Sant’Angelo in Formis: parla Desiderio

E siamo tornati a Sant’Angelo in Formis, e la basilica ha voluto essere tutta nostra per qualche minuto, inaspettatamente vuota in una sera di settembre, usciti da poco gli sposi e gli ospiti dell’ennesimo matrimonio. Nel silenzio sospeso, abbiamo ammirato la chiesa e i meravigliosi affreschi, ancor più belli per il recente restauro; e abbiamo potuto dialogare un momento con l’abate Desiderio, che li volle e che ancora, dopo quasi mille anni, sta lì a ricordarci chi li realizzò, e in quali anni, e con quali pennelli.

Gli affreschi nella controfacciata e nella navatella
La navata

Gli affreschi di Sant’Angelo in Formis – è noto – costituiscono forse il più spettacolare ciclo pittorico romanico in Italia, e sono una delle massime realizzazioni del tempo in tutta l’Europa cristiana. L’opera dei frescanti (ne abbiamo parlato in quest’altro articolo) si stende in registri e riquadri per tutta la navata e anche nelle navatelle, dove gli episodi del Nuovo e dell’Antico Testamento dialogano tra loro e vicendevolmente si sostengono, e infine nella controfacciata, che accoglie un possente ed esteso Giudizio universale. Noi però siamo venuti fin qui, nei primi colli che si elevano sopra la cittadina di Capua, per guardare l’abside mirabile e – lo abbiamo anticipato – per scambiare due parole con Desiderio.

Il quale sta lì nell’abside, a sinistra, nella grande fascia che corre sotto il “catino” vero e proprio, dove giganteggiano i tre stupefacenti arcangeli, e apre così la parata che è chiusa, più a destra, un san Benedetto purtroppo molto meno fiammeggiante; sta lì, Desiderio, e con gli arcangeli e con Benedetto omaggia il grande Cristo che, più sopra, squarcia i cieli, “maestro severo dell’universo, che comanda e giudica implacabile”, secondo la Wettstein, ma anche “giudice dallo sguardo fisso”, secondo Raymond Oursel, attorno al quale “i simboli degli Evangelisti vagano in un firmamento ben troppo ampio, quasi lasciati alla deriva”. Sta lì, l’abate Desiderio, e dice molte cose interessanti; e per capire Sant’Angelo in Formis occorre, prima o poi, parlare con lui.

Desiderio ritratto nell’abside

Parla, Desiderio. Lo fa portando in mano il modellino della basilica in cui ci troviamo, e alzandolo verso il Cristo in gloria: dice in questo modo che è lui il “donatore”, e che per volere suo, e non di altri, la chiesa rende gloria al Signore così bella. In realtà anche Desiderio – che era il grande abate dalla grandissima abbazia di Montecassino, poco distante – aveva a sua volta ricevuto in dono la basilica di Sant’Angelo in Formis dal signore normanno di Capua, Riccardo Drengot, nel 1072.  Ma poiché è Desiderio ad essere raffigurato nell’abside, in posizione allo stesso tempo umile e di primissimo piano, noi siamo certi che proprio a lui si debbono gli affreschi che ci circondano: garantisce, questo ritratto dell’abate, che tutto qui fu fatto sotto la regia di Desiderio, il “principe” della potente Montecassino.

Parla, Desiderio. Mentre dialoghiamo con lui,  vediamo che è ritratto con un nimbo – un’aureola – che è quadrato e non circolare; e attraverso il suo nimbo quadrato Desiderio ci racconta che era ancora vivo, e ancora governava Montecassino e il suo vasto impero, quando fu ritratto nell’abside. Ci dice, quindi, non solo che tutto fu fatto per sua volontà, ma anche che tutto fu fatto prima della sua morte, avvenuta nel 1087, e che gli affreschi quindi datano all’ultimo quarto del XI secolo. E’ proprio Desiderio, così, a confermarci, per questo ciclo di affreschi, una datazione “alta”: non in molte altre grandi absidi era stato a quel tempo dipinto il racconto della seconda Venuta del Salvatore; e il Cristo in gloria di Sant’Angelo in Formis, voluto da Desiderio, è allora uno dei primi tentativi di rappresentare l’Ultimo Giorno secondo lo schema che il tempo romanico perfezionerà; e si giustifica, con questa datazione “alta”, il fatto che i simboli degli evangelisti, per seguire il duro giudizio dell’Oursel a cui abbiamo già accennato, sembrino un po’ vagare nel cielo intorno al Cristo, “rassegnati a non comporre intorno a Lui quella vorticosa unità di visione che nello stesso periodo iniziavano a realizzare entro i timpani tanti scultori, anche secondari”.

I tre arcangeli nella fascia sotto il catino dell’abside

E però qui nel cielo della basilica senza dubbio si respira una maestria ritrovata. E se qui, come a Montecassino, le pitture, pur ancora incerte nel movimento e nell’audacia, hanno però tratti e colori e maestà di primissimo livello, è perché proprio lui, l’abate Desiderio, a Montecassino aveva fatto giungere dall’Oriente fior di maestri, e dall’abbazia madre l’influsso di quest’arte “greca” si irradia anche a Sant’Angelo in Formis: se qui la prima pittura del tempo romanico ha un forte accento bizantino, e se grazie a Bisanzio si fa di nuovo, dopo secoli di apatia, colta e ricercata e finissima, pur se in cerca di un’anima nuova, dobbiamo tutto questo a Desiderio.

Parla, Desiderio. Ma all’ultima domanda – se cioè da Montecassino abbia inviato a Sant’Angelo in Formis proprio quei maestri chiamati da Bisanzio, o invece abbia incaricato giovani allievi locali formati nella scuola dell’abbazia – l’abate alza gli occhi verso il grande Cristo in gloria che lo sovrasta. Due dettagli, infatti, nella grande figura del Salvatore in trono di quest’abside, mostrano che non poté essere realizzata da un maestro greco: si tratta di due errori “di ortografia” – ci sono due lettere invertite nell’acronimo “ICXC” intorno al capo di Cristo, e c’è un “omicron”, cioè una “O”, al posto dell'”omega” nelle pagine del libro aperto nelle sue mani -, due errori compiuti da un pittore dal pennello molto ben addestrato ma… decisamente illetterato, che di certo non poteva aver studiato da Bisanzio. Ad affrescare la basilica “minore” sopra Capua non furono quindi maestri “greci”, ma le maestranze da questi formate alla scuola di Montecassino; che però hanno saputo aggiungere un vigore nuovo – forse rustico, forse campano, sicuramente “romanico” – alle storie affrescate, belle come un’icona bizantina ma rivitalizzate dai nuovi fermenti, di energia, di passione, di ansia escatologica, che nell’Europa del tempo stavano maturando in fretta.

Il Cristo in gloria nel catino dell’abside, circondato dai “Viventi”

La splendida basilica di Sant’Angelo in Formis ospita uno dei dieci cicli di affreschi che Before Chartres ha scelto per un volumetto prezioso: si intitola AFFRESCHI ROMANICI, DIECI CICLI imperdibilie propone, in un itinerario ragionato, il meglio della pittura romanica in Europa secondo gli appunti di viaggio di questo blog.

Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

3 pensieri su “Sant’Angelo in Formis: parla Desiderio

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Isabella Corrado (da Fb):
    Grazie per tutto quello che fate in una nazione in cui lo studio della storia dell’arte è molto trascurato , spesso è gestito da persone che non sanno o che non vogliono trasmettere tale conoscenza.

    "Mi piace"

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