E dopo aver raggiunto, sfiancato per il viaggio, il santuario agognato dell’apostolo Giacomo, e dopo che a Santiago de Compostela ti sarai inebriato per la meta finalmente conquistata, e sarai sazio per l’orgia delle bellezze sulle Platerias e nel Portico della Gloria e nell’immensa chiesa, riprendi il Cammino. Prolunga il tuo andare per due giorni ancora, ancora più avanti, verso l’Atlantico ormai vicino: giungere al monastero di San Julián de Moraime, così dimesso e pieno di nostalgia, sarà come tornare – due giorni dopo la gloria, due giorni dopo l’estasi – nell’aura ombrosa e stantìa della vita quotidiana, che l’esperienza del Cammino, una volta conclusa, illumina solo di una luce fioca.
Fu monastero importante, San Julián de Moraime, anche se non antico: venne infatti fondato nell’XI secolo e poi, assalito dai vikinghi e di nuovo dagli arabi nei primi decenni del XII secolo, ebbe ricostruita la sua chiesa abbaziale, che è pressappoco quella che vediamo oggi; e anche se Alfonso VII, che trascorse a Moraime alcuni anni dell’infanzia, diede loro lustro e terre una volta diventato re, e anche se ad un certo punto ebbero il controllo su un territorio di non poco conto, il monastero e la comunità benedettina di Moraime vissero sempre nel cono d’ombra dell’immensa potenza vicina. San Julián infatti sta a Santiago come il muschio o la colonia di funghi stanno al tronco della grande quercia: Moraime se ne nutrì – da questo monastero-ostello passarono probabilmente molti dei pellegrini che, compiuti i riti nel santuario dell’Apostolo, andavano rinnovati fino al mare, a raccogliere la conchiglia simbolo del pellegrinaggio – ma senza poter diventare molto di più che un addendum, un vassallo, l’utile e non indispensabile ulteriore tappa di un viaggio già compiuto.
Qui a Moraime la chiesa, che pure all’interno, con le tre navate rette da alti pilastri compositi e coperte in legno grazie ad archi trasversi, ha una sua dignità, si adagia senza alcun guizzo su di un piano ondulato di prato incolto e di pietre nere, circondata dal cimitero con povere lapidi e fosse antiche, tirata su con una fronte a capanna che ha la sola pretesa di sembrare, oltre che vecchia, anche in qualche modo autorevole – e siamo distanti anni luce dallo sfarzo fiammante di Santiago -. Qui a Moraime la chiesa ha perso, ad oriente, l’abside centrale; ha fianchi spogli e diversi, massicci ma poveri, e davanti non ha un sagrato, e anzi accoglie con un brutto avancorpo che protegge l’ingresso dal vento che soffia l’oceano. Dopo la sbornia di grandezza di Santiago, qui pare di essere tornati non tanto alle chiese incontrate durante il Cammino, che tutte trasudano l’attesa e accompagnano calde alla vetta, ma piuttosto al mondo normale, grigio e freddo, al nostro giorno dopo, che non riesce più a farsi contagiare dall’euforia del viaggio compiuto, già lontano ricordo.
Le nuvole sopra a San Julián si aprono per un istante quando il giro intorno alla chiesa ci porta a scoprire l’ingresso a sud. Il portale minore è scolpito con semplicità ma anche con maestria – o almeno doveva dare questa impressione alla fine del XII secolo, prima che l’erosione ne rendesse grigia ogni parte -, e propone una tenera Ultima Cena, in cui sette Apostoli stanno a tavola con il Signore, e in cui Giovanni, che posa il capo sul petto del Maestro, è rappresentato come un fanciullo, piccolo nel busto e ugualmente piccolo nelle gambe che si intravvedono di sotto alla tavola, con i piedi che non giungono a terra. La scena, insieme a quelle scolpite nei capitelli del portale, si rifà secondo gli studiosi alla lezione di maestro Mateo a Santiago; in realtà, così consunta dal tempo, respira la stessa modestia dell’intera abbaziale; e però sorprende che nella sua semplicità, quasi patetica, ci mostri la tavola del Cenacolo con una prospettiva così moderna, che trasforma il piano apparecchiato in un linea, e con i piatti anch’essi rappresentati di taglio; e in questo modo supera con un balzo, inatteso miracolo di modernità nel crepuscolo di Moraime, la consueta vista dall’alto, “sbagliata”, che pure è tipica di molta parte dell’arte medievale.
