Torcello, picnic e lezioni… di catalano

Poiché sono veneziano, ho avuto e avrò cento altre occasioni di vedere, sull’isola di Torcello, la grande basilica dell’Assunta e l’attigua e più piccola chiesa di Santa Fosca, unite quasi in un unico delizioso complesso. Poiché sono veneziano, l’aver trovato chiusa, qualche giorno fa, la chiesa “minore” non ha costituito per me un problema grave; e quanto alla “chiesa madre”, di certo avrò modo di vederla di nuovo in futuro senza le… limitazioni in atto nei giorni scorsi. Tornerò. Poiché sono veneziano, però, penso anche a chi non abita in laguna e per arrivare a Torcello ha speso una giornata intera, per poi trovarsi a compiere una visita per metà vietata, e per metà deludente.

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Basilica dell’Assunta: il Giudizio Universale

Tre cose mi hanno lasciato perplesso. La prima, ovviamente, è che la chiesa di Santa Fosca fosse chiusa al pubblico: dopo il lockdown per l’epidemia da Coronavirus, c’è ancora qualche difficoltà a garantirne la custodia… Ma anche le modalità di fruizione della grande basilica, che era invece aperta, mi hanno deluso: dopo aver pagato un ticket non indifferente per l’entrata, nella vasta aula – che pure vanta alcuni elementi di assoluto pregio, a cominciare dal grande mosaico medievale del Giudizio, in controfacciata – ho provato una sconsolante sensazione di degrado diffuso. Cartelli esplicativi vecchi e non curati, su supporti inadatti; aree protette con deprimenti catene in plastica bianche e rosse, giustificabili sono in una situazione provvisoria post-epidemia; dovunque una pressante ed invasiva cartellonistica che vieta fotografie – perché mai? – e che, proprio mentre pretende decoro nell’abbigliamento dei visitatori, risulta essa stessa indecorosa; arredi e altari di epoche varie, che ti chiedi se sia davvero necessario lasciarli in loco; un’abside minore cantierata che sembra essere in quello stato da molti anni… Ho avuto l’impressione di un abbandono complessivo, e mi hanno colpito, dentro questo quadro, interventi che mi sono sembrati non consoni: si guardi solo il giro delle gradinate in mattoni ai piedi dell’abside, consunto ai lati, e ancor più al centro, dove sembra che la cattedra sia stata appena strappata.

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Il degrado nel presbiterio della basilica
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Il sole di Torcello

Ci saranno, a giustificare quanto ho visto, cento motivi di cui non sono informato. Ma di fronte a questa immagine, quella cioè di una basilica di valore inestimabile che si fatica ad apprezzare, mi chiedo se il modello catalano, con radicali interventi di ristrutturazione e pulitura, su cui Before Chartres si è più volte interrogato – parlando, ad esempio, del monastero di Sant Pere de Rodes – sia davvero tanto deprecabile.

Mi sono posto ulteriori domande trattenendomi un po’ nell’area antistante le due chiese, dove non pochi turisti, alcuni in gruppo, altri per conto loro, hanno consumato il panino o il gelato acquistato al chiosco, hanno preso il sole stendendo un’asciugamano sull’erba, hanno sfamato e cambiato neonati nel portico-nartece. Persone incivili? Può essere. Mi chiedo, però, se non si siano alla fine accontentati di quello che offriva il convento: una chiesa era chiusa, l’altra costosa e per nulla invitante – sapevano forse, da fuori, delle meraviglie che stanno dentro? -… restavano la bella giornata, il prato verde, il gelato abbordabile; e i gradini di Santa Fosca devono essere risultati comodi e accoglienti, ben più della chiesa, scortesemente chiusa.

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Bibite e gelati nell’area archeologica

Al monastero di Casserres non arrivi, di lunedì: nel giorno di chiusura – che in Catalogna è appunto il primo giorno della settimana – tutto il sito, completamente recintato, è off-limits. Non ti fermi a fare picnic sui gradini della chiesa, perché non la vedi neanche da lontano: risali in auto e torni il giorno dopo. E quando però torni e trovi aperto, tutta l’area è perfettamente attrezzata, ordinata, sorvegliata: così, non ti fermi a fare picnic sui gradini della chiesa nemmeno il martedì. E non entri in canottiera. E se devi cambiare il neonato lo fai nei bagni pubblici attrezzati, o in quelli del ristorante che si è insediato nel perimetro dell’antico convento, e che a noi nostalgici e puristi può sembrare un po’ fuori luogo, ma che in cambio contribuisce a custodire l’intera area e a mantenerne la manutenzione, il decoro, l’ordine.

