Stupisce, risalendo la Sardegna da Cagliari a Olbia lungo la via delle grandi chiese romaniche, come queste siano marcate da alcune caratteristiche comuni – almeno tre, tutte evidenti se si osservano le piante degli edifici – che ritornano con affascinante regolarità.
La prima regola a cui le grandi chiese romaniche sarde sembrano sottostare docilmente è l’impianto basilicale, semplice, a tre navate; un impianto che si legge, da subito, anche guardando le facciate che, per coerenza, sono impostate secondo lo schema tipico della “basilica”, tripartito e a salienti. La seconda caratteristica è il rifiuto del transetto, e anche questa peculiarità è ben evidente osservando dall’esterno le chiese romaniche sarde: le quali tutte, per quest’assenza, mostrano uno sviluppo assolutamente lineare del corpo di fabbrica, che non ha sobbalzi, non ha interruzioni. E’ lontanissimo il gioco di volumi che in altre regioni è dato proprio dall’incrociarsi di navata e transetto, che comporta a sua volta un tiburio, una cupola, una torre… Niente di tutto questo in Sardegna, terra senza transetti. La terza costante nel romanico dell’Isola – viene dalle coeve esperienze toscane? – è la terminazione della chiesa con una sola abside. E concludendosi così, con un’unica abside, quella centrale – non con tre, o con cinque, o con un deambulatorio con absidi a raggiera… – le chiese sarde ribadiscono anche nella parte orientale, tutte insieme, la radicale essenzialità della loro struttura.
Da sud a nord rispettano queste tre regole – impianto basilicale, assenza del transetto, una sola abside – nove delle quattordici chiese a cui dedica una scheda estesa il volume “Sardegna” della collana “Italia Romanica”: hanno una pianta praticamente identica Santa Maria a Tratalias e Santa Maria a Uta, San Pantaleo a Dolianova, la Cattedrale a Santa Giusta, Santa Maria del Regno ad Ardara, San Pietro a Bosa, Sant’Antioco di Bisarcio – che sola si permette un nartece più alto della navata -, San Pietro di Sorres a Borutta e infine San Simplicio ad Olbia. San Gavino a Porto Torres si distingue per quell’abside ulteriore in facciata, che si oppone alla solita singola abside di fondo… Il romanico in Sardegna è anche altro, certo, e la notissima Saccargia ha schemi diversi. Ma insomma, dieci delle principesse del romanico sardo sono fatte così: lineari, e si può dire sobrie, e si potrebbe anche dire povere.
Sì, povere. Di una povertà che fa pensare, “a contrario”, alla ricchissima Alvernia. Non so se è già stato tentato, da qualche studioso, un confronto tra le due regioni, l’Alvernia, appunto, e la Sardegna. Eppure va fatto, perché entrambe sono “abitate” da un gruppo di chiese molto simili tra loro, ma queste due “famiglie”, queste due “scuole” stanno all’opposto come il sole e la luna: ricche e fiorite le chiese d’Alvernia, specie nel gioco dei volumi, secche e sobrie quelle di Sardegna; segnate, quelle d’Alvernia, da un potente gioco di masse proprio all’altezza del transetto, che addirittura si innalza ipertrofico nel massif-barlong, e invece prive di qualsiasi gioco di volumi quelle sarde; le quali ultime terminano sempre con una sola abside, mentre la famiglia alverniate della proprie parti absidali fa un fiore sbocciato, ampio, complesso, orgoglioso.

San Gavino a Porto Torres
Le due “scuole” sono antitetiche anche quanto agli interni: evoluti quelli d’Alvernia, dove le chiese sono sempre coperte da volta in pietra, quasi tutti coperti in legno quelli sardi. E infine le decorazioni a rilievo: alla messe di capitelli istoriati e splendidi d’Alvernia, la Sardegna risponde con la semplicità disarmante dei suoi sostegni. La Sardegna, insomma, sta all’Alvernia come il povero Lazzaro sta al ricco Epulone: osserva dal basso in alto la tavola altrui imbandita, ed è costretta a contentarsi di un pranzo ben differente da quello servito alla mensa dei potenti. Deve solo sperare che chi guarda le sue chiese sappia qual è la vera ricchezza, e quanto conta, alla fine, l’opulenza sfacciata, e quanto paga, invece, la sobrietà faticosa di chi è nato povero.

Sant’Antioco in una bella foto di Debora Spanu (@deboraspanu)
È il più bel momento concessomi da fb. Vorrei potervi leggere molto di più. Andrò alla ricerca di post precedenti
"Mi piace""Mi piace"
Grazie, Enza! Ma non vedo la difficoltà: sei già qui, su Beforechartres.blog, e hai tutti gli articoli a disposizione. Sulla barra rossa in alto, alla voce “I LUOGHI ROMANICI”, hai l’elenco di tutti gli appunti, in ordine alfabetico per località; e alla voce “I CONCETTI ROMANICI” hai l’elenco degli articoli che trattano temi più complessivi, sempre utili per comprendere il romanico…
"Mi piace""Mi piace"
Vero. E pero’ il raro e straordinario succorpo in facciata, il galilèe, di Sant’Antioco di Bisarcio…uno splendido guizzo improvviso.
