Il Duomo di Trento? Sarà anche tardo, eppure è molto romanico. E’ il frutto di un inatteso sfasamento temporale, questa grande basilica urbana dedicata a San Vigilio: sorge infatti nel XIII secolo inoltrato; eppure, mentre già le cattedrali gotiche dell’Ile-de-France si scioglievano in vetrate e archi rampanti, si propone come una delle chiese più fieramente romaniche del panorama italiano.
Non c’è dubbio alcuno quanto alla collocazione del lungo cantiere che ha progettato e realizzato la cattedrale tridentina. Ne conosciamo infatti con precisione gli artefici e la scintilla, che scocca nel 1212, quando sul luogo in cui esisteva una precedente basilica – le cui tracce restano evidenti nel sottosuolo – il vescovo Federico Vanga incarica il capomastro Adamo D’Arogno di realizzare una grande chiesa nuova e più grande. Il lavoro del primo architetto “comacino” – Arogno è una località del Canton Ticino -, che realizzò il progetto e iniziò la costruzione, fu portato avanti per decenni dai figli e dai nipoti; ed avvenne così a Trento quello che era già successo, per fare un esempio parallelo, intorno alla cattedrale di Modena, dove ad avere la responsabilità del cantiere furono, dal XII secolo in poi, successive generazioni di artisti dell’area comasca. Ma mentre a Modena i “maestri campionesi” introdussero importanti modifiche al piano iniziale del romanicissimo Lanfranco, a Trento i successori di Adamo d’Arogno restarono fedeli alle indicazioni progettuali del capostipite. Pensata “romanica” nei primi decenni del XIII secolo, San Vigilio crebbe “romanica” durante tutto il periodo necessario al compimento; e “romanica” rimase, per tutta questa serie di motivi, anche se fu completata alla fine del XIII secolo, o forse anche più avanti nel tempo.

C’è chi non riesce ad accettare questa collocazione temporale, questo “ritardo” di San Vigilio rispetto al succedersi delle fasi della storia dell’architettura. E però la chiesa monumentale che si ammira oggi in Piazza del Duomo presenta all’esterno una struttura assolutamente romanica: le tre navate tradizionali sono incrociate da un transetto, e le coperture sono completate da un tiburio su questo incrocio; la bella parte orientale, cui si addossano altri edifici medievali, mostra un’abside centrale dall’elaborata definizione strutturale; la facciata è quella tipica delle grandi basiliche romaniche italiane, a cui Adamo immaginava di affiancare due torri, una sola delle quali è stata completata. Il gioco dei volumi, massicci, è alleggerito da quello delle loggette: ne risulta una possente struttura fin troppo regolare – e questo aspetto è stato accentuato dai ripetuti restauri – e ingessata in una rigidità quasi inevitabile, appunto, nelle opere tarde. Sono assenti, all’esterno, tutti gli elementi tipici del gotico: non c’è alcun accenno alla ricerca di un nuovo slancio verticale, o di una nuova leggerezza delle murature; gli archi sono tutti rigorosamente a pieno centro.
E poi l’interno. Secondo il sito stesso del Duomo, molto ricco di documentazione, “l’assetto interno della navata principale appartiene a una fase schiettamente gotica, attestata dal verticalismo delle proporzioni, dallo slancio dei pilastri e dalla espansione dello spazio”. E però per definire la spazialità interna “schiettamente gotica” occorrerebbe vedere dentro la cattedrale almeno uno degli elementi del nuovo stile, che sia l’arco acuto, la luce diffusa, lo smaterializzarsi delle murature. Al contrario, pur se potentemente slanciata verso l’alto, la navata di San Vigilio è, nello spirito e nella resa, una compiuta realizzazione del percorso architettonico romanico. Lo spiega bene Gianna Suitner quando dice che “la navata maggiore, suddivisa in campate rettangolari, è ritmata da alte e strette arcate a doppia ghiera, impostate su poderosi sostegni che proseguono nel cleristorio con un motivo di lesene e semicolonne, a sostenere le volte a crociera della copertura”. “La definizione di questo spazio – conclude la studiosa con una sintesi magistrale – appartiene alla fase più matura e più avanzata del linguaggio romanico sia per la espansione del rapporto tra l’altezza e la larghezza della navata, sia per l’adozione di sostegni dalla sagoma molto elaborata”.
