Nel ventre suadente di San Corrado

Lo dico qui, nelle prime righe: la visita alla chiesa di San Corrado, a Molfetta, è tra i ricordi più belli del viaggio nel romanico di Puglia; e non sono certo il rigore delle forme o la precisione delle architetture, che permettono a questa chiesa di competere con le altre grandi realizzazioni della regione, con le cattedrali di Trani e di Bitonto, con lo stesso San Nicola a Bari: premia San Corrado, al contrario, il suo essere, sia fuori che dentro, una costruzione strana, originale, coraggiosa e imperfetta.

Una veduta di San Corrado al limitare della città sul mare (foto: fondoambiente.it)

Il paragone tra la cattedrale di Trani e questa di Molfetta – anche San Corrado nasce cattedrale, ed ora però non ha più né titolo né ruolo – si impone, e forse è anche d’aiuto. Di queste due magnifiche chiese, entrambe costruite quasi sul mare, la prima, Trani, è la più spettacolare tra le chiese romaniche pugliesi costruite in forma di basilica, con copertura in legno, secondo la lezione “normanna”; San Corrado è invece la più grande tra quelle ispirate all’Oriente, e quindi coperte con cupole in asse. Il suo aspetto esterno richiama, con proporzioni di molto maggiori, l’esempio più puro di questa scuola di chiese, la chiesa di Ognissanti a Valenzano: anche qui a Molfetta, infatti, ad un volume solido e unitario, si sovrappongono lungo l’asse longitudinale tre tiburi, sormontati tutti e tre dalle cupole coperte con tetti a spioventi.

Un capitello e, dietro, l’imposta di una cupola

Rispetto al parallelepipedo fin troppo composto di Valenzano, il San Corrado di Molfetta mostra un’articolazione più netta e mossa, che ne aumenta il fascino: per via del tiburio centrale più alto, per via della particolare facciata occidentale a più volumi e forse incompiuta, per via delle due alte torri che si ergono nella parte absidale. Il risultato è un edificio spigoloso, certo, ma modulato nelle forme in modo particolarissimo, e particolarmente efficace. La chiesa, lo sottolineano tutti gli studiosi, non sorge più, come in origine, a pochi metri dall’acqua; la costruzione delle ampie banchine che la allontanano dai flutti, comunque, non ha scalfito la bellezza di questo angolo di medioevo.

La grande aula che costituisce l’interno della chiesa
La pianta con le evidenti irregolarità

L’interno è forse ancora più affascinante. Si accede alla chiesa da un portale sul lato a meridione, e quindi da una delle navate laterali; però l’impressione è quella di essere entrati non in una basilica, ma in uno spazio vasto e unitario, in cui navatelle e navata sono fuse in una grande aula unica, ariosa, accolta tutta sotto l’alta cupola centrale più ancora che indirizzata verso l’abside.

La pianta, per via delle successive campagne costruttive, succedutesi nel corso del XII secolo e della prima metà del XIII, è sghemba e incerta: eppure, forse anche per questo, tutto intorno al visitatore il costruito si muove come mosso da un vento dolce e caldo. La Belli D’Elia parla di un interno “sapientemente mosso e articolato, vibrante di una vitalità incontenibile, affidata al sapiente gioco delle forme concave e delle luci”. E aggiunge che

non si può non nutrire ancora oggi ammirazione per la sapienza costruttiva dei maestri molfettesi. Una sapienza senza dubbio di tipo artigianale più che scientifico, frutto di una lunga tradizione, di perfetta conoscenza dei materiali, di capacità inventiva più che di calcolo. Ma capace, proprio per questo, di produrre risultati di un eccezionale fascino e vitalità, che coinvolgono attivamente lo studioso, provocato a scomporre il meccanismo apparentemente perfetto per svelarne il segreto.

Le tre cupole e i pilastri osservati dal basso

Proviamo anche noi e indagarne il mistero, lasciandoci provocare. E notiamo come solo quattro imponenti pilastri compositi, oltre ai muri perimetrali, reggono l’intera copertura; così che questa chiesa ha tre navate, sì, ma sembra un’unica sala, ed è orientata verso l’abside, come dicevamo, ma il suo punto di equilibrio sta al centro. Osservandoli dal basso, quei quattro grandi sostegni, insieme a quelli che si intuiscono lungo le pareti, sembrano le zampe di un gigantesco ragno che ci sovrasti, e addirittura lentamente si muova sopra di noi.

Davvero vale la pena di entrare, in San Corrado, per la sua dimensione architettonica – e dovremo tornarci, ovviamente, per dire di certi elementi della sua decorazione scultorea -. Davvero vale la pena di entrare in San Corrado, anche se si accede dalla porta di servizio: la sua mole, posata tra le barche e le case e il mare e il cielo, e sollevata in alto dalle sue torri diritte, gode di grande fama; ma il suo interno è una sorpresa grande, una sfida, un abbraccio suadente, con cui i costruttori romanici hanno saputo proporre un modo nuovo e originale di declinare in pietra il loro sforzo e la loro preghiera.

Una veduta di Molfetta (foto: Fondoambiente.it)

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9 pensieri su “Nel ventre suadente di San Corrado

  1. Magda Viero (da Fb):

    Immaginarla protesa a picco sul mare. Un po’ faro un po’ castello difensivo. Molte chiese avevano anche questa caratteristica. L’interno è sobrio e nello stesso tempo… appunto un abbraccio.

    Uno dei più bei romanici pugliesi, la cattedrale di San Corrado (Corrado un santo controverso nel senso che esattamente non si sa cosa abbia davvero fatto: arriva dalla zona germanica avrebbe dovuto intraprendere una carriera ecclesiastica ma divenne monaco cistercense. Forse andò in Palestina. Rientrò e morì presso Molfetta. Anni 1150 circa). La parte più interessante sono i tre strani finestroni sul retro.

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  2. Carla Maschio (da Fb):

    Nell’articolo non viene citata la facciata occidentale, stratta tra i vicoli, dove si possono ammirare finestre e sculture fiorite. San Corrado è bella dentro e bellissima fuori, e bisogna dire che è collocata in un centro cittadino sul mare che è uno dei più belli della Puglia.

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Da tempo conosco San Corrado per la sua peculiare caratteristica della tre cupole in asse, tipica del romanico pugliese di impronta bizantina o orientale. Conoscenza da quando la studiavo oltre trent’anni fa al Politecnico di Milano e che purtroppo è rimasta sui libri e sui post recenti che leggo qui e nei social.
    Nonostante i numerosi viaggi in Puglia, questa zona intorno a Bari mi manca, ed è la più grande lacuna che mi porto dentro.

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  4. Adalberto Malorzo (da Fb):

    Da visitare, a Molfetta, la Chiesa dei martiri, e nella chiesa il sepolcro di Cristo, costruito con le pietre della Terra santa, trasportate dai marinai molfettesi. A fianco alla chiesa alloggio dei Crociati.

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