Un corso di romanico del XV secolo

“Solo il maestoso edificio della chiesa, severo ed imponente, rende oggi testimonianza di una delle più ricche abbazie medievali del Piemonte; il monastero che le sorgeva accanto ha infatti lasciato il posto ad un’azienda agricola efficiente ed alla sontuosa abitazione degli attuali proprietari dell’abbazia e dei suoi terreni”: è così che Sergio Chierici apre la sua descrizione dell’abbazia di Sezzadio; e le sue parole, scritte quasi cinquant’anni fa, riassumono ancora perfettamente l’essenza profonda di questo luogo. Come cinquant’anni fa, come dieci secoli fa – la chiesa attuale è stata costruita all’inizio dell’XI secolo – ancora oggi, infatti, l’abbaziale di Sezzadio si erge come custode e come potente compagna di viaggio per gli edifici che le stanno in fianco; i quali sembrano ad essa affidati, siano stati nel medioevo la sede di una comunità di di monaci, che di certo lavoravano la terra, o nei secoli successivi di una comunità di contadini, che senza dubbio lasciarono scandire le loro giornate dalle preghiere e dal suono delle campane.

La facciata

L’abbazia di Sezzadio ebbe origini antiche: una delle tradizioni la vuole fondata nell’VIII secolo da Luitprando, re dei Longobardi, che volle dare una sede adeguata alle reliquie di Santa Giustina in suo possesso. Nei secoli successivi la comunità crebbe e adeguò alle mutate esigenze anche la propria chiesa: un’iscrizione nel pavimento della bella cripta dice che il marchese Otberto, della famiglia degli Aleramici, ne fu reparator et ornator; in realtà, gli studiosi pensano che si debba ad Otberto, verso il 1030, non solo l’insediamento in loco di una comunità benedettina, ma anche una vera e propria ricostruzione dell’edificio di culto nelle forme attuali: tra navate precedute da un atrio, che vanno a terminare in un gigantesco transetto, su cui si affacciano tra absidi. Una struttura possente, e però non priva di eleganza e di originalità.

Al basso medioevo si deve poi la campagna di ammodernamento di cui restano alcune tracce evidenti: all’esterno, sopra la parte centrale della facciata si elevò una torre; all’interno si decorò la chiesa con affreschi tuttora leggibilissimi nell’abside centrale – nel catino il Cristo salvatore, sotto sei scene della vita “nuova” di Gesù, dalla crocifissione all’ascensione al cielo -; infine, si realizzarono le volte a crociera costolonate che coprono ora, quasi completamente, sia la navata centrale che le laterali. Quest’ultimo intervento rende certamente “spuria” la chiesa di Sezzadio agli occhi degli appassionati del romanico; allo stesso tempo, però, ci consente di vedere ciò che non si vede altrove, e di comprendere meglio – grazie ad uno scorcio, ad un punto di osservazione particolare – il reale rapporto tra una chiesa medievale e la propria copertura.

Non tutta la chiesa di Santa Giustina fu coperta, quando a metà del Quattrocento si decise di intervenire, con volte a crociera: poiché alla comunità non serviva più una chiesa tanto grande, infatti, questa era stata “accorciata”, e anche la prima campata vicina all’atrio era stata isolata dal resto della chiesa tirando su una parte liscia, quasi una nuova facciata; abbattuta quella parete nel corso dei restauri moderni, ora noi dopo l’atrio entriamo in un primo tratto di chiesa che è ancora coperto, come nell’epoca romanica, a capriate lignee, mentre le volte a crociera cominciano, sia nelle navatelle che nella navata centrale, dalla seconda campata dell’aula. Entrando in chiesa dal nartece, allora, e guardando in su, non solo si possono scorgere le capriate dell’XI secolo che coprono ancora la primissima parte dell’aula; ma si riesce a vedere queste capriate proseguire anche al di sopra della prima volta a crociera in pietra, e delle successive.

La navata e l’abside affrescata
L’attacco delle volte e lo spazio sovrastante

E si comprende bene, qui a Sezzadio, come i due tipi di copertura – capriate lignee e volte in pietra – non siano alternative, ma complementari; risulta chiaro che le prime, le capriate lignee, non sono sostituite dalla volta in pietra, ma semmai “coperte” da quest’ultima; e che ci sono sempre, le capriate lignee, a sostenere le due falde del tetto, anche quando la chiesa è coperta da una volta in pietra e chi ne percorre l’interno vede solo quest’ultima. La prima lezione di Santa Giustina sull’architettura medievale è la seguente: che le chiese di questi secoli nascono tutte coperte da capriate in legno, proprio come accadeva nell’epoca delle basiliche paleocristiane; e che poi dotarle di una volta in pietra è una scelta, una decisione dei costruttori. In Catalogna, in Borgogna, in Alvernia e in tante altre regioni dell’Europa del XII secolo, questa decisione – quella cioè di frapporre una copertura in pietra tra la navata e le capriate del tetto – è frequentissima, ed è una decisione assunta al momento della costruzione dell’edificio, e dà luogo alla diffusione del romanico compiuto; in Italia spesso le volte vengono aggiunte – come accade qui a Sezzadio – qualche secolo più tardi, e in molti altri casi ad esse si rinuncia, contentandosi della copertura “paleocristiana” in legno.