Alti pilastri compositi reggono archi a tutto tondo e, più su, volte a crociera anche queste a tutto sesto, e questa articolazione dello spazio è perfettamente romanica. Così, lungi dal cedere alle suggestioni gotiche, il San Vigilio disegnato (tardi) da Adamo e realizzato (ancora più tardi) dai suoi successori comacini si propone piuttosto come uno dei rari esempi di grande chiesa medievale italiana compiutamente romanica. Lo slancio del suo interno permette a San Vigilio di confrontarsi con le più belle chiese romaniche d’Europa, e in primis con le grandi basiliche di Tolosa, di Conques e di Santiago di Compostela. E proprio la copertura a crociera a tutto sesto – che nelle cattedrali di Modena e di Piacenza è aggiunta posteriore e non prevista inizialmente, e che manca a Pisa e in tutta la Toscana e in San Zeno a Verona e nel Sant’Abondio di Como, a Tuscania, a Bari e a Trani e a Bitonto, a Cefalù e a Monreale… – inscrive la cattedrale di Trento tra le realizzazioni più coerenti e riuscite del romanico italiano, insieme alla cattedrale di Parma, seppur con un secolo di ritardo.
E a sancire che il battito cardiaco di San Vigilio è romanico, densamente romanico, è proprio uno degli elementi più affascinanti e caratteristici del suo interno, e cioè quelle scalinate che, ricavate nello spessore della muratura, salgono parallele e perentorie verso la controfacciata, da una parte e dall’altra della navata. Aprono il muro, e ne certificano lo spessore e il ruolo portante; sono quasi loggette trasportate dall’esterno all’interno, dal giro di un’abside o dalla facciata, nella penombra dell’aula; compensano infine l’assenza del matroneo, unico elemento che manca al Duomo di Trento per dirsi fratello, nello slancio del suo interno poderoso e alto, della tolosana Saint-Sernin, della mitica Santiago, della nobile Sainte-Foy.
Adriana Tavernini (da Fb):
Bellissimo articolo!
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Serena Salmi (da Fb):
Un articolo interessante, anche se secondo me il duomo di Trento risente di molti diversi stili e di molte epoche.
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Affascinante il duomo di Trento, certo una realizzazione coerente, nonostante il lungo percorso realizzativo. Ancora nel primo Duecento l’architettura romancia la fa da padrone in Italia. Qui il 1212 l’anno di fondazione, mentre il 1218 sarà a Vercelli nel Sant’Andrea la prima costruzione definibile come gotica in Italia. Ma qua e là riecheggiano molti elementi tipici del romanico puro.
Certo questi pilastri a fascio hanno un gusto già gotico, segno che il variare dell’architettura in qualche modo si sente anche in terre ancorate alla tradizione costruttiva precedente. Così facciata a capanna, logge, monofore strombate sui fianchi, rosone, tiburio e impianto possono dirsi certamente romanici, mentre per la verticalità e i sostegni possiamo intravedere l’evolversi del gusto costruttivo.
L’insieme è comunque ricco di fascino.
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Sabrina Centonze (da Fb):
Il Romanico che non ti aspetti, figlio di sfasamenti temporali, produce esemplari sempre affascinanti, con un piede radicato alla tradizione e l’altro libero, che si offre alla variante sperimentale. La scalinata interna qui, che come notavi tu, è l’eco dei loggiati esterni, si affaccia sulla navata con l’ardire di una scala “a giorno” contemporanea. Bellissimo il senso di svuotamento che produce, a contrasto con lo spessore murario! Una passeggiata da vertigini assicurate, nel momento in cui inizi soppesare lo spazio da quella prospettiva!
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