Oltre la barba del “custode dell’aula”

Nella chiesa strana, a due piani, di Montefiascone, un capitello attira su di sé, da sempre, l’attenzione dei visitatori e degli “interpreti” di antichi rebus. E’ abitato da uno strano personaggio, che spunta tra le volute, da sopra le foglie d’acanto, per due volte su due facce contigue del capitello, e parla per enigmi riprendendo e deridendo i curiosi che rivolgono a lui lo sguardo, e insieme a loro un secondo personaggio che gli sta dirimpetto, scolpito sul capitello del pilastro di fronte.

Il capitello del “custode dell’aula”

Due volte il “custode dell’aula” di Montefiascone si mostra e parla. Nella prima sua apparizione, piccolo, ignudo e seduto, si copre il mento con la mano sinistra, e con la destra indica la scritta scolpita più in alto, per declamare a chi osserva il proprio messaggio. Dice: MIRANTES AUL(A) N(OST)RAM RESPICITE BARBAM, e cioè: “Guardate la mia barba, voi che osservate la chiesa”. Nella faccia successiva del capitello, lo stesso personaggio ha tolto la mano dal mento, e di nuovo indica con l’altra mano una seconda iscrizione – AUL(A) SU(M) CUSTOS P(ER) SCULTU(S) DELUDERE STULTU(S) – che significa in sostanza: “Sono il custode dell’aula, scolpito per deludere gli stolti”. Siamo di fronte, concludono gli studiosi, ad un ammonimento che è nel contempo una vera e propria presa in giro, rivolti questa e quello a chi sta nella chiesa col naso all’insù: Se proprio dovete andarvene in giro distratti, guardate qui, alla mia barba; e lo farete inutilmente, perché la barba non c’è, ma c’è solo un omino messo qui per redarguirvi. E per invitarvi, alla fine, e seguire con più attenzione la liturgia e i riti che si celebrano nella chiesa, e che sono l’unica cosa davvero importante.

Lo “stolto” che guarda il “custode dell’aula” dal capitello di fronte

Dicevamo di un secondo personaggio, sul capitello di fronte: è un altro piccolo uomo, e sbuca come il primo dalle foglie scolpite, e sembra guardare e ascoltare il “custode dell’aula”, spiazzato dall’ammonimento che si trasforma in scherno. Ci rappresenta, in sostanza: rappresenta gli stolti che frequentano le chiese dimentichi del luogo in cui si trovano, come facciamo spesso anche noi cercatori dell’arte romanica.

Quasi dieci secoli dopo – secondo alcuni i capitelli di San Flaviano andrebbero datati al 1032, mentre altri studi ne spostano la realizzazione al XII secolo – conviene anche a noi cogliere l’invito beffardo del “custode dell’aula”. Se non siamo entrati per partecipare ad una celebrazione, e se proprio non ci va di fermarci un momento in preghiera solitaria, almeno non limitiamoci, qui a Montefiascone, a cercare una barba che non c’è. E allarghiamo comunque la nostra attenzione perché, sempre nell’aula inferiore della basilica, altri capitelli meritano di essere osservati con attenzione.

Un capitello floreale e, sotto, leoni che divorano uomini

Posti a completare i pilastri compositi della parte romanica della chiesa, gli altri bellissimi capitelli di San Flaviano hanno una struttura complessa, e però sono scolpiti come un unico pezzo. Un primo, bellissimo, è come un pizzo di rami incrociati che circondano fiori o frutti; e più sopra due file sovrapposte di foglie d’acanto si piegano al vento, in direzioni opposte, con un risultato grafico notevolissimo. In un altro capitello, alle foglie e alle volute, vivaci e fascinanti anche se inquadrate come dentro cornici e spazi elementari, si alternano o si mescolano i leoni: le belve sono rampanti, o affrontate, o impegnate a divorare piccoli uomini disperati; dalla bocca di un leone esce addirittura una mano. Questi rilievi, specie se datano, come si diceva alla prima metà dell’XI secolo, posseggono un’eleganza grafica, un equilibrio e una pulizia che molti altri capitelli, magari più classici o anche più maturi, non possono che invidiare.

