temi e figure e storie diverse… Ebbene: testimoni spettacolari di quest’anima doppia, cioè campioni ciascuno di una delle due facce differenti dell’espressione artistica romanica, sono il duomo di Monreale e la Basilica di San Marco a Venezia. Noi, per la verità, siamo soliti avvicinarle e affiancarle, queste due chiese, a partire dalla eccezionale profusione di mosaici, che sono in entrambi i casi riferibili al XII secolo, e in entrambi i casi, stando alle consuete classificazioni, di ascendenza orientale; e ci limitiamo a confrontarle, semmai, quanto alla dimensione di questi loro tesori dorati – più di 6000 metri quadri di mosaico a Monreale, 9000 metri quadri circa a Venezia -. Le associamo, quindi; eppure guardando a Monreale e San Marco è forse più utile ascoltare la differenza di accento, perché davvero – chi non se ne accorge? – le due chiese con i loro immensi cicli parlano due differenti dialetti, se non addirittura due lingue diverse.

Monreale è l’ordine, Monreale è il discorso compiuto, pensato e organizzato. Nei mosaici, che si stendono in modo continuativo e simmetrico sulle pareti delle navate e del presbiterio, si narra tutta la storia del mondo precisamente divisa in tre capitoli: il mondo nell’attesa del Cristo, il tempo del Cristo tra gli uomini, la Chiesa come luogo del Cristo anche dopo la sua ascensione. Ogni capitolo ha un proprio spazio, e in questo spazio è raccontato attraverso diversi episodi. Monreale è l’ordine. E tutte le guide al Duomo presentano senza difficoltà lo schema progressivo del susseguirsi, logico, delle varie scene.

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L’interno del Duomo a Monreale

Alzando lo sguardo, a Monreale lo stupore e la meraviglia vengono dal limpido susseguirsi di episodi proposti ai nostri occhi. Così come ritmica è, alla base, la processione delle nove colonne e quella degli archi sopra di esse, così, con la stessa cadenza e lo stesso ritmo, l’oro e i colori si susseguono organizzati in singoli riquadri di ugual peso.

San Marco invece è il mondo mescolato, è fantasmagorica capacità di sintesi e di contaminazione. A Venezia le storie narrate e le simbologie e i personaggi e i tempi si mescolano. Se nel nartece è possibile ricostruire una certa logica narrativa, nella basilica vera e propria la ricostruzione di un indice è più complessa ancora. Là vedi il Cristo tentato tre volte, e subito sotto un ingresso in Gerusalemme; è vero che crocifissione, sepolcro vuoto e discesa agli Inferi stanno sullo stesso arcone, e che le singole cupole – come peraltro i singoli cupolini del nartece – presentano al proprio interno una narrazione unitaria; però il mare luminoso dei mosaici della basilica veneziana è tutto un susseguirsi di simboli e scene diverse, dall’antico e del nuovo Testamento, dalla leggenda dell’evangelista Marco e da altre storie di santi e di fede. Non trovi libricini che ti elencano il susseguirsi delle scene, ma interi volumi che tentano di dare un ordine a tutto ciò che narrano le pareti e le cupole e le volte luminose,

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Le cupole e le volte della Basilica di San Marco

Monreale allora è un documentario, mentre San Marco è un sogno, quasi un delirio. Nella basilica siciliana i mosaici – questo è il primo motivo della profonda differenza tra i due cicli – sono stati realizzati nel breve periodo dell’ultimo quarto del XII secolo; in San Marco ai mosaici del tempo romanico si mischiano scene realizzate nel periodo gotico e altre addirittura di epoca rinascimentale. La tecnica, in queste parti postmedievali, è la stessa, in un tentativo di mantenere almeno una formale unitarietà di linguaggio – dove si trovano, altrove, mosaici dorati organizzati come un quadro cinquecentesco? – e spesso le parti aggiunte mantengono lo stesso soggetto di quelle che vanno a sostituire. Ma alla fine, a Venezia, guardare verso l’alto è un viaggio onirico.

Monreale allora è quasi già un trattato di filosofia scolastica, mentre San Marco è un ibrido tra le Etimologie di Isidoro e la Legenda aurea. E c’è almeno un altro motivo per cui là tutto si dispone per riquadri e spazi coerenti, mentre qui il racconto procede come onde che si rincorrono e si infrangono. A determinare questa differente narrazione è, infatti, la struttura stessa su cui si dispiegano i mosaici: viene facile leggerne la scansione a Monreale, dove si stendono su pareti perfettamente piane, che per di più si guardano separate dal distanziatore costituito dalla copertura a capriate; a Venezia invece le cupole e le volte si incurvano e si congiungono, annullano ogni linea retta e ogni confine, si muovono proprio come onde, che ferme non possono stare.