"Mi piace""Mi piace"
Mariavaleria Pianetta (da Fb):
Come sempre interessante.
"Mi piace""Mi piace"
Luca Mariotti (da FB):
Il romanico sardo non esiste .. esiste il romanico in sardegna: (esiste il romanico pisano in Sardegna e altre chiese romaniche che sono degli unicum come stile).
"Mi piace"Piace a 1 persona
Interessante sottolineatura. Forse è il caso di articolarla un po’ meglio: così com’è espressa non credo risulti molto gradita ai Sardi. 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Luca Mariotti (da Fb):
Ma in sintesi è verità… La stessa chiesa nella foto è in chiaro stile romanico pisano.
"Mi piace""Mi piace"
Con tutto il rispetto per “lo stile romanico pisano”, che ha portato le sue influenze senza dubbio in Sardegna, non per questo tratterei la Sardegna come una terra in cui il romanico è o strambo, o roba d’importazione fatta da Piasani. Anche i Lombardi, forse più dei Pisani, hanno esportato in altre regioni maestranze e modalità di costruzione… Ma parliamo di “romanico catalano”, non di “romanico lombardo in Catalogna”.
"Mi piace""Mi piace"
Luca Mariotti (da Fb):
Lo stile romanico pisano ha delle caratteristiche ben precise un modo di costruire particolare e queste caratteristiche si ritrovano identiche in Sardegna.. Se io chiedo quali sono le caratteritiche precise del romanico sardo nessuno le sa dire.. Una chiesa romanica in Sardegna può essere presa e messa a Pisa e nessuno nota la differenza.. In Catalogna lo stile lombardo è stato cmq riadattato in Sardegna no.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Beh, questa mi sembra una forzatura (ne facciamo tutti, di forzature, sia chiaro!). E cinicamente aggiungo che qualche differenza tra le chiese sarde e quelle pisane, io la vedo, e non rende merito ai capolavori pisani metterli sullo stesso piano delle sobrie chiese sarde.
Nell’articolo sottolineo molto questo tema dell’essenzialità, della sobrietà, della povertà delle chiese romaniche di Sardegna (di molte di esse); e questo tratto, io credo, le distingue chiaramente. Poi insomma ci siamo capiti, e la questione si gioca molto sulle terminologie usate.
Quello che vorrei evitare è di parlare della Sardegna come di una terra in cui un ciclo importante di chiese è stata costruito dai Pisani “colonizzatori”, annullando l’idea di un’inculturazione anche locale, sarda, di maestranze anche locali, sarde, di linguaggi e materiali e consuetudini anche locali, sarde.
"Mi piace""Mi piace"
Luca Mariotti (da Fb):
Preciso che non voglio puntare sulla idea di Pisa colonialista e Sardegna sottomessa.. La Sardegna è stupenda ci sono stato alcune volte e la amo.. Le maestranze locali, materiali locali ci sono e nessuno le nega ma quello che voglio dire è che lo stile è quello pisano.. La sobrietà essenzialità e povertà si ritrova anche in alcune chiese romanico pisane a Pisa.. certo che non tutte le chiese sono fatte tutte uguali con lo stampino anche a Pisa le chiese romanico pisane non sono tutte uguali ma la caratteristiche tipiche del romanico pisano ci sono.. bicromia delle pareti, grosse arcate cieche soprattutto in facciata, bacini ceramici incastonati, losanghe, archetti ciechi che finiscono a terra tramite semicolonne nell’abside .. faccio un esempio la chiesa di San Frediano è più sobria del duomo o San paolo a ripadarno e non ha la bicromia ma le altre caratteristiche del romanico pisano ci sono tutte
"Mi piace""Mi piace"
D’accordissimo. Grazie del contributo/dei contributi. Siamo in linea e ripeto: parlando delle terre di Sardegna, cerco di evidenziare un humus sardo nelle chiese del percorso… Poi che questo humus sardo ci sia, ciascuno lo misura a modo proprio, e forse il modo migliore per misurarlo è…. andare in Sardegna ad annusare l’aria e le pietre. 🙂 Tu l’hai fatto, speriamo che lo facciano in tanti.
"Mi piace""Mi piace"
Gianluigi Vezoli (da Fb):
Io sto trovando molte chiese romaniche biabsidate, che, queste sī, mi paiono una caratteristica sarda rispetto al continente.
"Mi piace""Mi piace"
Intendi biabsidate alla San Gavino a Porto Torres, con absidi contrapposte, o intendi quelle stranissime chiesette con due navate e due absidi parallele? 🙂
"Mi piace""Mi piace"
Gianluigi Vezoli (da Fb):
Due navate parallele con absidi, 3 fin’ ora nel sud sardo: Serdana S.M. Sibiola, Sestu San Gemiliano, Villaspeciosa San Platano.
