Il capitello romanico è pieno di figure e di simboli, e spesso racconta storie; il capitello gotico, invece, anche quando è decorato, è un semplice elemento architettonico. Mentre nei secoli XI e XII nel chiostro, o nella navata della chiesa, ogni capitello è un pezzo unico e ciascuno è diverso dagli altri; quando invece il tempo romanico finisce, chiostri e chiese si riempiono di capitelli più semplici, che inoltre sono ormai tutti uguali: elementi architettonici, appunto, non più libri aperti su cui scolpire il mondo, i mostri, le storie, il mistero. A cavallo del Duecento, e in molte regioni anche prima – le architetture cistercensi, rigorosissime, abbandonano ogni velleità figurativa già alla metà dell’XII secolo – i capitelli dei chiostri, dei portali e delle navate, con l’avvento del gotico si spogliano, come alberi in autunno.
Però c’è un tempo di passaggio. C’è un periodo in cui architetture già gotiche continuano a proporre capitelli sospesi come in un limbo: e cioè nuovi nel linguaggio scultoreo, eppure ancora romanici nella filosofia di partenza in quanto finemente scolpiti, o anche figurati e istoriati, e ovviamente, quindi, diversi l’uno dall’altro. La serie più eclatante – per numero e dimensione dei pezzi – di questi capitelli che, pur se realizzati in pieno XIII secolo, sono stati concepiti e scolpiti ad uno ad uno, tutti differenti e figurati o istoriati secondo l’uso romanico, si trova a Venezia, sopra le colonne esterne del Palazzo Ducale: sono opere strane, spurie, quasi inquietanti.
Il ciclo di rilievi “romanico-gotici” più appassionante, invece, è costituito dai capitelli della “galleria” esterna dell’abbaziale di Cerrate: scolpiti anche questi ben dopo il Duecento, possiedono però una verve e una capacità figurativa notevole, e ci piacerebbe davvero poter dire, mentendo, che sono… before Chartres, e cioè opere perfettamente romaniche.
La “galleria” dell’abbazia di Cerrate è un vasto porticato appoggiato al lato nord della basilica. La chiesa dell’importante complesso monastico – restano tutto all’intorno molti edifici della comunità, nei secoli adibiti a masseria – è stata realizzata nel XII secolo, e si è vista aggiungere nel secolo successivo questo spazio coperto ma aperto, con 18 colonne e 6 ulteriori semicolonne. La “galleria” è molto caratteristica, e fa somigliare l’abbaziale pugliese ad una delle chiese romaniche della Castiglia, terra in cui questo tipo di galleria laterale è diffusissimo.
I capitelli sono sorprendenti: alcuni, i primi nel lato corto ad est, hanno il tipico aspetto proposto dalle architetture cistercensi e gotiche, e sono cioè scolpiti come puri elementi decorativi; e però anche questi esemplari “geometrici” sembrano piano piano differenziarsi l’uno dall’altro, alla moda romanica; via via si aggiungono figure e teste e volti, e nei pezzi del lato lungo della galleria, poi, la fantasia degli scultori si libera completamente, e appaiono allora uccelli e mostri, e i simboli degli Evangelisti, e volti e personaggi negli angoli, tra foglie e volute… Le figure umane complete sembrano rappresentare personaggi del tempo, abbigliati con lunghe vesti; tra le figure mitologiche spiccano un centauro e un’arpia insidiata da una specie di drago che sogghigna.





A Cerrate, dicono gli storici, aveva trovato rifugio un gruppo di monaci basiliani, provenienti d’oltremare, fuggiti dalla furia iconoclasta – contraria cioè all’uso delle immagini sacre – che dall’alto medioevo si era diffusa nelle terre d’Oriente. Ebbene, è singolare che i capitelli scolpiti nel pieno Duecento per questa comunità reagiscano anch’essi ad una nuova iconoclastia, resistano cioè anch’essi – proprio continuando ad accogliere figure e mostri e animali – contro nuova “lotta contro le icone”, contro la tendenza, dominante nell’arte del XIII secolo, che punta di nuovo all’appiattimento e alla semplicità.
Sta di fatto che all’appassionato del romanico i capitelli di questa galleria – forse per certi aspetti stucchevoli, forse troppo eleganti – non dispiacciono di certo. Sono un po’ come una rivincita, una ribellione, un gesto di opposizione contro la pretesa del tempo gotico di dimenticare la lezione secolare degli scalpellini romanici, e di negare la centralità del capitello istoriato dentro allo spazio sacro del chiostro, della chiesa, del portale.