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Monreale, la controfacciata

Romaniche entrambe, ed entrambe dipinte d’oro, il duomo di Monreale e la Basilica di San Marco sono lontanissime tra loro. Sprigionano magie diverse, e con incantesimi diversi ipnotizzano chi guarda. E vien da dire che quella più pienamente collocata dentro il tempo romanico, quel duomo di Monreale che Guglielmo il Buono fece realizzare nel giro di vent’anni soli, forse cede il passo alla sorella veneziana; San Marco è senza dubbio alcuno meno coerente come datazione, ma allo stesso tempo è molto molto romanica in questo suo essere frutto di contaminazioni, di idee e di mani diverse, di note e di accenti discordanti che pure si fondono nel mare d’oro, voluto dalla fede e dalla potenza dei Dogi e regalato alla devozione delle genti della Laguna.

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San Marco, uno scorcio dei mosaici

 

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E’ un vero e proprio diario di viaggio, attraverso la vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – e attraverso le dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico, che competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.

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La Lombardia “alta” è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Questo itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Gravedona ad Almenno San Bartolomeo, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che i hanno lasciato nelle chiese delle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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12 pensieri su “Un abisso separa Monreale da Venezia

  1. Barbara Casciu (da Fb):
    Comincio a domandarmi chi sia costui, che con tanta competenza parla di architettura, come di scultura e pittura, che azzecca alla grande paragoni con le opere della scolastica e con le Etimologiae (😱) o la legenda aurea… mi stupisci sempre Giulio😲

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  2. Paolo Salvi

    Un accostamento spontaneo e, forse, quasi ovvio, ma un confronto originale tra i due esempi di arte musiva romanica, che mettono in luce aspetti differenti alla base della realizzazione delle due opere architettoniche. L’unitarietà di Monreale confrontata all’ecletticità (non mi viene un termine migliore) di Venezia, spiegate sia sul piano temporale dall’unitarietà o meno dell’esecuzione, sia formale, considerata la diversa composizione delle parti mosaicate in dipendenza della struttura architettonica più articolata.

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  3. Aldo Valentini (da Fb):
    Sei riuscito a spiegarmi perché a Monreale avrei volentieri preso una brandina per restarci dentro un altro giorno, mentre a San Marco, appena entrato volevo scappare fuori. Indubbiamente per San Marco bisogna avere delle spiegazioni che ti aiutino a concentrarti, periodo per periodo, tema per tema. Ti eleggiamo nostra guida per quando verremo a Venezia!

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  4. Perlamara – Perle A Lume (da Fb):
    Leggo sempre con interesse. Da ricordare però che la genesi è diversa: a San Marco i mosaici non sono frutto di una campagna unica e coerente, ma vengono realizzati in tempi lungi conformandosi alle esigenze dello stato veneziano. Di là dalle ragioni della devozione, e oltre ai contenuti teologici, in parti ricalcati sul modello delle chiese bizantine, si affiancano ai temi sacri le molteplici edizioni della leggenda di san Marco. Una leggenda che muta nel tempo, si adatta alle istanze ideologiche dello stato veneziano, promuovendo il mito della fondazione apostolica (con una serie di implicazione politiche contro le pretese del patriarcato di Aquileia). I primi mosaici (abside maggiore e portale maggiore) risalgono verosimilmente a prima del 1084 (consacrazione dell’altare maggiore e traslazione delle reliquie di Marco), e campeggiavano isolati in una chiesa in laterizio, molto “lombarda” dal punto di vista dei materiali. Poi, agli inizi del XII e nel corso dell’intero secolo hanno cominciato a mosaicare le cupole. E via via il resto nel tempo. L’atrio, con le storie veterotestamentarie, appartiene ormai ad un’altra epoca, ovvero alla seconda metà del XIII secolo: altro linguaggio, altro stile, altri contenuti. Monreale, al contrario, è l’esito di un progetto unitario, tutto incentrato sul testo biblico. E comunque: evviva il mosaico! è una tecnica di straordinaria suggestione.

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