L’ibrido prodigioso e puro di San Tomè

Aggraziata come una giovane donna, la chiesa di San Tomè, nel Bergamasco, è sicuramente la “rotonda” più affascinante, elegante e raffinata del romanico. Avrebbe un certo profumo di Aquitania, a sentire quanto dice di lei Raymond Oursel, e porterebbe i segni, per il cerchio che ne determina le forme alla base, “della tradizione romanica dei mausolei a pianta circolare”; altri studiosi sottolineano che, come ogni chiesa inscritta in una circonferenza, ha subìto l’influenza della rotonda più sacra, quella del Santo Sepolcro; altri ancora la collegano a note chiese a pianta circolare – al San Lorenzo di Mantova e al Duomo Vecchio di Brescia, in Italia, e Oltralpe alla cappella palatina di Aquisgrana e alla chiesa di Ottmarsheim in Alsazia -, per non tornare, inseguendo l’Oursel, ai templi romani circolari e ai mausolei paleocristiani, come Santa Costanza a Roma.

La chiesa e il portale principale

Di certo la chiesa di Almenno San Bartolomeo, dedicata a san Tommaso, è uno di quei monumenti particolari del tempo romanico di cui l’Italia romanica è ricca. Proprio introducendo la rotonda di San Tomè, l’Oursel scrive una pagina che chi ama l’architettura di questo periodo deve leggere e rileggere, insieme complicata nell’esposizione ma profondissima nell’analisi:

Sarebbe ingiusto escludere l’Italia dal repertorio romanico, come alcuni pretendono di fare, col pretesto che la penisola, depositaria delle grandi basiliche costantiniane, toccata e vivificata dagli apporti bizantini, influenzata, infine, nelle regioni meridionali, dall’arte islamica, a mala pena avrebbe potuto aprirsi ai soffi di una creazione architettonica a cui si sarebbe opposta la sua genialità particolare…

E insomma: se il romanico, con i suoi volumi complessi, le volte in pietra, i pilastri compositi, i deambulatori complessi, ha faticato ad esprimersi in quest’Italia così fortemente attaccata alla lezione antica e classica, ciononostante proprio il romanico ci lascia nel Belpaese splendidi capolavori pienamente compiuti, tra cui appunto San Tomè. Continua Raymond Oursel:

Se è esatto che in Italia più che altrove lo stile romanico ha attinto largamente alla grande eredità della romanità classica, da cui non tentò mai di affrancarsi del tutto; se i maestri comacini non nascosero mai ciò che dovevano, per esempio, all’architettura ravennate; se infine le vicissitudini e i dissidi politici, le rivalità delle città divise, e, in un altro ordine, la seduzione di quel vicino Oriente, col quale commerciavano i porti, contrariarono lo sbocciare e lo sviluppo di un’arte omogenea e coerente (…) proprio le mescolanze e le diversità delle influenze che, dal nord, dal sud, dall’est e, ben presto, dalla Francia stessa, dilagavano sulle città e le province, permisero all’Italia di realizzare una delle più straordinarie sintesi dei più vari e contraddittori modi espressivi. L’abbagliante amalgama delle cattedrali siciliane è l’esempio più illustre, ma non è il solo.

E qui, per certificare come il tempo romanico abbia compiuto in Italia il miracolo della sintesi, originale e bella, tra varie ispirazioni, l’Oursel sembra guardare proprio alla rotonda di San Tomè. E proprio la chiesa di Almenno San Bartolomeo viene proposta dallo studioso francese come primo esempio di quei “meravigliosi ibridi” che dimostrano “in che misura gli artisti e i maestri romanici, con la loro sensibilità latina, seppero arrivare alla pura invenzione” di forme, equilibrio, dinamicità ed eleganza.

