Caduta e rinascita, il teatro in bronzo

Ci sono opere d’arte il cui valore storico e culturale è così ingente che quasi oscura la bellezza del manufatto: è il caso delle porte bronzee di Bernoardo, conservate nella cattedrale di Hildesheim. Si dice comunemente che questi due battenti, in cui anonimi artisti hanno narrato storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, costituiscano la prima opera scultorea che, dopo secoli di silenzio, di nuovo si propone di rappresentare fatti e vicende. E così la Bernwardstür, realizzata intorno all’anno 1015, rappresenta nientepopodimeno che il nuovo inizio, il primo istante, l’opera prima di tutta la scultura figurativa medievale: i portali di Moissac e Vézelay, i mille capitelli dei chiostri, i fregi e i rilievi figurati, i personaggi e i racconti scolpiti nelle chiese e nelle cattedrali, quindi, guardano ad Hildesheim, e a questa porta devono tutto.

Davanti alla porta (foto: H. Brünig)

La Bernwardstür fu realizzata per volere di un vescovo visionario: venne concepita e commissionata da Bernoardo, che reggeva la diocesi di Hildesheim, per la chiesa abbaziale di San Michele, chiesa matrice della cittadina nella Bassa Sassonia. Secondo il vescovo e i suoi protettori laici, la maestosa porta – insieme ad una grande colonna bronzea scolpita, anche questa ora conservata nella cattedrale – doveva essere il segno della grandezza della sede episcopale di Hildesheim, nuova Roma, nuova capitale spirituale dell’impero degli Ottoni, fulcro di quella rinascenza che diciamo appunto “ottoniana”; e nacque, la Bernwardstür, come fusione, cruciale nella storia dell’arte, dell’esperienza figurativa dei paesi nordeuropei, che fino ad allora scolpivano solo su legno, e della lezione classica delle grandi porte romane in bronzo, che Bernoardo studiò personalmente nel suo soggiorno nell’Urbe. Tornato da Roma ad Hildesheim, il vescovo avviò l’impresa mai tentata prima nei secoli medievali: ognuno dei due battenti, pur se articolato in otto pannelli istoriati sovrapposti, venne realizzato come un unico gigantesco rilievo, attraverso un’unica colata di bronzo, col metodo della fusione “a cera persa”.

Le scene nella parte alta della Bernwardstür (foto: H. Brünig)

Capostipite di tutta la scultura figurativa romanica, ponte tra l’arte classica e quella medievale, manufatto imponente realizzato con una tecnica altamente innovativa, opera dalla possente carica simbolica e “politica” – il regno degli Ottoni e la rinascenza ottoniana segneranno la storia dell’Europa in modo profondissimo -, la porta di Bernoardo rischia, come dicevamo, di vedere il proprio valore artistico soffocato dal carico ingombrante della propria importanza storico-culturale. E però chi può ammirarla di persona, nel vestibolo della cattedrale, si trova davanti un’opera dalla bellezza sorprendente e dalla stupefacente modernità.

La parte bassa dei due battenti (foto: H. Brünig)

Sul battente di sinistra si susseguono, dall’alto verso il basso, gli otto episodi che riassumono la “Caduta”, dalla Creazione al Peccato originale, dalla Cacciata di Adamo ed Eva fino al primo omicidio perpetrato da Caino; sul battente di destra, dal basso verso l’alto, è narrata, anche qui in otto riquadri, la vicenda della redenzione, dall’Annunciazione alla nascita di Gesù, fino alla Crocifissione, al sepolcro vuoto e all’Ascensione del Figlio di Dio. Si trovano facilmente in rete pagine che evidenziano l’articolazione precisa e finissima di questo racconto di perdizione e salvezza – suggeriamo, ad esempio, la lettura dettagliata proposta dal sito brunnenturmfigur.de, da cui prendiamo, oltre agli spunti di lettura, alcune delle bellissime fotografie -. Più che indugiare in una nuova descrizione complessiva, Before Chartres prova a evidenziare, qui, una scena, un personaggio e una modalità stilistica che dimostrino la bellezza e la modernità di quest’opera.

