Nell’estremo occidente della Cantabria, tra monti e boschi, due chiese si guardano a mezza giornata di cammino l’una dall’altra: la prima, Santa Maria di Lebeña, è sobrio rigore e linee rette – “che di scultura figurativa non ce n’è l’ombra”, scrivevamo dopo l’ultima visita -, l’altra invece, Santa Maria di Piasca, è ricca di pregevoli rilievi romanici: con i suoi due portali, i capitelli e gli archivolti, con le finestre decorate, con i modiglioni e le mensole, e infine con le due sculture a tutta persona poste in facciata, può soddisfare la brama degli appassionati – e dei fotografi – più esigenti.
La chiesa di Lebeña, peraltro, può ben dirsi preromanica. Santa Maria di Piasca, invece, è una bella costruzione decisamente romanica: la lapide in facciata certifica che la chiesa che vediamo fu consacrata nel 1172, edificata al servizio del sempre più potente monastero locale, fondato secoli prima, di cui non è rimasto nulla oltre all’abbaziale. Gli scultori di Piasca operarono, quindi, poco dopo la metà del XII secolo; la loro arte, aiutata da una pietra locale dura e resistente, è ancora in grado di sorprendere; e non senza ragione si parla di Piasca come luogo d’irradiazione, e dei suoi scalpellini come maestri in grado di porre i loro rilievi come modello di riferimento per tutta la regione.
Alcune tra le cento figure rappresentate nei rilievi di Piasca possono essere definite iconiche, note al grande pubblico anche attraverso i reportage condivisi dagli appassionati nei social (molto bello quello di Jagoda Stalmac nella Pagina Facebook Pasión por el Románico, da cui riproponiamo alcuni scatti). C’è il grande soldato in piedi con lancia e scudo che si impone come figura fuori scala nell’archivolto del portale in facciata; intorno a lui ci sono coppie di musici, e teste di fiere e di strani personaggi; su una delle colonne di destra, ancora, un san Michele che trafigge il drago sotto i propri piedi. Nel portale laterale, meno ricco di quello in facciata, ma decorato dagli stessi artisti, si incontra il bacio che due personaggi, raffigurati in primo piano, sembrano scambiarsi, e poi ancora musici, e monaci che sembrano lavorare ad una lunga tela. Un centauro tira con l’arco nella cornice curva della finestra dell’abside, e dalle mensole sirene e tritoni, con mole altre figure del mito, guardano in giù verso chi gira intorno all’abside.






Dell’opera bella degli scalpellini di Piasca resta qualcosa anche all’interno: si presta alle foto senza tema di deludere il capitello dell’adozione dei Magi, con quella sua impaginazione originale in cui quasi tutto il campo è tenuto dalla Sacra Famiglia, e i tre magi e i tre cavalli sono costretti a stringersi l’uno all’altro.
Ma il rilievo più ricco di fascino e di equilibrio, probabilmente, è il capitello che, in alto sotto la gronda della copertura dell’abside, racconta del sacrificio di Isacco. In questo pezzo mirabile, Abramo e l’angelo sembrano impegnati in un braccio di ferro, con il pugnale conteso al centro. Il patriarca, nell’impeto della devozione a Yavhé, è deciso a sacrificare il figlio, che tiene con violenza per i capelli; l’angelo, con un’azione quasi speculare, conduce invece verso la lama il montone. Ogni parte è modellata a rilievi grossi e potenti, e i volti possenti come quelli della statuaria tardoromana sono scolpiti davvero nella pietra: c’è tutta la bravura di una scuola, in questo rilievo, in cui sembrano fondersi il genio caotico del maestro di Cabestany e l’esecuzione tagliente di certi capitelli di Rebolledo de la Torre e di Aguilar de Campoo; non a caso, la lapide dedicatoria della chiesa di Piasca cita il nome di un maestro, Covaterio, e di un allievo, Juan de Piasca, e il nome di quest’ultimo tornerà, appunto, a Rebolledo.
Si badi, però: mentre si compie ogni sforzo per fotografare, da sotto l’abside, il capitello, è bene sapere che quella che si trova sottogronda è una copia, seppure molto ben eseguita. C’è chi ha avuto la fortuna di andare ad osservare da vicino il pezzo originale che, insieme ad altri canecillos tra i più belli e delicati dell’abbaziale, è stato conservato per un certo periodo nel museo diocesano di Santillana del Mar, al piano terra del chiostro di Regina Coeli: un bel racconto della visita a Santa Maria di Piasca, ma anche poi al museo di Santillana, si trova nelle pagine dedicate alla chiesa da Románicos perdido, un blog ricco e piacevole – il sottotitolo è Andanzas de dos jubilados, cioè “vagabondaggi di due pensionati” – a cui volentieri rimandiamo. Oggi? A Santillana dicono che il capitello di Abramo e Isacco è tornato a Piasca, ed è custodito là, da qualche parte negli ambienti in faccia alla splendida abbaziale…
P.S.: Ultimo avvistamento: nel novembre 2025, Iñigo De La Cuesta Jauregui segnala in un suo post (Pagina Fb Pasión por el romanico.) che il capitello è esposto nella cattedrale di Zamora, nel contesto della rassegna “Las Edades del Hombre”. E pubblica quattro preziosissime foto, che qui di seguito riproduciamo leggermente elaborate.