L’interno

Antica di fondazione e di storia, perché costruita nel XII secolo su fondamenta carolingie o addirittura longobarde; sostenuta all’interno da pilastri e capitelli di spoglio a cui si aggiungono pezzi scolpiti ex novo proprio in occasione del cantiere romanico; comacina nelle pietre e nelle decorazioni che ne disegnano l’esterno, queste e quelle irregolari ma elegantissime; e infine orientale e classica nella forma, come si è detto, la rotonda di San Tommaso è, nonostante tutto questo, una creazione del romanico pressoché perfetta. Collocata su un’altura verdissima che sembra alzarla appena dalla pianura uniforme che la circonda, con i suoi tre volumi cilindrici magistralmente sovrapposti, e con la parte presbiteriale – forse aggiunta qualche decennio più tardi – a darle la giusta misura di movimento e massa, si guarda intorno consapevole di non temere confronto alcuno, né con altre chiese del tempo, né con le più riuscite e coerenti realizzazione dell’architettura di altre epoche.

La chiesa di lato e le mura del complesso medievale che la affianca

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La chiesa vista del “monastero”

Si è soliti avvicinare la rotonda di Almenno San Bartolomeo – lo abbiamo detto – ad altre due chiese lombarde: e però la rotonda di San Lorenzo a Mantova non regge il confronto con San Tomè per la pesantezza delle proprie forme, mentre il Duomo di Brescia se ne allontana per le dimensioni, molto maggiori, e per la funzione di grande chiesa urbana.

Ma a Before Chartres piace suggerire un percorso differente: si prenda San Tomè come punto di partenza per un viaggio che tocchi poi Agliate, Galliano e Arsago Seprio, tre cittadine lombarde ai piedi dei laghi lombardi che propongono lo stesso modello e affiancano quindi basilica e battistero; partiti da una chiesa perfetta a pianta circolare, si percorrerà così una via fatta di battisteri, anch’essi a pianta centrale, fino a al battistero di Arsago Seprio, appunto, il cui interno molti paragonano a quello di San Tomè. E poi si salga fino a Gravedona, in cima al Lago di Como: qui la bellissima Santa Maria del Tiglio – chiesa o battistero? – costituirà la risposta più affascinante a San Tomè, contrapponendo il proprio quadrato perfetto al cerchio perfetto da cui siamo partiti.

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La terra alta tra Milano e i Laghi è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Un itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Almenno San Bartolomeo a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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Centocinquantun pagine per raccontare l’Abruzzo, una terra fiera, in cui l’arte romanica è fiorita rigogliosa. Raccolgono e raccontano le grandi chiese e le grandi abbazie isolate, l’arte vivacissima di Ruggero, Roberto e Nicodemo, e i loro splendidi arredi pieni di girali, mostri, animali e piccoli uomini nudi, e ancora i portali e gli architravi, gli amboni e i cibori… Il viaggio nell’Abruzzo romanico, non delude mai, e così non delude il nuovissimo volumetto ITINERARI alla scoperta DEL ROMANICO IN ABRUZZO, che raccoglie gli appunti di viaggio di Before Chartres.

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13 pensieri su “L’ibrido prodigioso e puro di San Tomè

  1. Paolo Salvi

    San Tomé è uno dei gioielli del romanico lombardo, uno dei rari edifici a pianta centrale, circolare, non battisteri, ma chiese (come Brescia e Mantova, tutte tre a me molto vicine).
    E’ affascinante per la sua posizione pressoché isolata nella campagna. Perfetta la stereometria dei tre cilindri concentrici.
    Splendida la muratura in pietra sbozzata, a corsi irregolari, ma che mantengono una loro unitarietà e omogeneità all’interno del paramento. Magnifico l’alzato all’interno sulle ampie arcate con la galleria e la lanterna terminale.
    Faccio però fatica ad accettare il discorso dell’Oursel, come se l’Italia fosse una terra marginale o spuria circa l’architettura romanica.
    Amo il romanico francese ed anche nelle loro lande le contaminazioni orientali sono evidenti. Abbiamo cattedrali con influssi arabeggianti e addirittura copti (Le.Puy-en-Velay) che pare del tutto improprio reclamare un’autonomia e originalità assoluta.
    L’originalità piuttosto viene dalla sapiente contaminazione con altre culture artistiche ed architettoniche, che rendono il romanico affascinante per i suoi peculiari accenti regionali.

