Una donna, anzi quattro, a Uncastillo

Sarà anche una questione di assonanza, ma quando sentono parlare di Uncastillo gli amanti del romanico pensano al mitico “Carosello”: questa cittadina ai confini dell’Aragona è nota ai più, infatti per il florilegio di figure divertenti, scurrili, giocose – e insomma “laiche” – della chiesa di Santa Maria; e si va ad Uncastillo, dunque, ben armati di fotocamera e teleobiettivo, come a prendersi una pausa leggera, un intermezzo semiserio tra le tante giornate “colte” che questa regione spagnola e la vicina Navarra sanno offrire al visitatore.

Uncastillo, il portale (foto da turismodearagon.com)
L’abside e, in alto, i “canecillos”

La chiesa di Santa Maria propone anche al suo interno alcuni capitelli interessanti. Ma i rilievi per cui è nota si concentrano nel rigoglioso portale e poi nell’abside: agli archivolti e ai capitelli che ornano l’accesso meridionale, così, rispondono i “modiglioni”, le mensole poste a reggere, in alto, all’esterno, il giro della copertura (in spagnolo si chiamano canecillos), scolpite anch’esse appunto con figure di svago e di divertissement.

Tra gli acrobati, i danzatori, le smorfie e i rilievi grotteschi che stanno lassù, Before Chartres sceglie una perla, e la propone in evidenza, che non càpiti a qualcuno di fare cento foto e di trascurare questo capolavoro. Si tratta dell’ottavo canecillo, che è quello su cui si racconta quasi di un amplesso: un uomo dalla barba segnata, forse anche vecchio d’età, siede e tiene sulle sue ginocchia una fanciulla; la abbraccia desiderandola, perso per lei, una mano sul fianco morbido e sensuale, l’altra a cercarne i meravigliosi capelli, certamente biondi come il miele e il grano maturo; lei a suo modo lo possiede: con una mano gli accarezza il viso, con l’altra avvicina a sé l’amante, e il suo corpo sinuoso – guardate come i glutei mirabilmente scolpiti poggiano sulle gambe di lui – sembra avvolgerlo con dolcezza e desiderio, in un bacio forse non ancora concesso, o forse sì…

I due lati del “canecillo” in una foto di romanicoaragones.com

Tra tutte le scene “laiche” di Uncastillo, questa è certamente la più appassionante. E però, mentre sembra regalarci un messaggio scanzonato – due secoli più tardi il Boccaccio parlerà con questo stesso linguaggio – lo scultore che in questa scena ha certamente narrato le proprie pulsioni, mettendo nella pietra i suoi desideri più intensi, ci racconta anche i tabù e i timori di uomo del XII secolo. Perché i due amanti del canecillo non sono soli, e la libera espressione della loro libido non è affatto il centro del messaggio. Al contrario, come bene evidenzia Garcìa Omedes nel suo blog romanicoaragones.com, due serpenti affiancano gli amanti, e contrassegnano con la loro presenza l’abbraccio tra i due, e ne stravolgono il significato, da godimento a peccato: il primo serpente, a sinistra, si stende dietro al corpo della fanciulla, e come un astuto suggeritore soffia al suo orecchio ogni più seducente pensiero ed ogni più seducente movenza; l’altro discende invece lungo la schiena dell’uomo – ora ci accorgiamo, dalla tonsura, che si tratta di un monaco – fino ad infilarsi là dove può mordergli i genitali.

Sarà anche un carosello giocoso, quello che ci intrattiene e ci distrae qui intorno all’abside e nel portale di Uncastillo. Ma quei due serpenti ci ricordano che nel secolo delle ansie, delle attese escatologiche, delle paure, nessuna mente, nemmeno la più appassionata e coinvolta, riesce ad allontanare pienamente da sé il senso del peccato, il rimorso per gli abbracci cercati e non leciti, la paura della punizione che attende chi supera i limiti.

E così, grazie alle annotazioni di Garcìa Omedes, già ci è chiaro che le donne evocate in questa scultura sono due, la donna desiderata come meravigliosa e la donna temuta come seduttrice. E però Before Chartres fa un passo ulteriore, e si chiede se di donne non se ne intravvedano, in questo stesso rilievo, altre due. Infatti, questa femmina che, consigliata da un serpente, propone ad un uomo ciò che non andrebbe cercato, non rappresenta forse Eva? E ancora: quel piede sinistro di lei, che preme sul secondo serpente, non richiama – “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno…” – la Donna che finalmente ristabilirà, generando il Signore, le condizioni per la sconfitta definitiva del male? C’è anche Eva, allora, nell’ottavo birichino canecillo; e c’è anche, evocata, la Vergine Maria. E il carosello di Uncastillo, che sembra ai più una fiera di simpatici saltimbanchi, si trasforma così in una lezione. Di morale, di catechesi, di escatologia.

Alcuni dei “canecillos” dell’abside

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8 pensieri su “Una donna, anzi quattro, a Uncastillo

  1. Paolo Salvi

    Queste mensole così “irriverentemente” scolpite mi ricordano quelle dell’astigiano Cortazzone: sensuali divertissement degli scultori? o specchio di una visione del mondo dove sacro e profano, vita terrena ed ultraterrena, si compenetrano?
    Forse noi siamo figli della successiva stigmatizzazione della sessualità e facciamo fatica a comprendere come possano convivere in un luogo sacro immagini erotiche?

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    1. Giovanna Bigalli (da Fb):
      Partendo dal presupposto che l’interpretazione di Giulio sia giusta , e probabilmente lo è, sacro e profano qui non convivono: l’immagine erotica è solo in funzione della condanna del peccato. Ma ad esempio nei manoscritti miniati ‘grilli ‘ e droleries aprono le porte di un mondo del tutto alternativo al sacro della pagina…

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  2. Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
    Ma che cosa stupenda questo canecillo! meglio di parole scritte. E poi quei due serpenti e il dettaglio del piede della donna. Lo hai raccontato benissimo, ma come al solito sai raccontare. Grazie!

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