Sgranano gli occhi per la sorpresa coloro che, giunti a Torcello senza troppo prepararsi, entrano in basilica e si trovano ad ammirare il vasto e prezioso mosaico del “giudizio universale”. In pochi altri luoghi, nell’Europa romanica, si può trovare una rappresentazione unitaria di tali dimensioni; e in poche altre grandi opere del tempo – anche se non tutti possono cogliere quest’altro aspetto – una parete si riempie di significati teologici così estesi ed articolati; e qui ogni dettaglio, anche la presenza di due bambini in braccio a vecchi canuti, andrebbe osservato e compreso più a fondo possibile.
Sulla gigantesca pagina liscia della controfacciata, qui a Torcello, è rappresentato in realtà molto di più che il giorno del giudizio, e anzi la Seconda Venuta del Salvatore alla fine dei tempi, tante volte narrata dagli artisti medievali come in una visione, è solo l’ultimo degli episodi del mosaico: il primo è la crocifissione di Gesù, su in alto; e il secondo, e principale, è la discesa del Cristo agli Inferi (in termine proprio “Anastasis“), episodio che – Before Chartres lo ha spiegato in un altro articolo – traduce “in lingua romanica” la resurrezione del Cristo; solo nei quattro registri inferiori, finalmente, si prefigura ciò che avverrà nell’ultimo giorno, quando il Salvatore tornerà a giudicare i vivi e i morti.
Molto di più che il giudizio universale, quindi. Gli artisti che hanno lavorato a Torcello – l’opera è attribuita a maestri veneto-bizantini dei secoli XI-XIII – hanno piuttosto voluto riassumere in un’unica grande istantanea tre diversi momenti lontani tra loro nel tempo e nella dimensione. Se la morte del Cristo in croce, infatti, è precisamente collocabile in un momento definito della storia degli uomini, sta invece in un’altra dimensione il viaggio che il Signore compì, mentre il suo corpo era nel sepolcro, discendendo nelle viscere della terra, giungendo dinnanzi all’inferno, distruggendone le porte, e traendo da quel luogo i giusti, primi fra tutti Adamo ed Eva. In un altro tempo ancora si colloca, infine, il giudizio universale vero e proprio: è un evento simile, nel suo esito salvifico, alla Discesa agli Inferi; e però questa è già avvenuta, quello invece è di là da venire, tanto che ancor oggi lo stiamo attendendo.
Fatta questa premessa, Before Chartres non si perita di illustrare qui ogni singola scena del grande mosaico della controfacciata, con l’Anastasis piena di particolari, i grandi Arcangeli, e poi il Cristo in gloria, l’adorazione del trono, i morti che risorgono dalla terra e dal mare chiamati dagli angeli, il giudizio e le diverse pene dell’inferno… e per un repertorio completo rimandiamo alla descrizione, compiuta e chiara, si trova nell’articolo relativo a Torcello del sito specializzato camminarenellastoria.it. Piuttosto ci piace provare ad entrare in un aspetto particolare, ed osservare meglio i due bambini che, quasi entità contrapposte, appaiono nel mosaico, figure pressoché identiche e però portatrici di un significato opposto, che non cessano di sorprendere i visitatori.
Uno di questi due bambini sta all’inferno, collocato in basso a destra nella rappresentazione; l’altro è nel giardino del paradiso, in basso a sinistra. Il primo siede beato in braccio a Satana, per nulla infastidito dal ribollire delle fiamme tutto intorno; il secondo è seduto, in una posa simile e speculare, sulle ginocchia di un personaggio aureolato, dalla lunga barba bianca. Chi sono?
Il bambino all’inferno è l’Anticristo. Nascoste le sue vere sembianze per ingannarci, vestiti i panni della più innocente delle creature, siede in braccio a Satana, a sua volta seduto su un trono in forma di mostro – è il Leviatano? -. L’Anticristo è colui che verrà, secondo l’Apocalisse, quando i tempi saranno conclusi, subito prima della seconda venuta del Salvatore e quindi subito prima del Giudizio Universale. Questo “antagonista” allevato da Satana è una figura non precisamente definita: essere sovrumano – ma il medioevo poi crederà di riconoscerlo in diversi personaggi storici – si ergerà, secondo la tradizione cristiana, in contrapposizione al Salvatore e al progetto divino di redenzione dell’umanità; progetto che potrà realizzarsi, appunto, solo dopo la sconfitta dell’Anticristo. La rappresentazione di questo nemico finale sotto forma di fanciullo, per di più beatamente seduto negli Inferi, non trova altri riscontri nell’arte romanica.
Il bambino nel giardino paradisiaco rappresenta invece l’anima delle persone buone, e l’anziano che lo tiene in braccio è il Patriarca Abramo. Questa iconografia che mostra un infante “nel seno di Abramo” è meno inusuale rispetto a quella, contrapposta, del bambino-Anticristo; anzi, possiamo dire che l’arte medievale la ripropone più volte. Tra i testi di riferimento di questa iconografia c’è il racconto della vicenda del povero Lazzaro e del “ricco epulone”. Secondo il Vangelo di Luca, morti i due protagonisti, il secondo finisce nel fuoco eterno, e invece il primo è accolto nel paradiso, così come questo era immaginato nel I secolo:
C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti.