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  2. Luigi Cattaneo

    Ho letto l’articolo riguardo S.Tomè e vorrei fare alcune considerazioni. Questa incredibile chiesa è dedicata a S.Tomè e non vi è alcun documento col quale si possa dimostrare la dedicazione a S.Tommaso. Siccome una delle ipotesi riguardo alla sua progettazione fa risalire a dei monaci culdei irlandesi venuti sul continenete a più riprese (Carlo Magno ne aveva due fra il suo seguito), la dedicazione a S.Tomè secondo vescovo d’Irlanda dopo S.Patrizio) è da ritenersi quella a cui si dovrebbe sempre far riferimento. I riferimenti astronomici, scoperti una ventina d’anni fa e che sono una parte davvero speciale in questa costruzione, fanno riferimento alle conoscenze ed alla profonda cultura dicui i monaci irlandesi ne erano depositari. Continuiamo a chiamare questa rotonda con il nome che le spetta: S.Tomè e non S.Tommaso. Saluti

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  3. Aldo Valentini (da Fb):
    Un’opera romanica sublime come ce ne sono molte in ITALIA. Ne sono rimasto innamorato come per Arsago Seprio e Cantù. Senza bisogno di scomodare autori e opere francesi. Francofili!!!😀😜 (PS: L’Oursel è il primo autore che non riesco a digerire: pesantissimo trombone con la grandeur de la France).

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  4. Anonimo

    Ho visitato da poco la zona del lago di Como e sono rimasto illuminato da Santa Maria del Tiglio è uno dei più bei monumenti visitati, in un contesto ambientale meraviglioso

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  5. Michele Arcangelo Sarti (da Fb):
    Nel giro “romanico” da voi consigliato in Brianza fu la mia prima tappa! Bel giro, grazie a Before Chartres. E se arrivate e la trovate chiusa troverete un bigliettino in una bacheca, con un n° telefonico. La persona che contatterete è gentilissima e disponibile. Noi l’ andammo a prendere da casa!!

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  6. Aldo Valentini (da Fb):
    Ho cominciato a studiare, ad approfondire l’arte romanica solo da qualche anno, grazie anche a te ed a quanti chiamiamo esperti in questo gruppo ARCHITETTURA MEDIEVALE cogliendo di questa arte sempre più gli aspetti e le varianti regionali in ormai centinaia di sopralluoghi, quasi essenzialmente in Italia, studiando invece sui libri ed articoli le emergenze francesi, spagnole e tedesche. Mi sembra che testimonianze italiane, tra cui questa è una MERAVIGLIA delle opere a simmetria centrale che amo rigustare appena sono in zona (l’ultima volta con l’amico Roberto Romanico), siano testimonianze di primissima qualità ed originalità e godano della direi unica al mondo esperienza precedente di altre espressioni e scuole: romana, paleocristiana bizantina longobarda e carolingia. Non sono pertanto “francesecentrico” e non mi piace neppure il termine “ibrido”.

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    1. Before Chartres scrive che San Tomè è la più bella di tutte, Aldo. Quindi non mi pare ci sia nulla di “francesicentrico” in questo articolo… Il temine “ibrido” – e lo si spiega bene – è di un autore francese che io adoro, questo lo ammetto, e che tu invece non gradisci molto: fai bene a dissociarti, se non condividi.

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  7. Francesco Sala (da Fb):
    San Tommaso in Lemine è uno SPLENDIDO monumento ed è il mio monumento del cuore, essendo stato il primo di una lunghissima serie da me in seguito vista ed era il lontano 1978. Di fianco esisteva ancora quello che era stato il Monastero trasformato in cascina e abitato, animali compresi, da contadini, lì trovai le chiavi e potei salire sul Matroneo che mi risulta, oggi, non sia più permesso. Fu da lì che il “romanico” mi entrò nella testa e nel cuore, rendendomi “romanico dipendente”.

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