Così zeppa di sculture in ogni sua parte, la facciata della chiesa di Notre-Dame-la-Grande, a Poitiers, mentre affascina e sorprende, può dare un senso di disorientamento a chi cerca di leggerne lo spartito. L’occhio dell’appassionato romanico, infatti, è abituato ai rilievi collocati in alcune posizioni chiave – i capitelli, ad esempio, o la lunetta del portale – e fatica un po’ quando, come qui – accade anche intorno alla Puerta de las Platerìas a Compostela o nella Puerta Speciosa di Leyre – le figure si addensano riempiendo quasi tutti gli spazi. Nei due esempi spagnoli, però, ci troviamo di fronte, con ogni probabilità, ad un opera di riassemblamento; qui a Poitiers, invece, i rilievi scolpiti si distendono fitti sì, ma secondo uno schema preciso e ordinato; e un’attenzione appena più approfondita di quella del semplice turista permette anzi di scoprire, anche dentro questo vasto dispiegarsi di sculture, l’obiettivo dichiarato e preciso di questa facciata, quello cioè di evidenziare il ruolo di Maria – di “Notre-Dame” – dentro il cammino della Salvezza.
Questa narrazione centrale e compiuta, in cui la Vergine è la protagonista indiscussa, è come il discorso fatto al microfono dall’oratore, ma in una sala piena di brusio, tanto il resto della facciata è piena di altre figure: cento e più mostri e animali e uccelli negli archivolti, nei capitelli e non solo; e poi apostoli e vescovi nelle arcate superiori, e più sopra ancora un inusuale Cristo in gloria che sta in piedi nella mandorla circondata dal tetramorfo. E si svolge, questo racconto in più puntate cui si celebra la Vergine, in una zona della facciata che nel medioevo romanico è raramente utilizzata per i rilievi istoriati, e cioè in quella fascia di spessore variabile – quasi quattro pennacchi, quattro triangoli rovesciati – che sta sopra le arcate del primo livello e sotto il marcapiano che taglia in due, in orizzontale, l’intera pagina della facciata. E si apre, questa teoria organica sul ruolo di Maria nel cammino della Salvezza, con la donna che della Vergine è l’antenata e il contraltare, cioè Eva: tutta la narrazione infatti inizia, all’estrema sinistra, con il peccato commesso nell’Eden, che è il gesto da cui originano sia la Caduta sia la Redenzione compiuta, molti e molti secoli dopo, attraverso il Bambino nato da Maria.

Alla scena del peccato originale, in cui Adamo ed Eva si guardano mentre il serpente sale lungo l’albero, e forse la donna offriva al compagno il frutto proibito, fanno seguito cinque figure: si tratta di cinque testimoni, che nel tempo tra la Caduta e la Redenzione profetizzarono la nascita del Salvatore. Seduto frontalmente in trono sta re Nabucodonosor, che gettò nella fornace i tre giovani ebrei, e vivi li vide muoversi tra le fiamme, anzi credette di vedere tra loro Colui che sarebbe nato: “Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco – dice il re spaventato nel racconto del Libro di Daniele – senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi». Vengono poi, avvicinati quasi in un canto corale, i quattro “profeti”: sono Daniele, Mosè, Isaia e Geremia, ciascuno con un cartiglio, ciascuno con la propria profezia e il proprio annuncio di salvezza. Annuncio che si fa concreto, ed efficace, nelle parole dell’arcangelo Gabriele a Maria, nella scena successiva, quella dell’Annunciazione, distesa e finissima. Chiude la prima parte del racconto il busto di Jesse, radice della stirpe di Davide, dal cui corpo cresce un albero e da cui nasce il re Davide stesso, di cui resta una mezza figura sul trono.
Qui l’arco del portale centrale sale fino ad interrompere la narrazione; questa però riprende subito a destra, con il racconto del lungo viaggio che portò Maria, che già aveva concepito Gesù, ad abbracciare la cugina Elisabetta, anch’essa gravida. E poi ecco il compimento della Promessa: dal seno della Vergine, distesa nel letto dopo il parto, è nato il Bambino; lo vegliano il bue e l’asino, e poi le levatrici lo lavano, e la vasca è quasi un fonte battesimale, ed allo stesso tempo è quasi un calice che annuncia in che modo – nel sangue – il Figlio di Dio laverà la colpa degli uomini. A destra Giuseppe, assorto, medita su quanto accade, come sempre nella rappresentazione romanica della natività.

L’ultima scena di questa striscia eloquente rappresenta, sotto la figura di Giuseppe, due uomini che lottano. Secondo la ricca e approfondita ricostruzione proposta dalla pagina dedicata alla facciata di Poitiers dal sito compostela.co.uk – pagina ricca di foto bellissime, alcune delle quali qui riproposte – sarebbe scolpita nel marmo la lotta tra Giacobbe e l’Angelo, narrata nella Genesi al capitolo 32: dormiva, Giacobbe, e nel sonno gli sembrò di lottare con un angelo, o forse con Dio stesso, e di riuscire a tenergli testa. E questa immagine in cui due figure, l’umano e il divino, si avvinghiano e quasi si mescolano è il perfetto contraltare rispetto alla prima scena, dove si affrontavano due altre figure, quella di Adamo e quella di Eva: là il peccato originale rompeva l’unione tra il Creatore e le sue creature; qui un uomo e il suo Dio si abbracciano alla pari, prefigurando un equilibrio ritrovato, che certamente verrà. Un nuovo equilibrio, un nuovo patto tra il Signore e gli uomini, di cui proprio Maria, con la sua dedizione e la sua umiltà, compiutamente narrate qui a Poitiers, è il tramite e lo strumento.