La pianta: in verde le parti aggiunte per ricavare le volte (da Piemonte, ed Jaca Book, elab.)

La navata di Santa Giustina è il luogo giusto per osservare una ulteriore lezione sull’architettura romanica. Qui si può vedere, cioè, molto chiaramente che cosa accade quando si decide di coprire una chiesa con una volta in pietra: succede che i pilastri vanno rafforzati, poiché debbono reggere il peso della volta che si va a costruire sotto il tetto a capriate. Qui a Sezzadio, spiega Sergio Chierici,

…la costruzione delle volte comportò (…) la modifica dei sostegni, che in origine erano pilastri rettangolari con due semicolonne addossate ai lati est e ovest per reggere gli archi longitudinali di separazione delle navate; a questo tipo di pilastri, ancora riconoscibile nella prima coppia di sostegni che si scorge entrando, furono aggiunte semicolonne sugli altri due lati, per reggere gli archi trasversali necessari all’imposta delle volte…

Non bastano colonne o semplici pilastri, per reggere una volta in pietra; ed ecco che si ricorre al pilastro “composito”, quasi un fascio di sostegni, che meglio assorbe e convoglia i pesi verso terra. Sezzadio è quasi una simulazione: gli architetti quattrocenteschi che in Santa Giustina rafforzarono in questo modo i pilastri preesistenti compirono infatti, due o tre secoli più tardi, la stessa operazione che, due o tre secoli prima, tanti costruttori romanici avevano compiuto in giro per l’Europa quando, pressati dalle volte in pietra che si impuntavano a costruire sopra le loro chiese, inventarono appunto un nuovo sostegno, più articolato e funzionale. La volta in pietra pesa, e chiama sostegni nuovi, e così la chiesa muta, e diventa romanica: Santa Giustina è come un’emozionante dimostrazione della rivoluzione romanica, tardiva qui a Sezzadio, eppure chiarissimamente riassunta e raccontata da queste volte e da questi pilastri.

Le tre absidi addossate al transetto piano

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13 pensieri su “Un corso di romanico del XV secolo

    1. La mia personalissima esperienza dice che mi è bastata una telefonata qualche giorno prima per concordare la visita (3482608192), e per ottenere che qualcuno aprisse la chiesa espressamente per me. All’orario concordato, ho trovato la porta socchiusa e la chiesa a disposizione, e in ordine; e al temine della visita, fatta senza nessuna fretta, e ripetuta, una persona della proprietà ha richiuso l’abbaziale e ci ha salutati andandosene. Era un lunedì mattina, lunedì scorso.

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  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Una chiesa imponente, nonostante le normali misure, che pare una fortezza, per le sue masse nitide in cotto e quelle torre massiccia che si erge al posto del timpano in facciata. L’ho visitata solo in anni recenti, due volte ché non mi bastava la prima, in completa solitudine, gustandola in ogni sua parte.
    Austero l’esterno, più colorato l’interno, dalle colonne dipinte a fasce alternate bianche e nere, e le absidi tutte pregevolmente affrescate. E poi la cripta, ampia e dal pavimento mosaicato, sempre bianco e nero. Sublime.

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  2. Aldo Valentini (da Fb):
    Molto interessante questa riflessione, su come cioè un nuovo tipo di copertura, la volta a crociera, ed in particolare crociera costolonata, trovata forse per la prima volta nella chiesa romanica di DURHAM, voglia o “chiami” un nuovo tipo o meglio una integrazione dei suoi piedritti. PS Molto interessante anche la cripta!

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  3. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Mi sono sposato in quella chiesa nel luglio del 2013. All’epoca era splendidamente curata da una raffinatissima coppia, Silvia Della Betta e Franco Daniele, proprietari anche di Villa Badia, la tenuta adiacente. E’ stato uno dei giorni più intensi della mia vita, tanto che negli anni successivi sono più volte tornato a godere sia dello splendore della chiesa che della sempre sorridente e signorile accoglienza di Franco e Silvia.

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  4. Lucia Imperiale (da Fb):

    La chiesa del mio cuore… Abito a pochissimi km (la raggiungo a piedi) e per anni l’ho trovata chiusa, ma il parco e l’esterno comunque infondono senso di pace… la prima volta che l’ho visitata all’interno mi sono commossa per la sua bellezza, davvero emozionante.

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