Bisarcio, romanico sardo (in ritardo)

Si attraversa, avvicinandosi a Sant’Antioco di Bisarcio, un altro di quei varchi magici che, come per incantamento, ci immergono nel tempo specialissimo che fu il medioevo. Posta in alto, possente, a dominare la piana brulla che la circonda, con il campanile mozzato che pare una torre, l’antica cattedrale sembra quasi un castello di guardia. Come spiega benissimo Renata Serra, “l’edificio si raggiunge per un sentiero scosceso, che ne rivela gradualmente le imponenti strutture in scura trachite, con tonalità diversissime dal marron cuoio al rosso purpureo, chiazzate di muschi”. Gli interventi più recenti hanno forse tolto un po’ della patina fascinosa, e un po’ del muschio; resta però indubitabile quanto la studiosa sottolinea, e cioè che per la natura del sito, per la posizione panoramica in cui è stata costruita, per la qualità dell’architettura e delle sue finiture, la basilica di Sant’Antioco è tra le più interessanti tappe di un itinerario romanico in Sardegna.

La basilica, uno scorcio dal basso (foto dal sito monumentiaperti.it)

Nonostante la collocazione in area rurale e la solitudine dell’edificio – oggi accentuata dal fatto che siano andati quasi completamente perduti gli edifici che lo circondavano – siamo di fronte, dicevamo, non ad una chiesa abbaziale o a un santuario, ma ad una cattedrale. Costruita poco dopo la metà del XII secolo, questa chiesa primaziale dell’antica diocesi di Bisarcio sorge sulle fondamenta della cattedrale precedente, databile ai decenni dopo il Mille, altrettanto vasta, quindi, e anch’essa collocata in area extraurbana: Sant’Antioco così è anche un testimone potente dell’organizzazione ecclesiale di questo territorio, in cui i vescovi potevano svolgere la loro funzione religiosa – e contemporaneamente amministrare il territorio da loro posseduto come signori laici – da cittadelle costruite quasi con questa specifica funzione. Qui a Bisarcio non resta nulla, dicevamo, del complesso delle costruzioni accessorie, ma vedremo tra poco come le tracce della presenza di un vescovo, e della sua corte, ci vengono tramandate proprio in quella che è la parte più caratteristica della basilica cattedrale del XII secolo, cioè il nartece.

La chiesa e il nartece (foto dalla Pagina Facebook della basilica cattedrale)
L’interno del nartece (foto: Sergio Melis)

In una terra, la Sardegna, in cui le numerose basiliche romaniche sono caratterizzate, quanto alla struttura e all’organizzazione degli spazi, da una rigorosa e quasi povera semplicità, Sant’Antioco si distingue, e cambia volto, proprio per la presenza di questo spazio, massiccio ma non per questo inelegante, addossato alla facciata. Il volume di questa costruzione occidentale, edificata intorno al 1170 e quindi qualche decennio dopo il completamento della nuova cattedrale, è articolato su due livelli: un piano basso in forma di vano di accesso porticato, voltato con sei crociere rette da pilastri cruciformi, e un piano alto chiuso, a cui si arriva attraverso una scala nel muro, dove trova collocazione anche una cappella utilizzata dal vescovo per le proprie celebrazioni private, e probabilmente per le udienze e gli incontri diplomatici. Si ripete quindi qui, anche se mancano le aperture sui lati sud e nord, il modello del nartece francese, perfettamente realizzato a Perrecy-les-Forges e a Chatel-Montagne. E si conferma come in questa terra sarda l’architettura medievale sia segnata da una diffusa influenza pisana – l’interno della chiesa è semplice, con una copertura in legno sorretta da due file di colonne, e con volte a crociera sulle navatelle – ma anche da un vento di novità che arriva dalle terre d’Oltralpe e in particolare dalla Borgogna, fucina di innovazione in ambito religioso e, di conseguenza, in ambito architettonico.

L’interno della basilica cattedrale (foto: Sergio Melis)

Sant’Antioco, con la sua mole, con l’abside alta, con il fascino del non finito e del diruto – e anche con la facciata del nartece stesso, compiuta a destra e decorata di fino, e ricostruita in muro grezzo, invece, nella metà di sinistra – è davvero un’immagine iconica del tempo romanico. Quando il clima o l’oscurità sfumano la visuale – lo dicevamo in apertura – è in grado di accompagnarci indietro nel tempo di diversi secoli, e di mostrarsi come una delle realizzazioni del romanico compiuto; e quasi fa fare alla produzione architettonica sarda del periodo un vero e proprio salto di scala, nel romanico “europeo” che immagina la chiesa come un complesso articolato di volumi pesanti, e non più come una semplice basilica.

Da Sant’Antioco, allora, ci lasciamo portare indietro nel tempo. Lo facciamo socchiudendo gli occhi, ma senza chiuderli del tutto: mentre è innegabile che la cattedrale di Bisarcio, soprattutto per il suo nartece, porta in Sardegna quella potente misura di complessità che è propria del romanico, è anche vero che lo fa pochi decenni prima del Duecento. E non possiamo dimenticare che la chiesa più romanica dell’isola, così, poté dirsi compiuta cinquant’anni dopo la facciata di Chartres, già gotica; e che mentre a Bisarcio si costruiva il nartece in cui tenne consiglio il vescovo, nell’Île-de-France già salivano verso il cielo, in gara tra di loro, le novissime cattedrali cittadine di marmo, di vetro e di luce.

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6 pensieri su “Bisarcio, romanico sardo (in ritardo)

  1. Paolo Guerra (da Fb):
    Questa forse è la più bella tra le chiese romaniche dell’isola. Ma non ci sono solo quelle grandi, costruite come le basiliche pisane: la Sardegna ha anche molte altre bellissime chiese minori, ancora più caratteristiche. Alcune hanno anche una strana doppia abside.

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  2. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Aldo Valentini (da Fb):
    Sbarcato in Sardegna alcuni anni fa, con una nuova passione: per l’architettura e più in generale per l’arte medievale, sia romanica che gotica,la prima sosta fu proprio questa. Notai questa fase transizionale, certamente tu potresti sottolineare quella che è stata definita l’influenza borgognona, e questa assenza (mi sembra di ricordare) nei rilievi nei capitelli, di quel bestiario e di quelle scene bibliche tipiche del romanico, quasi a ricordare già una fase cistercense. Mi piacque il nartece e la scala che portava agli ambienti dell’allora vescovo di Bisarcio, che da una finestrella poteva osservare, non visto, i fedeli. Un bellissimo ambiente interno, con quella presenza “romanica” di pilastri e colonne però non alternata. Grazie Giulio Giuliani. ARTICOLO DA LEGGERE!!!

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    I rimandi d’Oltralpe di Sant’Antioco di Bisarcio sono evidenti e chiaramente dovuti al fatto che della fondazione e costruzione furono promotori i monaci Vittorini di Marsiglia. Quindi da ciò deriva la particolare originalità della struttura e una certa dissonanza con le tipiche costruzioni romaniche sarde.
    Anche altrove in Sardegna avremo altre costruzioni (Cagliari) opera dei Vittorini marsigliesi.

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  4. Gianluigi Vezoli (da Fb):
    Sarebbe interessante vedere una ricostruzione in 3D della chiesa con l’edificio che era annesso al nartece e che probabilmente era il Vescovado, come dicono le guide sul posto. Certo è che questi insediamenti religiosi extra moenia, non monastici, destano particolare curiosità ed interesse.

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