Io continuo a pensarci. E continuo a pensare che un sito come quello di Torcello, posto fuori da un contesto urbano, e anzi isolato, richiederebbe forse soluzioni “catalane”: di essere aperto sempre, ma non ad ogni costo; di essere mantenuto nel decoro, che induce decoro in chi lo visita; di essere  meglio tenuto e contemporaneamente meglio venduto. La lezione altrui non va rifiutata senza vedere che anche la nostra, a volte, è lacunosa e decisamente imperfetta.

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Pausa pranzo sui gradini di Santa Fosca

 

 


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Le chiese di Torcello sono edifici spettacolari anche per la loro collocazione. Ma il tempo romanico è ricco di chiese collocate, come queste, ai confini del mare o del cielo. Belle come le chiese di Torcello, e come queste inerpicate sui monti, o comunque lontane, difficilmente raggiungibili, altre dodici splendide chiese stanno nel volumetto che Before Chartres ha dedicato – finalmente “in carta” – ai più spettacolari nidi d’aquila del romanico. Lo trovi qui: DODICI CHIESE isolate DEL TEMPO ROMANICO

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Centocinquantun pagine per raccontare l’Abruzzo, una terra fiera, in cui l’arte romanica è fiorita rigogliosa. Raccolgono e raccontano le grandi chiese e le grandi abbazie isolate, l’arte vivacissima di Ruggero, Roberto e Nicodemo, e i loro splendidi arredi pieni di girali, mostri, animali e piccoli uomini nudi, e ancora i portali e gli architravi, gli amboni e i cibori… Il viaggio nell’Abruzzo romanico, non delude mai, e così non delude il nuovissimo volumetto ITINERARI alla scoperta DEL ROMANICO IN ABRUZZO, che raccoglie gli appunti di viaggio di Before Chartres.

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Almenno San Bartolomeo a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI. 

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26 pensieri su “Torcello, picnic e lezioni… di catalano

  1. Marco Bertagna (da Fb):
    Bel pezzo! A Torcello ci capito almeno una volta all’anno (sono un “foresto” residente a Mestre) e la sensazione di trascuratezza, sciattezza, pressapochismo turistico è lancinante. Mi fa piacere leggere questa azzeccatissima critica da parte di un veneziano, che non discute solo gli esecrabili modi di certo turismo selvaggio e scriteriato, ma anche la maniera sconcertante in cui vengono mantenuti e offerti al turista davvero interessato i monumenti della città e delle sue magnifiche isole.

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    1. Hai colto in pieno. Volevo assolutamente evitare la tipica polemica “da Veneziano” contro i turisti invasori e incivili, e ragionare invece su come un’accoglienza decorosa porterebbe in tutti maggior decoro. E volevo provare a capire, a partire dalle esperienze estere, se non sia il caso di mettere da parte il romanticismo – “Venezia è così, ogni intervento di ristrutturazione e di riorganizzazione è un sacrilegio” – e di trovare una giusta misura di modernità anche nell’accoglienza.

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  2. Luca Borgia (da Fb):
    Temo che la questione bivacchi derivi -almeno in parte- dai costi che comporta una pur breve vacanza a Venezia. Se ricordo bene, un biglietto è richiesto per molte chiese, un po’ come Firenze, e immagino che mangiare nei locali non sia abbordabile come in altri posti (es. Urbino, dove ho appena trascorso qualche giorno nel totale deserto: togli gli universitari e gli stranieri, vedi qualche abitante, con l’effetto di una “tomba” di lusso, in queste settimane di faticosissima e assai incerta ripresa. Si mangia bene e si spende il giusto). La sensazione, da quel che leggo, è che Torcello sia considerata come un “di più”, ci vanno curiosi (cui associo i bivacchi) e i patiti del medioevo, con quel che ne consegue sul decoro interno della chiesa maggiore. Che è ancora officiata, dato che hanno da poco rifatto l’impianto delle campane…

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    1. No, Luca, nelle due chiese di Torcello non si svolgono celebrazioni se non in momenti eccezionali. Tutta l’isola è ormai “disabitata”: oltre al sito archeologico, ci sono tre ristoranti, forse qualche abitazione privata…

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  3. Gabriele Scott Scardovi Casadio (da Fb):
    Annoso, e mai risolto, problema italiano quello dell’accoglienza turistica (cioè buoni servizi al giusto prezzo) e della fruizione e valorizzazione dei propri beni storico – artistici (e non solo). Forse proprio perché l’Italia è composta da tante piccole italie, che ognuna pensa per sé e fa da sé..

