Com’è vecchio, davvero, Giuseppe, ai nostri occhi! Non si tratta tanto di una questione anagrafica; piuttosto, se lo sposo di Maria, così com’è narrato dalla tradizione cristiana e così com’è rappresentato nell’arte romanica, ci appare lontanissimo dal nostro modello di vita, lento, assente, addirittura goffo, e quindi anziano, è perché fa cose che il nostro tempo non contempla più come utili: Giuseppe infatti tace, medita, ascolta; sta in disparte; dorme, e mentre dorme sogna; ed è capace di porsi domande, interrogandosi continuamente sul senso delle cose.
Tre sono le modalità di rappresentazioni tipiche di Giuseppe nell’arte romanica. Appare molte volte nelle scene del ciclo della Natività e dell’Infanzia di Gesù, in disparte, spesso seduto, spesso con gli occhi chiusi. Lo incontriamo di nuovo, poi, in cammino, là dove gli scultori romanici hanno voluto raccontare della fuga della sacra Famiglia in Egitto, a cui sarà bello dedicare una pagina a sé stante. E’ più raro infine – e però dà luogo a veri capolavori come il capitello di San Juan de la Peña – che di Giuseppe vengano rappresentati i sogni, quei suoi sonni leggeri in cui dialoga con gli angeli; il Vangelo peraltro narra che ben tre volte fece questa esperienza di rivelazione divina: quando gli fu detto di accogliere con sé Maria nonostante fosse gravida, quando un messaggero divino gli ordinò nella notte di fuggire in Egitto, e infine quando di nuovo un angelo gli apparve in sogno per invitarlo a tornare con la famiglia a Nazareth.
Dentro il contesto dei cosiddetti “racconti dell’infanzia di Gesù”, dicevamo, pittori e scultori romanici affrontano il compito, non semplice, di mostrare in Giuseppe un uomo che medita in profondità su ciò che sta accadendo nella sua vita: devono allora raffigurarlo in disparte, mentre Maria è sdraiata dopo il parto, o mentre riceve con Gesù i doni dei Magi. Giuseppe è seduto, assorto, spesso ha gli occhi chiusi – nelle opere meno riuscite, sì, sembra che dorma – e spesso con una mano si regge la testa, come per favorire il faticoso tentativo di rimettere insieme il filo delle vicende, e comprenderne il senso; l’altra mano è poggiata su un ginocchio, o sul bastone. Tra le più belle rappresentazioni di questo tipo, spicca quella di Arles: in un capitello del chiostro di Saint-Trophime, Giuseppe medita, questa volta con gli occhi spalancati, il capo, grande, poggiato sul palmo destro, le ginocchia piegate in una composizione di grande modernità ed eleganza. Elegante, e nobile, è anche il san Giuseppe che, nel fregio dell’abside laterale di Agüero, assiste alla consegna dei doni dei Magi, e riflette sul senso degli avvenimenti che vedono coinvolta la sua famiglia.
Ha gli occhi ben aperti, Giuseppe, nel capitello con l’adorazione dei Magi nel portale di San Leonardo a Siponto. Non dorme, certo, e anzi con quelle mani gigantesche, con il capo reclinato che più non sarebbe possibile, sembra piuttosto l’unico degli attori che abbia piena consapevolezza di ciò che accadrà, dopo il Natale e dopo la festa: e cioè dell’ira di Erode, della fuga necessaria, della strage dei bambini che si sta preparando. Nel portale di Estella, in Navarra, Giuseppe appare in due capitelli successivi: il suo pensare in cerca di senso fa da contraltare, questa volta, non alla Natività o alla visita dei Magi, ma all’Annunciazione, come a sottolineare che si sforzò di comprendere fin dal primo giorno, fin dal primo annuncio; ed è da questa riflessione faticosa che sgorgarono l’amore e la dedizione verso Maria, testimoniate dal dolcissimo gesto con cui, poi, carezza la sua sposa mentre è stesa sul giaciglio, dopo il parto.
Tutt’altro che inebetito dalla vecchiaia, Giuseppe è piuttosto un uomo d’altri tempi, molto diverso da noi perché si interroga, e cerca il filo delle cose e non cessa mai di porsi domande. Noi, invece, circondati di chiacchiericcio e di apparenza, fatichiamo a comprendere come possa restare nell’ombra mentre i re d’Oriente si inginocchiano davanti a Maria e al neonato; e misuriamo l’importanza di Giuseppe contando le parole che il Vangelo gli attribuisce – e cioè nessuna -. Noi scambiamo per ignavia la scelta di chi, come fa Giuseppe, dedica tempo alla riflessione e solo dalla riflessione fa scaturire i propri comportamenti; e a noi pare sminuente affidare la sicurezza dei propri passi ad un bastone, come fa Giuseppe, e ancor più patetica risulta ai nostri occhi la volontà di affidare le proprie azioni e le proprie scelte ad una continua e profonda ricerca – come un sogno rivelatore, come il dialogo con un angelo – del senso vero della vita.
Per nostra fortuna, giunge anche per noi la vecchiaia, l’età stanca e affaticata; anche per noi, allora, viene il tempo, obbligato, in cui poggiare il capo, e l’età in cui è inevitabile rifiatare e riflettere, prima di parlare. La consapevolezza che segnò tutta la vita di Giuseppe, però, arriva nella nostra esistenza quand’è già troppo tardi, quando non ci sono quasi più scelte da illuminare, o grandi azioni da compiere. E siamo vecchi, noi sì, allora, e patetici nel nostro parlare con gli angeli, quando le sfide della vita ci stanno ormai alle spalle, e le scelte cruciali le abbiamo già tutte compiute.

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Benito Recchilongo (da Fb):
Se Maria era e rimase vergine per tutta la vita… il marito non poteva essere certo un baldo giovane!
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E perché mai, Benito? C’erano uomini, un tempo, che sapevano anche fare scelte, senza farsi guidare dal semplice desiderio… Non credi sia possibile?
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Benito Recchilongo (da Fb):
Ma questi uomini non si sposavano! Andavano in convento… Sposare una donna e lasciarla vergine per tutta la vita… è contro natura. E una donna normale avrebbe chiesto il divorzio, dimostrando che il matrimonio non era stato consumato!
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Sì, una donna normale sì 🙂
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Bella carrellata di esempi dove viene sapientemente rappresentata una figura solitamente marginale e che ai più sfugge, non fosse per le numerose immagini de “La Fuga in Egitto”, dove è protagonista.
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Maurizio Pistone (da Fb):
I personaggi straordinari hanno di solito una nascita straordinaria. Oltre a Gesù, anche Isacco, Sansone, Giovanni Battista, Maria…
In tutti questi altri casi, la straordinarietà consiste nel fatto che si tratta di genitori molto anziani, i quali riescono dopo una vita di sterilità ad avere miracolosamente un figlio / una figlia.
La straordinarietà della nascita di Gesù è di tutt’altra natura, e unica.
Ma lo stereotipo del genitore anziano doveva essere fortemente impresso nell’immaginario degli artisti, i quali in mancanza di meglio non sapevano trovare altro modo per dare anche a Giuseppe l’aspetto di un papà “speciale”.
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Giovanna Bigalli (da Fb):
La figura di Giuseppe è ancora proprio tutta da ricomprendere e portare in luce. Fuori dagli inganni in cui l’hanno trascinata le iconografie fantasiose e le tesi teologiche strampalate. Basate sul niente.
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