Doveva essere bello, e ora ha perso di vita e di smalto, anche il portale occidentale: abbiamo già sottolineato come sia coperto e chiuso da un portico successivo e infelice, e si deve aggiungere che il tempo si è comunque accanito sui tanti personaggi seduti negli archivolti; la lunetta, poi, si direbbe incompiuta, perché sopra alle sette figure in piedi nell’architrave, non unanimemente identificate dagli studiosi – Cristo con sei apostoli? un vescovo benedicente e sei religiosi? il patrono san Julián con sei discepoli? – stanno, abbozzate, le archeggiature, e poi nient’altro.
Anche qui però gli scultori hanno compiuto un gesto coraggioso e innovativo, trasformando i sei sostegni, tre per parte, in sei statue-colonne, la cui lettura, purtroppo, non è affatto semplice. Nelle colonne di sinistra si susseguono, dall’esterno, un vescovo, che sembra usare il suo lungo pastorale per colpire un serpente avvinghiato a terra; un uomo con lunga barba e tunica, ai cui piedi stanno due leoni, e che forse è il profeta Daniele, associabile al patrono san Julián poiché anche quest’ultimo fu gettato in una fossa; e infine due personaggi in piedi, forse due apostoli sostenuti da un atlante. Nel lato destro secondo gli studiosi potremmo riconoscere, dal centro all’esterno, san Giovanni sovrapposto a Isaia, e poi un altro apostolo – san Paolo? – sostenuto da un anziano dell’Antico testamento, che potrebbe essere Mosè; chiude la serie, nella terza colonna di destra, un altro vescovo, con barba e lungo pastorale.
Di nuovo gli studiosi ipotizzano un collegamento tra queste figure e gli Apostoli che stanno sulle colonne del Portico della Gloria di maestro Mateo. Per quel che si può ancora vedere, a noi viene più immediato un collegamento con il portale di Sangüesa, e con le statue-colonna scolpite da Leodegardo: anche per questa particolare processione di personaggi addossati ai sostegni del portale, gli scultori di San Julián accendono una fiammella nel giorno plumbeo di Moraime; e sarebbe bello studiare l’evoluzione delle “colonne con figure” – si pensi anche a San Román de Escalante, e a Valcabrère, a Santo Stefano al SOS dei Rei Católico in Aragona, e allo stesso duomo di Verona – espediente artistico particolare, che l’arte romanica ha inventato ben prima della svolta gotica, e che gli artisti romanici hanno saputo usare con maestria, senza cadere nel cliché della ripetizione decorativa, regalando un’anima, anche se a volte misteriosa, ad ogni singolo personaggio rappresentato.
.

Le storie della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.
.
Before Chartres affronta il tema dei grandi portali del medioevo, e lo riassume, come in un viaggio – finalmente “su carta” – in un volumetto prezioso, dedicato ai suoi lettori più affezionati. Lo si trova qui: DIECI grandi PORTALI ROMANICI.
.
Vuoi scoprire la Catalogna romanica nelle sue suggestioni più profonde? Ecco un itinerario organizzato su una settimana, che è diventato un volumetto, e che contiene tutti gli appunti di viaggio di Before Chartres: : LA CATALOGNA romanica IN UNA SETTIMANA.
.










Elinde Laino (da Fb):
Ma che senso di pace in questo portale romanico, ritrovo in qualche maniera le mie radici.
"Mi piace""Mi piace"
Giovanni Musani (da Fb):
Dopo Santiago di Compostela è difficile che ci vadano i pellegrini. Non serve andare sull’Atlantico per la conchiglia: se la procurano durante le tappe di avvicinamento che sono sempre lungo la costa.
"Mi piace""Mi piace"
Interessante edificio semplice e alquanto enigmatico nelle sculture del portale. Per me, inoltre, si aggiunge l’interesse personale degli archi trasversi e la loro collocazione temporale nelle fasi costruttive, se originaria o successiva all’epoca romanica.
"Mi piace""Mi piace"