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  4. Paolo Salvi

    L’Italia è un Paese immaturo. Immaturo nella proposta turistica, dove il turista non di rado è visto come un pollo da spennare e peste gliene incolga a quegli operatori turistici di ogni livello che deprecano costantemente il “turismo mordi e fuggi”. Se mi depredi, più che mordere e fuggire non posso fare, o brigante! D’altro canto, immatura, spesso, nell’appropinquarsi ai monumenti, como se fossimo in un’eterna scampagnata, un eterno pic-nic dove lo spazio pubblico può essere fruito nel modo che più ci garba, senza rispetto dei luoghi e del loro decoro.
    E così arrivano torme vocianti, che si siedono in ogni dove, che parcheggiano auto e sé stessi davanti alle facciate di edifici millenari, privando gli altri dell’afflato del tempo che fu.
    La risposta non è difficile, anche in Italia si può, deve alzarsi l’offerta, non il biglietto già caro per un servizio scadente; dove possibile, non ci devono essere bar e gazebo a ridosso dei monumenti e ci devono essere panchine ai margini dove sostare per riposarsi e per rifocillarsi anche senza dover ricorrere ai ristoratori.
    Troppi casi in Italia di degrado “indotto”, non solo ignoranza dell’utente; se non ti metto in condizione di comportarti civilmente, io, amministratore del bene pubblico, sono più responsabile di te del degrado.
    Ci sono regole che vanno messe, per il decoro ed il bene di tutti, ma se non si creano posti idonei per l’accoglienza, non si può pretendere di essere abilitati ad accogliere. Passate al mano a chi è capace.
    Quanto ai “restauri” catalani, mai accetterò una ristrutturazione falsificante su un edificio storico; perché il vero è bello di per sè e non serve abbellirlo ulteriormente. Il nuovo lo si faccia altrove a chi non sa distinguere vero (e bello) da falso (non bello).
    Lasciamolo agli americani e a Las Vegas.

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  5. Anna Bolcato (da Fb):
    Concordo Giulio, e purtroppo Venezia in questo senso è un pessimo esempio. Divieto di fare picnic quasi ovunque, ma se cerchi l‘area più vicina per poterlo fare è lontanissima!
    Divieto di sedersi sui gradini in piazza S.Marco, ma l‘unica alternativa sono i bar, che non tutti possono permettersi…
    Poi, vedere gruppi di famiglie che tirano fuori i fornelletti a gas, poggiano la tovaglia a terra e si siedono a mangiare pasta o riso tutt’intorno… beh, questo è l‘altro estremo! 😫

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  6. Gilberto Sessantini (da Fb):
    Condivido in toto e aggiungo che io ci sono stato martedì scorso e con mio sommo disappunto ho trovato tutto chiuso: un foglio A4 attaccato malamente avvertiva che la basilica era aperta solo il sabato e la domenica… Nessuno a Venezia sapeva di questa cosa, nessuna pagina in rete lo annunciava… Italia, appunto…

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  7. Francesco Perilli (da Fb):
    Apprezzo anch’io, e non solo per questo tuo “sforzo” di capire, situazione e fenomeno, che restituiscono, agli occhi di chiunque ami il patrimonio artistico, scoramento e desolazione. Alcuni fanno presto a trovare soluzioni, imputate troppo ovviamente al turismo mordi-e-fuggi. Ma già per molti tornelli e tiket d’ingresso non sono “la” soluzione, come il colpevole non è il maggiordomo, e il problema della gestione del patrimonio non è una questione meramente di “sghei”. Ci vuole volontà, capacità di comprensione, bisogna avere una “visione” che chi non vede moto oltre il proprio naso stenta ad avere. Certo guardare a chi il problema lo affronta in altro modo e magari da lezioni e soluzioni è importante, ma è fondamentale un approccio empatico, che riconosca la necessità e il diritto di ogni cittadino allo “studio” dell’arte come necessario. È necessario fare ricorso una risorse speso sottovalutate quando non vilipese: buonsenso, intelligenza e competenza. Ambiti in cui potremmo tranquillamente trovare eccellenze senza doverci spostare tanto… Come in questa caso “tua” lezione catalana. Grazie