Qui e più sotto altri capitelli di San Flaviano

E insomma sì, signor “custode dell’aula: nella sua San Flaviano non saremo così stolti da perderci ad osservare questa strana chiesa che il tempo gotico ha stravolto e sdoppiato. E nemmeno saremo così banali da limitarci a fotografare, come fan tanti, il capitello che la ospita. Né della sua barba, né delle sue parole ci contenteremo, e andremo invece in cerca dei leoni e dell’eleganza d’altri tempi che la basilica, pur così particolare, ancora custodisce in cima ai suoi massicci pilastri romanici. Sono pezzi di vera, solida, equilibratissima scultura medievale delle origini, punti di partenza per il lungo viaggio che durerà più di un secolo e ci porterà fino ai capolavori dei chiostri di Tudela, di Monreale e ai rilievi della fantasmagorica facciata di Poitiers.

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La facciata di San Flaviano

La chiesa di San Flaviano a Montefiascone – siamo nel Viterbese – è tra le più inusuali del medioevo, per via della sua struttura. Dal portale in facciata si accede all’aula inferiore, in parte corrispondente alla chiesa romanica – edificata secondo una discussa teoria nel 1032, nel luogo in cui sorgevano preesistenti edifici di culto – e in parte rimaneggiata con interventi del tempo gotico. Sopra questa “chiesa inferiore” si estende un’altra aula, anche questa impostata a tre navate, e però del tutto riferibile al basso medioevo, e direzionata in senso opposto. Le due parti della chiesa dialogano fra loro: manca, nella parte centrale delle stesse, il soffitto della chiesa inferiore (e quindi il pavimento della superiore) così che da sotto si può vedere sopra e viceversa. Alla chiesa superiore si accede da una scala al termine della navata destra; e però quest’aula superiore ha anche un suo ingresso dall’esterno, cioè un portale che si apre sul retro dell’edificio, reso accessibile perché il terreno dietro la basilica sale molto più alto, e forma addirittura un vero e proprio sagrato.

Nella chiesa di San Flaviano – è sepolto il vescovo tedesco Johannes Defuk, il quale, sceso a Roma nel 1111 per assistere all’incoronazione imperiale di Enrico V, si innamorò del vino che poté assaggiare nelle locande della città – il famoso “Est! Est!! Est!!!” – e per questo motivo da Montefiascone non se ne andò più, fino alla morte.

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5 pensieri su “Oltre la barba del “custode dell’aula”

  1. Fausto Daoglio (da Fb):
    Bene aver ricordato, parlando di questa chiesa, anche la storia del vescovo e del suo amato “bianco”: è una delle vicende più divertenti del medioevo, che le bottiglie di Est! Est!! Est!!! raccontano sulle loro etichette.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Stupefacenti questi capitelli di San Flaviano a Montefiascone, visti in vari post ma che, purtroppo, ancor non ho potuto vedere coi miei occhi. Come ben dici sono scolpiti in modo più preciso e dettagliato di capitelli di un romanico più maturo.
    Ci si leggono ancora molti riferimenti classici o arcaici, come decorazioni ad ovoli dell’arte romana, o intrecci nastriformi d’ispirazione longobarda (non siamo lontani da Spoleto e dal suo Ducato longobardo).
    E ancora interessante questo sottolineare il “divertissement” dello scultore romanico, cosa abbastanza frequente in parti meno evidenti, come nei modiglioni di gronda o certi inserti scultorei, ma che talvolta emerge anche nei capitelli, come qui a Montefiascone.

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  3. Aldo Valentini (da Fb):
    Illuminante Giulio Giuliani, questa tua riflessione sul “custode dell’aula”, quasi lo scultore, conscio dei suoi preziosi lavori di cesello ed ancor più dei suoi leoni che in modo originale e con pose “inedite” sbranano esseri umani (mi piacerebbe conoscere le riflessioni degli amici su questi leoni e su questi umani), richiami l’attenzione al fine di queste opere: presentare la storia della salvezza (antico e nuovo testamento) e la proposta di “vita eterna” gradualmente emersa nella Bibbia per culminare nelle parole di Cristo.

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  4. Alessio Consoli (da Fb):
    Chiesa meravigliosa, visitata molte volte per ammirare non solo il romanico di pietra, ma anche i dipinti, tra cui un bellissimo Memento mori con (si pensa) rappresentati Federico II e la famiglia imperiale. Un gioiello quasi dimenticato lungo la via Francigena…

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