"Mi piace""Mi piace"
Si, è una caratteristica del territorio sardo… Volevo confrontare queste chiese con la cripta di Leyre, anch’essa tagliata in due dalla fila mediana di sostegni… Ma a Leyre c’è un’abside sola… è tutto diverso. https://beforechartres.blog/2019/09/09/leyre-la-cripta-che-spiazza-i-fotografi/
"Mi piace""Mi piace"
Tiziana Palandrani (da Fb):
Sobrietà che avvicina lo spirito a Dio. Amo il romanico espresso dalla mia isola.
"Mi piace""Mi piace"
Ma, a me sembra che sfugga a molti l’influenza provenzale e la sua rielaborazione sarda. La presenza dei Vittorini di Marsiglia rende comprensibile la stessa fioritura romanica sarda, quasi un manifesto del riavvicinamento della sua chiesa a Roma.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Vero. Provenza (e Toscana) coltivano le radici del romanico sardo. Giusto sottolinearlo.
"Mi piace""Mi piace"
gran bell’articolo! le piante con doppia navata, la più antica si trova a Cagliari “San Lorenzo di Buon Cammino” del 1200 (che ha perso le absidi per un adattamento del ‘700), sono probabilmente da ricondurre ad impianti precedenti, bizantini o addirittura punici, teoria supportata da alcuni edifici rinvenuti a Nora, tempi che dovevano ospitare un doppio culto (probabilmente al sole ed alla luna). La basilica di San Gavino a Porto Torres invece non ha un abside in facciata, infatti la facciata è il lato lungo che ospita l’ingresso principale, proprio come nelle basiliche romane.
Mi sentirei di confermare in quanto la Sardegna a quel tempo era divisa in diversi stati più o meno democratici, governati a volte da locali a volte da pisani, da genovesi, dagli aragonesi, di non poter parlare di Romanico Sardo, ma di differenti manifestazioni del Romanico in Sardegna, alcune dovute anche ad iniziative monacali indipendenti e spontanee di scuola anche francese e sparse soprattutto nei territori extraurbani
Stefano
"Mi piace""Mi piace"
Grazie, Stefano, per aver segnalato come impropria la definizione della seconda abside di San Gavino come “in facciata”. Si può parlare di abside “in facciata” per certe chiese imperiali nel nord Europa, dove comunque l’accesso è previsto sul lato breve pure se occupato da un’abside. A San Gavino, come in San Pietro a Grado, non c’è accesso sul lato breve, che quindi non è propriamente una facciata. Ho corretto.
"Mi piace""Mi piace"
Al contrario di quanto affermato qui sopra, io invece ritengo si possa riconoscere uno stile propriamente sardo, con indiscutibili forti influenze pisane, ma anche provenzali.
Per lo stesso motivo si parla di romanico umbro e non lombardo, che tante sono le ascendenze e le opere dei maestri comacini in tutta Italia.
Le assonanze con il romanico pisano sono comunque notevoli e frequenti, ma non c’è dubbio che lo sviluppo porti a costruzioni originali, in alcuni dettagli ricorrenti (gli archetti su semplici peducci aggettanti e la loro tipica conformazione si differenzia da quelli pisani) e nella scelta dei materiali costruttivi tipici dell’isola, che le differenziano notevolmente con gli esempi continentali.
Segnalo che anche a Lucca nella quasi totalità dei casi (tranne una sola) le chiese hanno un’ unica abside.
Quanto alle chiese biabsidate sarebbe da vedere se sono antecedenti alla pisana San Piero a Grado, la cui seconda abside fu un’aggiunta successiva.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie, Paolo. Sempre attento ai dettagli stilistici, ci aiuti ad accorgerci anche delle sfumature culturali da cui derivano.
"Mi piace""Mi piace"
Marcello Cabriolu (da Fb):
Permettetemi una piccola riflessione: parlare di romanico è troppo generico perché presuppone un unico stile/fase che tecnicamente non rispetta la realtà. Se si ragiona sulla storia dell’arte si vede un prodotto chiuso e univoco, se si ragiona archeologicamente si vede che quel prodotto è il risultato di più fattori che sono precedenti al periodo canonico dello stile indagato o sono anche successivi al periodo e ne imitano le caratteristiche. Non sono esperto di tutte le chiese citate, ma per cognizione di causa vi posso dire che é la situazione di San Simplicio in Olbia. Una non citata é Sant’Antioco Martire a Sant’Antioco dove le successive maestranze vittorine cercarono di emulare la tecnica costruttiva bizantina… situazione che si può osservare anche a San Saturnino a Cagliari. L’elemento chiave in tutto ciò sono le murature e i tagli, ma soprattutto le unità di misura relative ai diversi periodi che per San Simplicio dettano tempi precisi e si discostano dal Romanico, pur ammirando attualmente gli adattamenti successivi dovuti alla forte azione della Chiesa a seguito dello Scisma d’Oriente e della Riforma.
"Mi piace""Mi piace"