Otranto, passi sopra l'”horror vacui”

Il pavimento musivo del Duomo di Otranto, così pieno di figure e di scene, di personaggi e di episodi, è un’enciclopedia che si srotola sotto i piedi dei fedeli. Ad ogni passo, lungo tutta la navata, e poi nel presbiterio e nell’abside, e ancora nelle navatelle, si cammina come su un’infinita pagina delle Etimologie di Isidoro di Siviglia, dove si inseguono bestie, personaggi, lavori, profeti, mostri, mesi, concetti e mitologie. Che è quasi impossibile riordinare.

La navata centrale (foto dal sito laterradipuglia.it)

E però, lo vedremo, anche il caravanserraglio di quest’opera senza uguali ha una sua logica… all’incontrario. E questo procedere – volutamente? – in senso inverso costituisce una delle sue caratteristiche più peculiari.

Il pavimento, opera mastodontica, è stato voluto e commissionato dall’arcivescovo Gionata, realizzato dal monaco Pantaleone, al tempo del re Guglielmo: lo certificano le iscrizioni lungo il percorso, che ci permettono di datarlo agli anni intorno al 1165. L’autore lo realizzò non senza imperizia: certo le figure, che occupano ogni spazio, non si possono dire composte con l’arte eccelsa degli esempi bizantini; e però, pur nei tratti elementari, hanno una forza quasi moderna, e un disegno a volte “sbagliato” come furono “sbagliati quelli di Chagall o Picasso.

Il mosaico di Santa Maria Annunziata è costituito da tre parti principali, ciascuna delle quali raggruppa una vasta serie di figure a destra e a sinistra di un albero. La prima e maggiore di queste grandi rappresentazioni occupa tutta la navata centrale: il grande albero della vita si prolunga, al centro, dall’ingresso fino alla fine della navata; stende i suoi rami da un lato e dall’altro, e questi rami sono zeppi di figurazioni, come frutti appesi. Due alberi più piccoli stanno sul pavimento delle due navatelle, nella parte più avanzata: ai rami di quello della navata sinistra ci sono figurazioni di anime salvate e dannate, divise appunto dal tronco; l’albero della navatella destra accoglie invece tra la propria chioma figure mitiche, e di animali, e di uomini, tra cui un atlante che regge un sole.

L’estensione del mosaico

Due aree del pavimento della chiesa, ancora, sono completamente decorate a mosaico: il presbiterio raccoglie in sedici cerchi altrettanti animali e mostri del bestiario antico, forse a voler figurare i vizi e le virtù degli uomini; nel pavimento del semicerchio absidale, infine, si possono ammirare il racconto della storia del profeta Giona, Sansone che lotta con una fiera, e altre figure umane, bestiali e di combattimento.

Ma il cuore, l’asse portante del grande pavimento musivo voluto da Pantaleone, è l’albero maggiore, quello della navata principale. Il quale, pur nell’apparente disordine, pur con un linguaggio onirico e quasi delirante, delinea in sostanza la vicenda dell’Uomo dai suoi primi passi nell’Eden. E lo fa, dicevamo, con un’apparente inversione. Proprio in fondo alla navata, là dove sta la cima dell’albero, si trova infatti il paradiso terrestre, con le vicende di Adamo ed Eva e della loro colpa; scendendo, tra i rami, incontriamo i dodici mesi con le dodici occupazioni dell’uomo; più giù ancora sono narrate le vicende della Bibbia, tra cui spiccano la vicenda di Noè e del diluvio e la grande istantanea della costruzione della Torre di Babele; proprio vicino alle radici stanno, infine, la rappresentazione di mostri, divinità pagane, cacce, centauri cavalli e scacchiere, e quella di Alessandro Magno e i suoi grifoni, che sembrano voler riassumere, dopo quella del popolo eletto e della salvezza, la storia più recente degli uomini e dei regni.

L’albero della vita di Otranto, quindi, va letto al contrario: che se lo osserviamo dall’ingresso della basilica verso il presbiterio ci dice prima della storia più recente degli uomini, e solo poi dei tempi dell’antico Israele, mentre il peccato originale e l’inizio di ogni storia sono rappresentati solo alla fine del viaggio, là dove gli ultimi rami si pretendono verso l’alto.

