Montorfano, quasi un safari romanico

Il prato verde di Montorfano è uno di quei luoghi in cui tutti ci sentiamo fotografi provetti: davanti a noi la chiesetta romanica di San Giovanni, decisamente pittoresca, mostra la sua bellissima parte absidale, e quasi appoggiata su un tappeto d’erba si pavoneggia tra il bosco vicino, i monti che fanno da fondale e un abitato dal delizioso sapore di villeggiatura a mezza quota.

Siamo nell’estremo nord del Piemonte, là dove l’attuale provincia di Verbano-Cusio-Ossola si affaccia verso la Lombardia. Montorfano è una frazione di Mergozzo, la cittadina distesa sulla riva dell’omonimo laghetto, valletto del vicinissimo Lago Maggiore; ma dal prato su cui si adagia la chiesa di San Giovanni non si vedono specchi d’acqua, né cittadine piene di frenesia e di ville e di alberghi; e anzi l’impressione è di essere arrivati ad un enclave, ad un parco, ad una località isolata e quasi dimentica della eleganza nervosa del turismo delle terre dei Laghi lombardi. Qui la mole limpida e posata della chiesa costituisce il punto focale, e tutto ciò che sta intorno si adegua alla sua presenza, copiandone lo stile: bellezza priva di falsa modestia, pulizia, silenzio e luce sono i tratti salienti del San Giovanni e di tutto il villaggio – poche case, a dire il vero – di Montorfano.

La chiesa di San Giovanni vista dal prato, da nord

Mettete dunque la visita a questo luogo, se siete in giro per chiese romaniche, come pausa ideale a mezzogiorno. E poi fate come ho fatto io, e come fan tutti: prima ancora di entrare nella chiesa, con un ampio giro nel prato, camminandole intorno a semicerchio, gustatevi da ogni angolatura, e catturatelo con il vostro obiettivo, il “lato B” della chiesa. Che è particolare, a parer mio, perché presenta un bel gioco di volumi tipicamente romanico, con il transetto possente, con l’abside addossata, e terminata prima delle coperture da una notevole fila di fornici molto lombardi, con il tiburio ottagonale che si innesta non senza un bel passaggio di angoli e smussi e poi si innalza, completato da un campaniletto forse posteriore. Ci si può anche chiedere se l’insolita pulizia delle pareti – esse, poiché i costruttori hanno inteso rinunciare a lesene e contrafforti, sono prive di qualsiasi linea verticale – aumenti o limiti il fascino di questo capocroce: e però fotografarlo resta un piacere intenso, quasi un piccolo safari medievale.

Fotografando la chiesa di Montorfano
L’interno della chiesa

Anche l’interno della chiesetta di San Giovanni è singolare: la navata, breve, è unica, e vi si accede per un semplice portale; costituisce, quest’aula grigia, quasi una risposta piena di modestia alla parte terminale che abbiamo visto invece articolarsi in transetto, abside, tiburio e cupola. Può darsi che questo prolungamento longitudinale, che è coperto da due campate a crociera, e che all’esterno presenta contrafforti, ed è decorato in alto con archetti incrociati, sia di qualche decennio successivo; va comunque assegnato anch’esso al pieno periodo romanico. Secondo Sergio Chierici, la navata è di notevole interesse “perché anomala nell’architettura romanica dell’Italia settentrionale è l’abbondante presenza di mensole a reggere parti delle volte; ovunque infatti la volta si imposta su uno degli angoli dell’edificio, non poggia su un elemento verticale – pilastro o colonna – che scende fino a terra, ma appunto su mensole incastrate nel muro, che offrono anche una pregevole decorazione scolpita”.

E però non c’è alcun dubbio: qui a Montorfano si viene per fotografare un esterno, già di per sé notevole, e reso ancor più bello da un contesto di innegabile fascino. Poi si riparte: la regione dei Laghi lombardi offre molte mete, nessuna delle quali deve sfuggire al cacciatore di chiese romaniche e al suo obiettivo.

La chiesa vista da nord

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La Lombardia “alta” è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Questo itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Sant’Abbondio ad Almenno San Bartolomeo, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che hanno lasciato nelle chiese delle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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Nella vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.

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6 pensieri su “Montorfano, quasi un safari romanico

  1. Luca Borgia (da Fb):
    Una delle rarissime chiese romaniche della zona facilmente visitabili. Ma il campaniletto del tiburio non è posteriore, e se lo fosse lo sarebbe di poco: è comunque in disuso per vari motivi di pigrizia (non c’è la corda, non ci saranno le braccia e le funzioni son comunque poche), ma è stato ripristinato nella sua funzione campanaria con i restauri di fine anni 70. Era del tutto murato, prima, anche perché un campaniletto a vela era stato costruito in facciata nel 1786: con i lavori, il campanile a vela è stato demolito, son state riaperte le finestre della lanterne ed è stata ricollocata una campana. Il tutto non dovrebbe stupire: piccole celle campanarie a coronamento del tiburio si trovano in altri battisteri, da Biella a Settimo Vittone passando per Lenno.

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    1. Grazie, Luca. Hai perfettamente ragione: ho pensato io, sbagliando, che il Clerici, nel volume Jaca Book sul Piemonte, intendesse il campaniletto sul tiburio quando lo descriveva come “evidentemente di epoca più tarda”, e invece si riferiva al campaniletto a vela ancora presente quando scriveva e demolito durante il restauro. Correggo il testo.

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    1. Avatar di Sconosciuto Anonimo

      È un po’ fuori topic. Dopo aver ammirato San Giovanni, merita un occhiata la chiesa protestante appena discosta. Utilizzata dagli scalpellini immigrati dal nord a lavorar granito.

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  2. Altra caratteristica è la fonte battesimale a immersione di origine paleocristiana. Probabilmente era un battistero prima di diventare una chiesa.
    Inoltre posso dire che l’acustica è meravigliosa, cantare lì dentro è qualcosa di magico.
    Merita una se non più visite.

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Quando salendo dal lago e arrivando da oriente ci appare sullo sfondo di un prato verdeggiante con la sua abside guarnita da un’aerea loggia gentile si prova una forte emozione e così ancora ammirando i suoi nitidi volumi, tutti decorati dagli archetti sommitali e che si concludono nel tiburio ottagonale, sormontato da un campaniletto a mo’ di lanterna.
    Uno splendido edificio romanico in un paesaggio sublime, un luogo del cuore dove tornare e ritornare.

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