Nel “seno di Abramo” fu accolto Lazzaro, ma in questo luogo ideale di pace e tranquillità c’è spazio per tutte le anime buone dopo la morte, sia che si consideri questa accoglienza come un passaggio in attesa del Paradiso vero, e del giorno del Giudizio finale, sia che nel grembo accogliente del patriarca si voglia vedere, per estensione, il Paradiso come residenza definitiva dei beati. Possiamo dire, allora, che il bambino in paradiso del mosaico di Torcello rappresenta Lazzaro, come scrivono alcuni; ma è ancor più vero dire che quel bimbo è il simbolo di tutte le anime che, meritevoli, sono pronte all’incontro con Dio: ne vediamo altre, infatti, in piedi intorno ad Abramo, anche queste rappresentate in forma di bambini. E chissà che non possa essere questo il destino anche della nostra anima: tornare finalmente, spogliata della vanità del mondo, pura com’eravamo da piccoli, a trovare la pace nel seno di Abramo… che dall’altra parte dell’aldilà ci dev’essere un caldo infernale.
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Si dice che l’isola di Torcello, sperduta nella laguna di Venezia, sia il luogo in cui, in epoca paleocristiana, si insediarono le popolazioni in fuga dalla terraferma. Anche se visitandola ora è difficile immaginarlo, fu centro importante, una vera e propria città sorta in laguna quando Venezia ancora non esisteva, e la grande basilica, costruita nel VII secolo, conferma l’importanza dell’insediamento. Dopo alcuni secoli l’isola fu progressivamente abbandonata, e il centro forte della laguna si spostò a Rialto, intorno a cui nel frattempo era sorta e acquisiva centralità la Venezia che dominò il Mediterraneo e che conosciamo. Delle numerose chiese, dei quartieri e dei conventi che furono costruiti a Torcello nel momento del suo apogeo restano la Basilica, dedicata all’Assunta – rinnovata in epoca romanica, quando furono realizzati anche il campanile e il grande mosaico della controfacciata – la chiesa romanica di Santa Fosca, a pianta centrale, e pochi altri edifici storici. Tutto il resto fu utilizzati dai veneziani, che riciclarono il materiale utile da costruzione. Oggi l’isola è uno dei luoghi più affascinanti dell’arte medievale, visitata da centinaia di turisti in ogni giorno dell’anno.
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Dai rilievi di Silos ai capitelli di Aguilar de Campoo e di Tudela, dagli affreschi di Mustair a quelli di Sant’Angelo in Formis: è specialissimo il nuovo volumetto di Before Chartres, che raccoglie sedici episodi del Vangelo trasformati in capolavori dagli artisti romanici: LE STORIE dei Vangeli NELL’ARTE ROMANICA.

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Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
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Jorge Pescio (da Fb):
Ho letto di qualche parte che Giotto avrebbe arricchito qui la sua iconologia, che dopo avrebbe utilizzato agli Scrovegni.
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Gabriella Di Ninni (da Fb):
Non fanno fotografare! O è cambiata la regola in tempi più recenti? E’ da qualche anno che manco… Comunque è difficile che in un luogo dove c’è divieto di far foto, non ne porti a casa qualcuna, proprio difficile. Ma se potessi farlo pagando lo farei molto volentieri. Questa di far pagare è una norma che ho trovato all’estero nei paesi più poveri, addirittura ci sono (meglio c’erano quando ci sono stata) tariffe differenti per fotocamere e videocamere.
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No, Gabriella. Non si possono fare foto, non chiedermi il perché. E infatti quella che ho pubblicato non è una foto, ma un’illustrazione iperrealista
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Affascinante questo immenso mosaico che ci accoglie entrando a Torcello nella Basilica di Santa Maria Assunta. Una controfacciata molto originale rispetto ai canoni più diffusi, suddivisa su cinque registri, ad accogliere una raffigurazione molteplice e non solo il Giudizio Universale.
A Torcello sono stato molti anni fa, troppi a dire il vero, e da tempo medito di tornarci, per vedere questa e altre meraviglie, come Santa Fosca.
E poi Santa Maria e San Donato a Murano. E poi…
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Aldo Valentini (da Fb):
Interessantissima e poetica focalizzazione su questi due bambini dello splendido mosaico in controfacciata a Torcello. Lo vidi, il giorno che gentilmente mi accompagnasti ai traghetto, senza però porre attenzione ad essi. Ancora grazie e ancora un tuo insegnamento a soffermarci maggiormente sui particolari.
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Giuliano Gallus (da Fb):
È passato troppo tempo da quando lo vidi: devo tornare.
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Come Centro Studi Torcellani cerchiamo di far apprezzare la storia e l’arte di questo antico territorio! http://www.studitorcellani.it
Grazie per questo interessante contributo!
Marco Molin
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