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Non c’è, questo pezzo notevolissimo, nel volumetto sui capitelli romanici che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E però ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI
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Un’altra rassegna di capolavori: altri venti capitelli, tra i più belli scolpiti nel tempo romanico, sono raccolti in questo volumetto. Before Chartres li guarda e li racconta con la consueta curiosa attenzione, e con quell’entusiasmo che, di fronte a pezzi così eccezionali, è inevitabile: CAPITELLI ROMANICI, altri VENTI CAPOLAVORI.

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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
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Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
Barocco senza saperlo! Che cosa eccezionale.
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Fabio Benini (da Fb):
S. Maria a Piasca secondo me è una delle chiese più piene di fascino di tutta la Spagna. Ora è la chiesa del paese, incredibile che fosse la chiesa di un grande monastero.
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Magda Viero (da Fb):
Una gioia tutta la zona. Come forse già detto, le zone lontane (magari povere eppure con storia antica) sono arrivate a noi nella loro bellezza. Per quanto riguarda Abramo e Isacco (in ebraico il Riv: sacrificio) è il passaggio storico che dice basta ai sacrifici umani: si sacrifica a Dio un caprio espiatorio.
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Esteve Roig Campama (da Fb):
La fuerza expresiva del rostro de Abraham es dificilmente igualable….
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Sublime la scultura che adorna la chiesa di Santa Marìa a Piasca, in Cantabria. Il portale con quelle molteplici ghiere scolpite in un modellato preciso e possente, le raffigurazioni nei capitelli all’interno come quello della Adorazione dei magi, o all’esterno sull’abside e nei cannecillos che reggono la gronda all’esterno.
Una scultura affascinante che come dici ricorda opere del maestro di Cabestany.
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Aldo Valentini (da Fb):
Guardando, ma nell’originale a Santillana, il volto sembra quasi l’opera di un cubista nella spigolosità, da solido geometrico, delle guance di Abramo, negli occhi… aspetto più attutito nella copia per la sede originale. Veramente stupisce il braccio di ferro che lo scultore ha mirabilmente rappresentato. Sfuggitami per mancanza di tempo cercherò di vederla nel mio prossimo viaggio in Spagna anche se le nuove regole turistiche (persino dichiarazione del conto corrente!) fanno un po’ spostare le programmazioni su altri luoghi (Francia, Salonicco, Armenia…)
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Clotilde Giurleo (da Fb):
S. Maria di Piasca. Ci sono capitata quasi per caso. Ci sono rimasta l’intera giornata. È bellissima ! Fai un riferimento al maestro di Cabestany, ma non ci ha lavorato… o sbaglio?
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No, non sbagli, Clotilde, il Cabestany non ha lavorato a Piasca. Ma il caos controllato del capitello del sacrificio di Isacco richiama, a mio parere, certe opere del Cabestany, in primis il capitello di Daniele a Sant’Antimo.
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