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  8. Cristina Memo (da Fb):
    Ciao, mi è successa la stessa cosa l’altro giorno. Da fonti certe legate alla parrocchia mi era stato detto che sarebbe stata aperta… invece… mi sono comunque rinfrancata con Santa Caterina di Mazzorbo, che SI era aperta. Ma mi è dispiaciuto trovare Santa Maria Assunta chiusa senza motivo… per anni la biglietteria è stata gestita da volontari, è solo questione di organizzazione. Anche in ghetto hanno sopperito all’impossibilità di realizzare visite guidate con un paio di volontari bravi e dal cuore enorme, che danno informazioni sulle sinagoghe. Condivido la tua delusione.

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  9. Samuele Bulgari (da Fb):
    Non conosco il modello catalano, ma ho ben presente quello francese, dove quasi in ogni sito turistico/culturale ci sono un’area picnic gratuita, dei bagni pubblici gratuiti, addirittura delle panchine all’ombra e sembra addirittura che i bambini siano benvoluti, oltre che accettati in cambio del biglietto pagato dai genitori. Stiamo parlando del Paese più turistico del mondo (la Francia), non di un posto qualunque, forse potremmo anche imparare qualcosa. A Torcello, ma molti altri posti italiani non fanno differenza, l’accoglienza è una cosa che è lasciata al buon cuore degli operatori che ci lavorano (e che per la mia esperienza almeno ci provano), i divieti sono così assurdi ed opprimenti che finisce per non rispettarli nessuno, c’è uno splendido bagno pubblico a (salatissimo) pagamento e nemmeno un posto in cui sedersi che non sia Santa Fosca o il trono di Attila.

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  10. Lucrezia Crosato (da Fb):
    Ma chi ha scritto la parte relativa alla Basilica di Santa Maria Assunta conosce la storia dell’edificio ecclesiastico? Come si può avere il coraggio di scrivere: “arredi e altari di epoche varie, che ti chiedi se sia davvero necessario lasciarli in loco”? Se secondo l’autore bisogna abbattere tutto il “superfluo” arredo che si è aggiunto nel corso delle varie epoche, allora si dovrebbero spogliare tutte le chiese delle aggiunte successive; inoltre, lo sa che la visione che oggi si ha di tale chiesa, è frutto di un restauro di liberazione – attuato nei primi decenni del Novecento – mirato ad eliminare l’altare barocco e a ripristinare (secondo l’ottica fine ottocentesca) l’altare medievale? Inoltre, anche il synthronon di origine bizantina è stato oggetto di liberazione durante il già citato restauro: vennero rimosse le parti in legno aggiunte successivamente nei secoli… per questo motivo si presenta così rovinato: ma se lo si mettesse a posto, perderebbe il valore storico e l’originalità del manufatto…

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    1. Buongiorno, Lucrezia. Da umile appassionato, ti ribadisco le mie perplessità sullo stato in cui è conservata la basilica. Spero che i tuoi toni non trascinino anche me a livelli di polemica a cui non voglio scendere. Ma resto convinto di ciò che ho scritto, e nella misura in cui l’ho scritto. Credo di aver fatto almeno qualche esame di Arte medievale, di aver letto qualche libro, di aver visitato qualche chiesa. E che il presbiterio di Torcello debba restare così perché “il synthronon di origine bizantina è stato oggetto di liberazione” mi fa proprio sorridere amaro: la basilica non è di una cerchia di archeologi che stanno lì a guardare se i mattoni sbrecciati devono restare come sono adesso per rispettare una cronologia su cui peraltro gli stessi studiosi continuano ad accapigliarsi… No. Non è un’idea che mi appassiona, lasciare una grata in metallo divelta e storta – proprio al centro del presbiterio – perché così l’hanno trovata gli espertoni e guai a chi la tocca. Quanto agli arredi, la basilica è per metà spoglia (non è stata concepita così) e per metà arredata con pezzi e arredi di epoche diverse, molte delle quali sono lì perché… perché sono lì. Poi ognuno ha le sue passioni, Lucrezia, e a te è senza dubbio concesso di appassionarti ad una gradinata in mattoni che non dubito essere di fattura tardobizantina ma… mattoni sono. E rotti. L’archeologia avrà le sue regole, ma esiste anche il problema della promozione culturale.