Il Creatore accusa Adamo ed Eva (foto: H. Brünig)

La scena che scegliamo è quella che precede la Cacciata dal Paradiso, dove un sapientissimo gioco collega le tre figure del Creatore, di Adamo e di Eva: il primo, scoperta la disobbedienza, ne chiede conto ai due, puntando il dito verso Adamo; questi, col capo chino e le ginocchia piegate, tutto preso a coprirsi le vergogne, non sa far altro che indicare Eva –  “La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato” -; e lei, con piglio tutt’altro che compito, a sua volta si giustifica indicando il Tentatore, rappresentato come un piccolo drago sotto i suoi piedi: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”. Tutto, in questa scena – ma si guardi anche la Cacciata dal Paradiso, o l’Adorazione dei Magi – parla e dialoga: parlano i gesti, parlano i corpi, parlano le espressioni, e gesti e corpi ed espressioni sono tutti collegati in un dialogo tra figure connesse e in reciproca interazione. Ad essere rappresentato in questa scena è il primo “processo”, dalla sentenza esiziale; è facile però vedere come l’interrogatorio che avviene nell’Eden richiama espressamente un altro processo, quello che si celebra nella scena subito a destra, nell’altro battente – il gioco dei richiami e dei paralleli simbolici tra le scene delle due ante è intensissimo in tutta l’opera – che ci mostra Gesù in vincoli mentre viene giudicato da Pilato, e attende la sentenza che aprirà alla Salvezza del mondo.

Eva allatta un figlio (foto: H. Brünig)

Merita di essere osservato, poi, un personaggio, tra i tanti che potrebbero essere opera di un artista contemporaneo: e così ci concentriamo su Eva che, dopo aver lasciato l’Eden con Adamo, ha messo su famiglia e, nell’angolo destro di uno dei pannelli, sopra il battacchio di sinistra, allatta teneramente un figlio; non si fatica a notare come subito a destra, volutamente, le risponda Maria, anche Lei con il Bambino tra le braccia nella scena dell’Adorazione dei Magi.

In questa ricerca del nuovo e del sorprendente nella porta di Hildesheim, ci soffermiamo infine sugli sfondi dei vari pannelli. L’ambientazione in cui si muovono i personaggi è essenziale, ed è stata realizzata con pochissimo rilievo rispetto alle figure che invece dal fondo escono con vigore fino a staccarsene per diventare, nella parte superiore dei corpi, figure a tutto tondo. Gli sfondi, al contrario, non risaltano, e sono quasi esclusivamente tratti grafici; in essi però nulla è disegnato per caso, e quanto appare – siano spazi vuoti, o alberi, o fondali urbani – è perfettamente rispondente alla necessità di collocare nel giusto contesto i personaggi e la loro azione scenica. Sono, gli sfondi dei sedici pannelli di Hildesheim, delle modernissime quinte teatrali: niente di più e niente di meno era necessario per far risaltare, come rappresentata in un palco ideale, la vicenda dell’uomo dal Paradiso fin giù dentro al male più profondo, e poi la possibilità di risalita che a tutti noi è stata concessa, per volere del Salvatore e per tramite del suo Figlio incarnato e immolato.

Adamo ed Eva cacciati via dal Paradiso terrestre (foto: H. Brünig)

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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

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Dai rilievi di Silos ai capitelli di Aguilar de Campoo e di Tudela, dagli affreschi di Mustair a quelli di Sant’Angelo in Formis: è specialissimo il nuovo volumetto di Before Chartres, che raccoglie sedici episodi del Vangelo trasformati in capolavori dagli artisti romanici: LE STORIE dei Vangeli NELL’ARTE ROMANICA.

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5 pensieri su “Caduta e rinascita, il teatro in bronzo

  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Stupefacente per la sua nitidezza compositiva questo prezioso portale di Hildesheim, che, come scrivi, appare moderno pur essendo tra le più antiche opere scultoree del romanico. Moderno coma la rappresentazione delle Madonna che allatta il bambin Gesù, iconografia che avrà notevole fortuna solo a partire dal tardo ‘200 e ‘300. Interessante come gli sfondi siano solo accennati, mentre le figure emergano quasi a tutto tondo, assumendo ancor più vigore.
    Indubbiamente un capolavoro.

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  2. Elisa Morelli (da Fb):

    Quello che mi sorprende e di cui non conosco precedenti medioevali, ma non vedo neppure susseguenti nella scultura successiva, è il rapporto figura-sfondo. Le figure qui hanno un rapporto con lo spazio circostante che ricorda di più i rilievi classici che le cadenze chiaroscurali, il gioco dei volumi della conseguente scultura romanica. Non vedo tracce bizantine: ho in mente i portali ageminati in argento di Troia e di Monte S. Angelo, preziosi, ma perfettamente piatti ed impersonali nella resa compositiva… I portali di Bonanno Pisano, quello di S. Zeno a Verona… più tardi, splendidi ognuno a proprio modo, ma nessuno di questi conserva questa esigenza direi naturalistica, di dare uno sfondo aereo alle figure!

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