Abituati come siamo ad architravi e portali e capitelli strapieni di figure scolpite – mescolate, sovrapposte, intrecciate, confuse -, e avvezzi come siamo a districarci tra animali e mostri, tra girali e fioroni, tra santi e diavoli e dannati, tra lavori e segni zodiacali, noi viaggiatori del tempo romanico ci stupiamo assai davanti al portale di Saint-Martin, a Besse, in Dordogna.
Posto al centro dell’altissima facciata della chiesa – questa Saint-Martin è sorprendente anche per la sua struttura, e ne riparleremo – il portale in questione si articola in due grandi archivolti; e se quello interno, pur particolare, si può comunque descrivere come un arco decorato a fogliame, l’archivolto esterno invece presenta una serie precisa di scene che per la grafica essenziale, per la chiarezza iconografica, per la semplicità del tratto, quasi primitivo, sembrano volersi porre in netta antitesi rispetto al famoso horror vacui che caratterizza la scultura romanica.
La prima scena a sinistra è forse la più interessante e peculiare: ci racconta del profeta Elia, di quando un angelo discese dall’alto per marcare a fuoco le sue labbra:
…io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini (…). Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria». Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi: «Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». (Is. 6, 1-7)
Lo scultore di Saint-Martin rappresenta Elia nel momento in cui si ritrae spaventato all’arrivo dell’angelo, che sbuca appena dalla nubi – e guardate con quale capacità di dettaglio sono raffigurate la molla e il carbone ardente -. La figura, come tutte le altre qui a Besse, sta in bilico tra ingenuità ed eleganza: richiamano, le scene di questo portale, certi rilievi preromanici – dall’altare di Ratchis a Cividale, ai capitelli di San Pedro de la Nave – e però ciascuna di esse possiede la dignità dell’arte compiuta, sicura; e non si dimentichi siamo, con questo portale, certamente nel XII secolo, quando altrove l’arte romanica produceva i suoi capolavori, e in alcuni luoghi sconfinava già nel gotico.
Il nostro Elia, invece, è decisamente… before Chartres, e allo stesso tempo particolarissimo. Realizzati con la stessa scultura lineare, collocati in mezzo a campiture lisce e pulite, e ad un vuoto, come si diceva, inusuale nel romanico, seguono, procedendo verso destra, un serafino in preghiera con le sue sei ali, e poi due scene dal giardino dell’Eden in cui si muovono, ovviamente, i due progenitori, il serpente e il Creatore; più avanti ancora si racconta della leggenda della conversione di sant’Eustachio, che da pagano cacciando inseguì un cervo, ma poi tra le sue corna vide apparire il Crocifisso e si convertì; infine, dopo una strana scena riquadrata in cui una figura tiene tra le mani un corpo in fasce, a completare l’arco è un san Michele armato di lancia che, come fa sempre, sconfigge il drago. Al centro dell’archivolto minore troviamo un Agnello che porta la croce, simbolo noto e diffusissimo del Salvatore immolato; in alto, nel punto mediano della cornice più esterna, due angeli portano in cielo una figura seduta: è rappresentata qui la sorte beata di ogni anima che muore in grazia di Dio, o forse ancora l’apoteosi del Cristo.
Rimandando, per una dottissima lettura del significato simbolico del portale, al saggio di Anna-Maria Moubayed, non lasciamo il Saint-Martin di Besse senza notare un’ultima scena, un po’ nascosta ma scolpita anche questa con la semplicità che abbiamo imparato a conoscere. Si trova nella fascia interna del portale dell’archivolto maggiore, a sinistra, in corrispondenza della raffigurazione di Elia, e mostra un uomo seduto su un giaciglio, raggiunto da un angelo in volo che sembra volerlo forzare ad alzarsi: potrebbe essere raffigurato, qui, l’apostolo Pietro, imprigionato da Erode secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, e raggiunto in carcere dall’angelo che lo aiuterà a liberarsi e a lasciare indisturbato la prigione.
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Qualcosa dobbiamo dire anche della struttura di questa chiesa, che con la sua forma “a grattacielo” sorprende almeno quanto il portale. Saint-Martin di Besse è in realtà una chiesa fortificata, e deve il suo sviluppo in altezza alla realizzazione, al di sopra della navata, di un’aula ulteriore, separata dal sottostante spazio liturgico: da questo luogo alto e inattaccabile, costruito nel medioevo avanzato, i soldati presidiavano il territorio e potevano contribuire a difenderlo durante le devastanti folate della Guerra dei Cent’anni. Pur se decisamente affascinante, la chiesa di Saint-Martin di Besse – siamo nel Périgord, regione storica del sud-est della Francia – conserva del tempo romanico la sola parte bassa della facciata, con il portale di cui abbiamo parlato: la navata longitudinale si completa con un transetto sporgente e con un coro, anche questo realizzato nel tempo del gotico avanzato.
N.B.: E’ doveroso chiudere questo articolo ringraziando Luc Jacquet-Marlio: è stato un suo recente post nella pagina Facebook “Eglises romanes” – meritano entrambi un grazie sentitissimo! – a riportarci a Besse; e sono sue le bellissime foto che, tratte appunto da quel post, corredano i nostri appunti di viaggio. I social possono essere il luogo della continua distrazione e della polemica senza requie, ma a volte ci permettono di fare incontri, di riscoprire posti dimenticati, di condividere la sorpresa di fronte al bello e all’inusuale.
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Anselmo Rocchi (da Fb):
Ho girato per anni quest’area della Francia e posso dire che ci sono diverse chiese sviluppate in altezza come quella di Besse. Molte sono il frutto di interventi successivi e a volte confusi, però questo è anche il motivo del loro fascino.
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Gianna Bossi (da Fb):
Amo questa regione: è povera in apparenza e sembra anche dura ma secondo me è la vera Francia fatta di villaggi e terre e non di grandi cttà.
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Elena Biagini (da Fb):
Molto particolare, senza lunetta, ma con un triangolo equilatero sulla sommità.
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Magda Viero (da Fb):
Stupenda e altera. Il romanico del Périgord è straordinario e intatto. Forse perché per secoli era un territorio fuori dalle ambizioni dei potenti. Ci sono 4 Périgord: bianco verde nero rosso. Quello con più romanico è il nero, zona gallo-romana.
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Affascinante questo portale romanico in un edificio dal carattere del tutto peculiare.
In esso sono scolpite in modo originale accanto ai temi più consueti alcuni temi inusuali come quello del profeta Elia. Inoltre la sobria facciata dell’imponente volume è arricchita dal figurativismo del solo portale.
Una regione il Perigord che ho soltanto lambito nei miei viaggi ma che desidero un giorno visitare più approfonditamente, perché è proprio in queste terre abbastanza marginali che si coglie il vero sapore della Francia.
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