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  11. MR

    Pessimo pezzo! Il redattore dell’articolo visita Torcello proprio come uno di quei tanti turisti estemporanei e di passaggio che vogliono trovare tutto in bell’ordine recintato e pulito. Non sa che c’è il Covid? Non sa che la chiesa è aperta in via straordinaria solo nei weekend ed il museo in questi giorni ha entrata gratuita? Non sa che normalmente s Fosca è aperta con un sagrestano responsabile e che, povero lui, deve stare tutto il tempo a dire ai turisti maleducati che si siedono sui gradini che non è una bella cosa? Non sa che ci sono in corso importantissimi restauri dei mosaici? Non sa che tutta l’isola è andato sotto quasi mezzo metro d’acqua salata a novembre causando forti danni anche alla chiesa? E’ come andare a trovare degli amici alluvionati e lamentarsi poi di trovare il loro appartamento non perfettamente in ordine! Ha ragione invece nel protestare per la trascuratezza della cartellonistica e dello stupido divieto assoluto di fotografare totalmente anacronistico al giorno d’oggi. Inoltre è discutibile l’ostinarsi a non concedere nessuna riduzione né agli over 65 né ai veneziani.
    Per quanto riguarda il problema reale del decoro e della soluzione catalana rispondo che il redattore non ha capito che la bellezza dell’Italia sta proprio nell’essere tutta un monumento senza bisogno di recinzioni, orari e biglietti… l’isola (tutt’altro che disabitata) è un museo a cielo aperto e se non lo ha capito lo invito a provare la sensazione unica di camminare tra i monumenti in una notte d’estate di luna piena… qui si può fare; nel suo bel monastero catalano “attrezzato” (cito testualmente) no, non si può fare!
    Per ultimo le ragioni per le quali la scalinata absidale è in moderni mattoni e la parete del trono presenta mattoni sbrecciati “come se la cattedra fosse stata strappata ieri” vada a a trovarsele nei concetti del restauro “filologico” degli anni ’40.

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    1. Mamma mia, mr. MR, grazie del contributo al dialogo. Lei dà una serie di giudizi, spiega che io non ho capito, che ho lo stesso atteggiamento dei peggiori turisti, e anche che non so dell’acqua alta di novembre, del Covid-19… Quante cose spiacevoli per l’interlocutore – e in questo caso anche ridicole – si possono dire, quando si parla così, senza riflettere. La ringrazio comunque del contributo. Mi conferma che il sagrestano che protegge Santa Fosca non è una buona soluzione; da buon Veneziano lei, peraltro, manco prende in considerazione che ce ne siano di migliori… e non le interessa se durante tutta la settimana le chiese sono chiuse, ma le basta poter passeggiare sotto la luna tra i monumenti, che evidentemente considera di sua proprietà… E mi conferma anche che i mattoni sbrecciati della gradinata dell’abside non si devono toccare perché negli anni ’40 gli archeologi ha sentenziato così (anche se non sappiamo bene se questi mattoni sacri sono vetero-bizantini o fatti in una fornace dalle parti di Jesolo). Mah. Le consiglio davvero un viaggio… in Catalogna 🙂 .

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  12. Lorenzo Marzona

    Quante persone vivono a Torcello?
    Quante frequentano la chiesa?
    Da quanti anni dalla comunità non nasce un sacerdote?
    Non possiamo pretendere che il parroco (quanti anni ha?) e il sacrestano (idem) facciano tutto da soli.
    E poi non dimentichiamoci che siamo in Italia, il paese dei 6 moduli 6 diversi di autocertificazione in 3 mesi, delle decine di migliaia di forestali in regioni senza foreste e … … serve continuare?