La vicenda della Redenzione attraverso la Nostra Signora, che si dispiega in questa fascia privilegiata, è il cuore della facciata di Notre-Dame-la-Grande. Che parla e racconta, anche se molti dei volti, come accade purtroppo anche altrove in Francia, sono stati sfigurati dalle martellate dagli Ugonotti – il sacco di Poitiers è del 1562 – e dalla loro avversione per le immagini sacre. Parla e racconta, nonostante il degrado complessivo della pietra calcarea dovuto, secondo gli studiosi, anche ai fumi salsi e corrosivi dei mercanti che, nel Seicento, proprio davanti alla chiesa ebbero le loro cucine e le loro botteghe di cibi affumicati e macerati. Parla e racconta: dentro l’intera facciata, fin troppo rigogliosa di mostri e di fogliame e di uccelli, e quasi gotica nel suo bisogno di riempire ogni spazio, questa narrazione rigorosa si propone come uno dei più coerenti e profondi racconti che, della vicenda degli uomini in rapporto al loro Dio, il tempo romanico ha saputo scolpire nella pietra delle sue chiese.
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La cittadina di Poitiers è il capoluogo della regione della Vienne, nella parte occidentale della Francia. La chiesa di Notre-Dame-la-Grande, costruita nell’XI secolo su preesistenti edifici di culto, è stata ampliata nel successivo, e la facciata scolpita può essere datata alla metà del XII secolo. Molto caratteristico è anche l’interno della basilica, reso inconfondibile da una vivace decorazione che, nei secoli posteriori al tempo romanico, ha riempito di colore le pareti e le colonne della navata, quasi trasformandole in tappezzeria. La chiesa di Notre-Dame domina la piazza principale di Poitiers con la sua lunga mole, ed è solo uno dei capolavori medievali di questa cittadina dalla nobile storia: risale addirittura al IV secolo il battistero dedicato a san Giovanni, probabilmente il più antico edificio cristiano in Francia, che oggi ospita una collezione di reperti dell’epoca merovingia. Notevole, per gli appassionati del romanico, anche la grande chiesa di Saint-Hilaire-le-Grand, costruita sulla tomba di sant’Ilario, il primo vescovo della città.
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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
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Roberto Gherzi (da Fb):
Che facciata straordinaria! Questa se la gioca col nostro Duomo di Fidenza…
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Aldo Valentini (da Fb):
Articolo molto interessante sul ruolo centrale di Maria e proprio per questo forse la basilica fu presa particolarmente di mira dai più ignoranti e violenti fra gli integralisti del movimento riformato (protestante). Con due perplessità, i decori minori non mi sembrano risentire del degrado attribuito ai fumi dei mercanti fumi di cui non mi risulta il chimismo procuri danni se non l’annerimento. Mi stupisce inoltre che Mosè sostituisca Ezechiele fra i 4 profeti maggiori a meno che il cartiglio non ce lo evidenzi…
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Luca Giordani (da Fb):
Nonostante le iscrizioni siano molto deteriorate, è possibile ricostruite le frasi dei quattro profeti.
Daniele: CVM VENERIT SANCTVS SANCTORVM CESSABIT UNCTIO (quando verrà il Santo dei Santi l’unzione cesserà) questa frase di Daniele abbiamo visto essere molto frequente, rimando alla pubblicazione sui profeti di Verona.
Geremia: POST HEC IN TERRIS VISVS EST ET CVM HOMINIBVS CONVERSATVS EST (dopo questo apparve sulla terra e conversò con gli uomini) frase non nei libri di Geremia, ma presente nello “Ysagoge in theologiam” di Oddone, allievo di Abelardo.
Isaia: EGREDIETVR VIRGA DE RADICE IESSE ET FLOS (dallo stelo di Iesse emergerà un ramo e un fiore) Isaia 11.
Mosè: PROPHETAM DABIT VOBIS DE FRATIBVS VESTRIS ET NON ESTIMABITVR (vi darà un profeta scelto fra i vostri fratelli e a lui darete ascolto) Deuteronomio 18, 15.
La scelta dei quattro profeti e delle loro profezie pare pongano particolarmente l’accento su Maria in quanto Madre del Messia che darà alla luce e non tanto sulla venuta del Messia stesso.
Aggiungo che anche in questo caso l’ispirazione abbia a che fare sia con l’Ordo prophetarum che con il salmo dello Pseudo Agostino “Contra judaeos paganos et arianos”.
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Elena Biagini (da Fb):
Che danni fecero i protestanti francesi!
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Una delle più belle e per me affascinanti chiese romaniche di tutta la Francia. Sogno di vederla una volta dal vivo, come altri capolavori d’oltralpe.
In qualche modo me la ricordò la chiesa di Sainte-Croix a Bordeaux, visitata nel 2019, per la forma della facciata e per la ricchezza di decorazioni.
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