Payerne, la luce vaga delle finestrelle

Quasi tutti i siti che ne parlano, definiscono l’abbaziale di Payerne come la più grande chiesa romanica della Svizzera. E’ una sottolineatura tanto spesso ripetuta quanto scontata, e riduttiva: in realtà, quest’edificio può vantarsi di essere forse il luogo più dolce, e sereno, e chiaro di tutto il romanico, e non solo in Svizzera. La qualità principale di quest’abbazia non è la grandezza, ma la pulizia e la regolarità delle forme che si respirano nella navata, pur nella vastità dello spazio; e poche chiese più di questa di Payerne sanno accogliere il visitatore in un abbraccio di luce vaga, di pareti calde e regolari; e qui meglio che altrove la chiesa di un tempo e quella di oggi sembrano conciliarsi in un equilibrio immutabile, non scalfito nemmeno dalle antiche rughe della pietra rosea.

La facciata, quella sì, doveva essere più aggraziata nei secoli del medioevo, probabilmente articolata nella classica coppia di torri che affiancano il nartece. Ma una volta saliti dall’atrio attraverso la scala e la porta che dà accesso all’aula, lo sguardo abbraccia in un solo istante ogni elemento dell’architettura interna: il pavimento come di sabbia, i pilastri e le arcate tra il rosa e il grigio, la volta a botte segnata dagli archi trasversi sono come disegnati in un unico progetto coerente e continuo, che non ebbe e non ha ripensamenti; e il presbiterio e l’abside, dopo l’intersezione tra la navata e il transetto, costituiscono il perfetto compimento, la risposta che l’occhio cercava fin da suo primo passo nella chiesa.

Le arcate della navata e, in alto, le finestre
La navata, l’abside e le finestrelle

In alto, dove le pareti si incurvano nella volta, le inconfondibili finestre di Payerne, piccole, in fila, forano le pareti là dove possono, in quella fascia stretta di muro in cui questo dialoga con l’esterno. In quella fascia stretta, le navate laterali cessano di fiancheggiare la parete, e permettono così alle aperture di trovare finalmente uno spazio; e come in un tenero incantesimo, le finestre si incurvano, salgono cioè un poco fin dentro alla volta, per conquistare e offrire alla navata qualche decimetro in più della luce esterna.

Chi studia il romanico sa che queste finestre incurvate hanno un significato cruciale: mostrano infatti quanta fatica fece il romanico per dar luce alle sue chiese, fino a quando non seppe ricorrere alla volta a crociere; ma nello spazio bellissimo e perfettamente coerente dell’abbaziale, quei punti di luce non costituiscono affatto un limite o un neo, e sono invece le più belle note, soffuse e toccanti, di un’aria musicale in cui non cambieresti un solo accento.

Payerne segna così un punto fermo, imperdibile. L’abbaziale che vediamo, realizzata in queste forme tra XI e XII secolo, è il capolavoro di un epoca alta – quella in cui a dettare il canone era ancora la seconda Cluny, e la rivoluzione delle volte a crociera era ancora di là da venire, e ancora il romanico si ergeva senza ricorrere ai matronei, o all’alternanza dei sostegni, o al deambulatorio fiorito… -. Ma anche di quest’epoca più semplice e piana – nella chiesa il predominio dell’architettura è completo, e vi rispondono solo alcuni capitelli scolpiti nel capocroce e pochi affreschi nel nartece – la basilica di Payerne certifica l’altissima qualità costruttiva. E possiamo ben dire che gli architetti dell’abbaziale misero in opera tutto ciò che si era imparato a fare fino ad allora, e che in nessun progetto, e in nessun cantiere, e in nessuna chiesa l’arte del costruire fu utilizzata con più puntigliosa cura, con più pulizia e con esiti migliori di quelli che sono stati raggiunti qui a Payerne.

~    ~    ~

L’abbaziale (foto: static.mycity.travel, elab.)

C’è molta cura, a Payerne, anche intorno alla conservazione della chiesa, restituita al suo splendore dal restauro concluso nel 2020. E’ c’è molta cura nella proposta di fruizione fatta ai visitatori: in primo luogo perché lo spazio, reso museale, sottratto da molto tempo alle celebrazioni religiose, consente che l’interno sia scevro da arredi e si mostri nella sua più lineare purezza; tutto questo ha inoltre permesso ai gestori del sito monastico – oltre alla chiesa, restano a Payerne alcuni degli edifici abbaziali – di organizzare al meglio la proposta fatta ai visitatori. Nella pagina dedicata alla chiesa dal sito MiniMe Explorer, attento soprattutto al rapporto tra i bambini e i luoghi storici e culturali, sono ben sintetizzate le particolari modalità in cui è possibile godere, prenotando per tempo e secondo gli orari di visita, di una originale e piacevole esperienza immersiva. A chi sceglie di fare questo percorso sono proposte sofisticate audioguide in lingua (ma l’italiano manca!), plastici, ricostruzioni multimediali, video che appaiono sui muri e sui pavimenti delle navatelle, e perfino un filmato sulla vita dei monaci proiettato sul soffitto dell’antico dormitorio, da vedere sdraiati su panche legno, dure come potevano essere, nei secoli d’oro della comunità, i letti dei giovani novizi di Payerne.

.

La Lombardia “alta” è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Questo itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Gravedona ad Almenno San Bartolomeo, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che i hanno lasciato nelle chiese delle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

.

Centocinquantuno pagine per raccontare l’Abruzzo, una terra fiera, in cui l’arte romanica è fiorita rigogliosa. Raccolgono e raccontano le grandi chiese e le grandi abbazie isolate, l’arte vivacissima di Ruggero, Roberto e Nicodemo, e i loro splendidi arredi pieni di girali, mostri, animali e piccoli uomini nudi, e ancora i portali e gli architravi, gli amboni e i cibori… Il viaggio nell’Abruzzo romanico non delude mai, e così non delude il nuovissimo volumetto ITINERARI alla scoperta DEL ROMANICO IN ABRUZZO, che raccoglie gli appunti di viaggio di Before Chartres.

.

All’Alvernia, regione antica della Francia centrale, è dedicato un nuovo splendido volumetto. Si intitola LE NOVE PERLE (e le altre meraviglie) DELL’ALVERNIA ROMANICA e raccoglie tutti insieme i numerosi articoli che il blog Before Chartres ha dedicato ad una terra magica, ricca di grandi architetture absidali e di bellissimi capitelli.

.

2 pensieri su “Payerne, la luce vaga delle finestrelle

  1. Magda Viero (da Fb):

    L’ho vista restaurata nel 2020. Si dice che la fondatrice sia stata la imperatrice Adelaide di Borgogna figlia di Berta (ava di Matilde di Canossa). Soprattutto nella ala ovest si percepisce il romanico Franco Borgognone. Fa impressione la maestosità che domina il centro ancora tutto medioevale.

    "Mi piace"

  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Sicuramente un’architettura nitida e pulita come la descrivi, sensazione accentuata dal fatto di essere spoglia dei normali arredi di una chiesa officiata. Una pulizia evidente nel chiarore delle murature, esaltato dal fluire della luce. Per contro una pulizia anche dovuta all’estrema semplicità dei sostegni con minimi capitelli, raramente scolpiti, che quindi non interrompono il libero fluire dello sguardo dai pilastri agli archi trasversali sorreggenti la volta a botte.

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a Paolo Salvi Cancella risposta

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.