Che matto, l’uomo col piede scalzo!

Alla fine potremo dirlo, sì, che l’uomo strambo rappresentato sul più noto dei capitelli di Artàiz… è un simpatico matto. Prima però dovremo riconoscere in lui una figura particolare, quella del “monosandalos“, e imparare il valore simbolico di questi personaggi con un solo piede scalzo, e scoprire che “monosandaloi” furono anche figure del mito come Giasone, Edipo, Efesto e la stessa Cenerentola con la sua scarpina perduta. Poi, ma solo alla fine, potremo permetterci di aggiungere la conclusione più scontata e banale, quella secondo cui l’uomo di Artàiz – come forse anche gli altri “monosandaloi” che si incontrano nell’arte romanica – è anche strano di suo e, inutile negarlo, un poco folle.

Il capitello dell'”acrobata” nel portale di San Martin di Artàiz

L’uomo strambo di Artàiz sta su un capitello nel portale della chiesa di San Martin. Scolpito con maestria, bellissimo da vedere, curioso nella sua posa – sembra saltare una fiera, ma intanto con il braccio destro si cinge la testa ci spernacchia, mentre infila il sinistro sotto una gamba – solletica la fantasia e le domande di coloro che lo osservano. Molti degli studiosi lo chiamano l'”acrobata”, e considerano che stia facendo un balzo, di quelli con cui i saltimbanchi hanno riempito il medioevo. Sarebbe anche finita qui, se non fosse che il nostro uomo ha un piede calzato ed uno scalzo.

E su questo dettaglio si apre un mondo. Scrive Francesco Indraccolo:

Il cosiddetto “monosandalos”, ossia il personaggio che ha un solo piede calzato, ha origini remote ed esprime – attraverso l’asimmetria verticale – la condizione dell’uomo in bilico tra la vita e la morte, tra Bene e Male, tra un destino banale e uno “eroico”. Simbolo di un pericolo immediato, o di una serie di prove pericolose, [il personaggio con un solo piede calzato] è tipico del passaggio iniziatico. Tracce della sua presenza si hanno nella mitologia greca a partire dal mito di Giasone, che perde un calzare nelle acque di un fiume, e sarà riconosciuto proprio perché monosandalos e perché “pre-visto” da una profezia. Esempi simili sono le figure di Edipo, Melampo e Filottete come pure il mito di Efesto; per non parlare di una situazione quasi analoga nella fiaba di Cenerentola…

Una vista ravvicinata

Insomma: da epoche ben precedenti alla diffusione del cristianesimo, rappresentare un personaggio con un piede nudo ed uno calzato non è un vezzo o un errore; al contrario, il “monosandalismo” è una vera e propria categoria del mito, con un suo significato preciso e stratificato. Nella mitologia e nella letteratura, nelle leggende e nelle fiabe – e quindi anche nelle sculture, nei dipinti e nei rilievi – la persona che porta un solo sandalo, sia essa un eroe, una sacerdotessa, un dio o un efebo, sta compiendo un percorso di iniziazione o è nel mezzo di un rito di passaggio. Per metà, e un piede lo certifica, il “monosandalos” si tiene legato alla quotidianità, alla terra, e anzi al mondo pesante, quello “di sotto”; invece la sua altra metà – e l’altro piede, scalzo, lo dimostra – quasi spicca il volo, e grazie alla scommessa, o all’ardire, o all’incoscenza, sale verso territori inesplorati e leggeri. Ma sta ancora in mezzo al guado: mentre sale, percorrendo e imparando, fin lassù dove non era mai stato, allo stesso tempo si mantiene “al di qua” e si protegge. Ancora, e non approfondiamo oltre, il “monosandalismo” caratterizza coloro che hanno attraversato il confine dell’inesplorato, e poi però da quella dimensione diversa sono tornati: hanno un piede nudo ed uno calzato, così, quegli uomini, quegli eroi, quei personaggi del mito o della storia, o quei mistici, o quei sacerdoti, che sono stati in grado di andare altrove – nell’aldilà, in cielo, nella sapienza più elevata, nell’estasi, in fondo agli abissi… – e poi hanno saputo tornare.

Il capitello dell'”acrobata”, il primo a sinistra
I “monosandaloi” di Tolosa

Buon per noi, che qualcuno ci insegna a valutare a fondo, e a comprendere appieno, queste simbologie: guardiamo ora con occhi differenti l'”acrobata” di Artàiz, ma anche tutti gli altri “monosandaloi” che l’arte e la letteratura ci han fatto e ci faranno incontrare: e quanto al tempo romanico, un’altra bellissima rappresentazione di uomini con un solo piede calzato si trova a Tolosa, in una mensola della Porta di Miegeville, dove due “monosandaloi” – sono tanto belli che qualcuno li considera opera moderna! – come gemelli dal berretto frigio cavalcano splendidi leoni.

Se poi però ci resta il dubbio che l’uomo di Artàiz se ne freghi un po’ di Giasone e di tutti i precedenti illustri, dei riti di iniziazione e della trance divinatoria; se poi però anzi ci pare proprio che sia strambo di suo, quell’acrobata irriverente… non sbagliamo di tanto. Perché anche le simbologie, come sappiamo, sono fluide; e il piede scalzo, con la conseguente asimmetria della persona, se appena ci spostiamo dalla lettura canonica e colta, può essere letto come il segno di uno squilibrio morale, psichico e fisico; e allora, rappresentare una figura con un solo sandalo diventa anche il modo per evidenziarne la sua fuga dalla norma sociale, il suo essere preda di una certa quale devianza, che può essere – perché no? – anche quella che chiamiamo “follia”.

Salta e fa sberleffi, l’acrobata di San Martin, e come i saltimbanchi del medioevo esce ad ogni istante dalle regole del mondo dritto, e subito dopo vi rientra, per uscirne poi ancora e ancora: l’antico e pregnante simbolo del piede nudo ben gli si confà; e a buon diritto può essere chiamato “monosandalos” anche se nessuno lo sta iniziando ai misteri della gnosi, anche se il suo delirio, più che a trance mistica, sarà dovuto a un bicchiere di troppo, e a troppa voglia di far divertire chi, come noi, lo sta osservando a bocca aperta.

La chiesa di San Martin ad Artàiz

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7 pensieri su “Che matto, l’uomo col piede scalzo!

      1. Melchiorre Maina (da Fb).
        Il Romanico l’ho scoperto in Italia, poi soprattutto in Francia e Spagna… Non sono credente, ma nelle chiese dell’epoca ritrovavo una spiritualità ed un’umanità spesso sofferente che non sento altrove, in chiese e cattedrali fin troppo ricche. E poi, molta fantasia e spesso humor… Grazie ancora! 🙏

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  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Per fortuna ci sei tu che ci fai notare e poi ci spieghi approfonditamente particolari che ai più sfuggirebbero in questi stupendi capitelli spagnoli.
    E potrei andarlo a vedere quest’anno.

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  2. Caterina Sala (da Fb):
    Beh, io questo “monosandalos” lo adoro 😍 e del resto, chi può dire di non essere mai stato in bilico, neppure una volta, fra diverse situazioni, al bivio fra due scelte più o meno equivalenti? L’arte romanica, più di altre forme d’arte forse, riesce a rappresentare, in uno, il percorso eccezionale di un eroe e la vicenda quotidiana dei molti.

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