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  13. Anonimo

    Visitai Torcello negli anni 80 restai ammaliato dalla bellezza del monumento,ma come spesso succede restai deluso delle condizioni generali del luogo,c’è sempre uno o più aspetti che vengono dimenticati o delusi, ormai sono convinto che solo il sistema del FAI possa dare il giusto risalto a tutti gli aspetti presenti in un sito turistico,

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  14. Paolo Salvi

    Io però ai tuoi integerrimi censori glielo direi che sei veneziano ormai da tanti anni… e sai quel che dici… parlando di Torcello … e ancor più di Covid-19…

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  15. Giovanna Tonetto

    Purtroppo ho provato la stessa sensazione la settimana scorsa a Roma: sull’Appia Antica nessun cartello esplicativo e cassonetti della spazzatura addossati ad un monumento, basiliche paleocristiane chiuse, lavori stradali che impediscono l’accesso a chiese importanti. Si lasciano questi siti col pianto nel cuore

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  16. Orietta Sabatini (da Fb):
    Lo stesso disappunto nei confronti di un turismo massivo e cialtrone lo si prova, oltre che nei siti artistici e culturali, anche in tante aree di montagna dove l’incanto del paesaggio viene stravolto da strutture “sportive” atte a richiamare folle che di amore x la natura non sanno nulla ma vogliono una Disneyland totale.

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  17. Melania Battaglia (da Fb):
    Complimenti! Analisi perfetta che purtroppo non riguarda solo questo sito! La cura e la valorizzazione del nostro immenso patrimonio artistico andrebbe progettata a tavolino e seguita e controllata meticolosamente sul campo. Il ritorno economico di questa prassi ne permetterebbe la manutenzione costante, allontanando la necessità di interventi straordinari.

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  18. Anonimo

    Ciao. Visitato Torcello la scorsa settimana. Bella esperienza. Maglifica la basilica, sorprendente la vista dal campanile sulla laguna. Peccato che Santa Fosca fosse chiusa per impegni del sagrestano.

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  19. Giulia Scudellari (da Fb):
    Ci sono venuta un mesetto fa, un caldo allucinante, senza la possibilità di una panchina all’ombra. Arrivata alla chiesa ho visto il laghetto davanti abbastanza sporco e turisti poco rispettosi del luogo.
    Posto affascinante, essendo stato il primo insediamento dei veneziani, ma potrebbe essere valorizzato meglio

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  20. Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
    Ho letto e sono rimasta allibita, soprattutto perché in certe parti d’Italia – e parlo a ragion veduta, dato che non sono una nordica, anzi…- ho visto “cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione…”, voglio dire una perfezione sotto ogni punto di vista che diventa irritante perché non ne vedo applicata nessuna qui al di sotto della Linea Gotica. Se funziona qualcosa invece di pensare che sia normale, ci si meraviglia.
    Sono stata l’estate scorsa in Friuli girando ovunque e la sensazione di stare in un’altra Italia era molto forte e, ripeto, irritante, ecco forse provavo invidia, mi sa che è questa la parola giusta. Sono stata quest’anno in Umbria, in Abruzzo, il terremoto sembra esserci stato l’altro ieri… Mi fermo per non infierire con la situazione dei castelli federiciani e castelli in generale di Lagopesole (bel restauro ma dentro un deposito di vecchi cartelli scolastici, rotti, buttati ovunque, sedie ammucchiate), Maglionico, (chiuso), Venosa (nessuno in guardiola, il museo lasciato alla mercé di chiunque, nel cortile le macchine parcheggiate che suppongo fossero degli impiegati che non rispondevano ai telefoni che squillavano in continuazione, e poi sedie anche queste rovesciate, bidoni delle immondizie in mezzo), unico funzionante e in buone condizioni era quello di Melfi con bel museo. Ma il giro è stato lungo, e tante brutte sorprese, compreso l’appuntamento preso da un mese e poi rinnovato per telefono con la Soprintendenza per vedere a Venosa le catacombe, e poi non si è visto nessuno e al telefono il giorno dopo mi venne detto che non sono visitabili, stupendosi dell’appuntamento… sempre a Venosa il complesso della Santissima Trinità, chiuso nel pomeriggio in piena estate (dubito che a febbraio ci siano turisti, quindi chiudessero in quel mese tutto il mese…), con frotte di turisti che tornavano a piedi in città, tutti irritati compresa me, ecco, tutto così. A Melfi non c’era un bar aperto per mangiare qualcosa all’ora di pranzo, perché li chiudevano per la siesta… e l’unico ristorante aperto lo era per i padroni che facevano i lavori (agosto…) e ci concessero di mangiare qualcosa perché neanche un negozio era aperto.

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