I dodici mesi con i lavori dell’uomo (foto: Framo)
L’albero della vita (foto: porta-doriente.it)

Non si tratta però di una semplice inversione. Accade invece che Pantaleone e i suoi, secondo un’interpretazione piena di fascino, seppero guardare al grande albero della storia dell’uomo come ad una pianta vivente. E di questa pianta vivente, le vicende di Adamo ed Eva furono i primi frutti, quand’essa non era che un virgulto; e poi la pianta crebbe, e mentre quei primi frutti cominciarono a salire, portati verso l’alto, l’albero mise rami nuovi, e in questi rami nuovi, subito successivi alla cacciata dal Paradiso terrestre, sbocciarono come fiori il tempo dell’uomo e le sue fatiche, rappresentati dai mesi dell’anno; e poi anche questi rami nuovi salirono più in su col passare del tempo, e sotto di loro le nuove fronde cominciarono ad accogliere le vicende del popolo eletto, e gli episodi della Bibbia, e la storia della Salvezza. I rami più bassi – quelli più vicini al suolo e all’ingresso della chiesa – sono in quest’ottica i più recenti, e a buon diritto si candidano ad ospitare le vicende storiche, tra cui il “volo” di Alessandro.

Il “volo” di Alessandro (foto dal sito laterradipuglia.it)

Restano dubbi ed enigmi, e accostamenti che, in questo pavimento che non ha paragoni, si faticherà sempre a comprendere – che ci fa re Artù nell’Eden con Adamo ed Eva? cosa rappresenta il mostro con quattro corpi e una sola testa?… -, e molti sono, in questo sunto del mondo insieme ingenuo e dotto, i significati nascosti che gli studiosi provano in ogni modo a spiegare. Noi che lo osserviamo con attenzione per la prima volta, cominciamo da qui, dal grande albero della vita che va letto all’incontrario.

Un dannato, nella navatella sinistra, dettaglio (foto: Sailko)

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10 pensieri su “Otranto, passi sopra l'”horror vacui”

  1. Giancarlo Storani (da Fb):
    Tutto molto interessante e complimenti per i temi trattati. Un unico appunto sull’accostamento tra il disegno elementare e “sbagliato” dell’autore medievale con gli artisti del periodo moderno o contemporaneo: Chagall o Picasso erano in grado di disegnare perfettamente nello stile classico e la loro “involuzione” era voluta. L’autore medievale invece non avrebbe saputo far meglio e questa “involuzione” naturale rispetto al periodo classico è molto interessante da un punto di vista neuro-cognitivo.

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    1. Sono d’accordo nella sostanza, Giancarlo, ma aggiungerei – premessa la mia incompetenza in tema di arte moderna – che l’arte romanica, pur se involuta, ha una carica di pathos e di verità che l’arte di altri periodi non possiede. Il passaggio al gotico riporta l’artista a saper ritrarre, disegnare, scolpire come si deve, ma quanto vigore si perde?

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      1. Paolo Galloni (da Fb):
        Before Chartres, il tuo lavoro è prezioso, ma per favore non cadermi nella trappola dell’arte medievale “involuta”. 😉 Si tratta di raffigurazioni che non sono classificabili come arte in senso moderno dal momento che, come sai, intendono rappresentare realtà spirituali per le quali non vale il criterio “estetico-prospettico” post-rinascimentale. Un medievale di epoca romanica potrebbe dirci, non senza ragione, che è l’arte moderna a essere involuta, in quanto incapace di vedere spiritualmente.

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        1. Hai pienamente ragione, Paolo: la forza dell’arte romanica sta in una serie di valori e di tensioni spirituali che sono più importanti, in questi secoli, di quelli estetici… Poi però devo/dobbiamo riconoscere che si può guardare all’arte con criteri diversi, quelli appunto estetici… e allora occorre rispettare il giudizio altrui, e forse anche ammettere che quanto a saper fare bene i disegni, il tempo romanico a volte è deboluccio, non credi? 🙂

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Il mosaico pavimentale più straordinario ed ampio giunto ai nostri tempi pressoché intatto, insieme a quello paleocristiano di Aquileia. L’unico problema è che non si riesce ad apprezzare nella sua bellezza quando si visita il Duomo di Otranto e solo dalle fotografie zenitali si riesce ad apprezzarne l’insieme ed il dettaglio nei particolari.

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  3. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Buongiorno!

    Grazie per averci permesso di passeggiare con l’immaginazione nel bosco pavimentale di Otranto!

    Per approfondimenti e, forse, per intuire il significato di alcune figurazioni come Artù: http://www.mosaicodiotranto.com e il libro – mio – “L’albero della vita. l mosaici della Cattedrale di Otranto” edito da Jacabook.

    Sperando di aver fatto cosa gradita, porgo a tutti i miei saluti,

    CR

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      1. Lucia Serracca (da Fb):

        Non essendoci un percorso alternativo, bisogna camminare sopra. Le faccio notare, però, che il Duomo di Siena copre il suo meraviglioso pavimento di tarsie marmoree eseguite da vari maestri che raffigurano episodi della Bibbia, Sibille, filosofia e altro e lo scopre in determinati periodi dell’anno con un percorso obbligato. Anche il Duomo di Siena è una Chiesa e la gente vi si reca per pregare. Basta pensare seriamente a come proteggere le opere d’arte, perché si può fare come vede.

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