Viva Cerrate e la sua galleria, allora: visiteremo l’abbazia, e il suo splendido porticato, come l’ultimo posto in cui ci potremo divertire, comunque, a scattare quattro foto, e anche di più, per ogni capitello.
Poi però vincerà l’arte “nuova”, e nell’architettura successiva gotica l’ambizione strutturale avrà il sopravvento sull’esuberanza simbolica e teologica; e dopo essere stati tanto a lungo protagonisti di una splendida avventura in tutta l’Europa cristiana, i capitelli figurati ed istoriati, meraviglia del romanico, potranno finalmente accettare di prendere la via del pensionamento, fino a contentarsi del semplice ruolo di mattoncini da costruzione.




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Circondata da campi ed uliveti, lungo la direttrice che da Brindisi scende verso sud e verso Lecce, l’abbazia di Cerrate è stata fondata tra la fine dell’XI secolo e e i primi anni del XII: fu Boemondo d’Altavilla, figlio di Roberto il Guiscardo, ad insediarvi una comunità di monaci greci, seguaci della regola di san Basilio, fuggiti dalle terre d’Oltremare qui in Salento, pare per sfuggire alla furia dell’iconoclastia che nell’alto medioevo imperversava nell’impero bizantino. Continuamente ampliata e dotata di rendite e possedimenti, l’abbazia crebbe in importanza fino ai tempi moderni e fu a lungo uno dei più importanti centri monastici dell’Italia meridionale, e si dotò di tutto quanto serviva ai monaci per governare un così vasto latifondo: ancora oggi tra i locali di servizio del monastero vi sono alloggi, stalle, un pozzo monumentale, un mulino, e due frantoi ipogei ottimamente conservati. Devastato dai Turchi nel primi anni del Settecento, il complesso monastico è rimasto a lungo in uno stato di grave abbandono; oggi però, compiuto per merito del FAI un complesso restauro, l’abbazia è nuovamente visitabile: la chiesa, costruita un secolo prima rispetto alla galleria e ai suoi capitelli, arricchita di un interessante portale anch’esso precedente al Duecento, è uno dei gioielli dell’architettura romanica di Puglia, e presenta all’interno interessanti affreschi romanico-bizantini.
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Mariachiara Martinelli (da Fb):
Grazie, non conoscevo questa abbazia, spero di riuscire ad andarci prima o poi. I vostri articoli sono sempre molto interessanti, complimenti!
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Andrea Rocci (da Fb):
Ho trovato molto interessante anche l’itinerario pugliese nell’articolo linkato alla fine. E’ un viaggio che, modificate alcune cose, vorrei fare di sicuro.
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Stefano Melli (da Fb):
Quando siamo stati noi, l’estate scorse, tutto il sito era invaso dalle mosche che hanno reso molto difficile la nostra visita. E’ sempre così d’estate o siamo stati noi proprio sfortunati?
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E’ successo anche a me, Stefano, purtroppo: ho visitato l’abbazia di Cerrate ad agosto inoltrato, qualche mese fa, e nel primo pomeriggio sole e mosche non ci hanno dato tregua. Solo la bellezza dei capitelli e del portale ci hanno dato la forza di resistere 🙂 Poche ore dopo un incendio nei campi circostanti, credo dovuto al caldo, ci ha dato un ulteriore motivo di apprensione.
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Emilia Novelli (da Fb):
Santa Maria di Cerrate: un capolavoro recuperato con un lavoro veramente encomiabile dal FAI.
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Per quanto diverse volte sia stato in Puglia, splendida regione anche per il prezioso romanico, non ho ancora visitato il monastero di Cerrate.
Il portico laterale anche a me rimembra l’architettura romanica spagnola, non solo della Castiglia dove tra Soria e Palencia sono strutture addossate alle chiese assai frequenti e splendidamente scolpite tanto da diventare le vere facciate, poste sul fianco meridionale. Così è a Jaca, in Aragona, per la sua cattedrale.
Per contro rilevo un eccesso di decorativismo in questi capitelli, quasi tutti dal fondo uniformemente rigato e con figure dall’aspetto quasi vezzoso e dinamico.
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