Cremona, i quattro profeti romanici sopravvissuti al disastro del 1117

Se Before Chartres potesse “rubare” una chiesa, se gli fosse concesso arruolarne una e affermare che è romanica, probabilmente sceglierebbe il duomo di Cremona, bellissimo edificio – la facciata poi è meravigliosa – che non puoi definire gotico e forse nemmeno rinascimentale, e che sembra un’opera fiorita fuori dagli schemi e fuori dai periodi dell’arte, dentro una piazza altrettanto singolare e bella.

Il Duomo con la sua facciata e il portico, nella piazza

Come molte delle grandi chiese urbane della “Longobardia” medievale, la cattedrale di Cremona è stata, a suo tempo, un cantiere romanico. In questo caso specifico, però, e in questa città, chi cerca i segni dell’arte romanica può forse parlare solo di partenze, e anzi , purtroppo, di false partenze. Perché qui a Cremona si iniziò a costruire la cattedrale nel 1107, e però l’impresa fu drammaticamente interrotta dal grande terremoto che dieci anni dopo, nel 1117, rase al suolo, secondo quanto tramandano le cronache, ciò che era stato fino ad allora costruito. Si narra che i Cremonesi non trovarono la forza e la convinzione per ripristinare il cantiere e riavviarne i lavori fino al 1129, quando ritrovarono tra le macerie le reliquie di sant’Imerio: fu allora che si riprese a tirar su pareti ed archi e pilastri, ma in un clima già mutato, con maestranze aperte a sollecitazioni nuove, con un progetto che solo in parte si pose in continuità con quello precedente, e che fu poi sviluppato con ulteriori variazione e con un linguaggio ancor più lontano da quello romanico.

L’ingresso alla cattedrale

Della pur bellissima cattedrale di Cremona, così, Before Chartres non può dire che sia romanica; e perciò, essendo ben poco competente sull’arte medievale successiva, non è in grado di aggiungere quasi nient’altro. Si ferma sulla porta, però; e qui incontra quattro figure con le quali – loro sì prodotte da uno scalpello romanico, e romaniche fino al midollo – si tratterrebbe a lungo a ragionare. Sono le raffigurazioni a tutta persona di quattro profeti – Geremia, Isaia, Daniele ed Ezechiele – che si definiscono “grandi” nel canone dei testi biblici, e che grandi sono anche qui a Cremona, perché ognuno di loro occupa una lastra di circa due metri d’altezza.

I quattro profeti stanno negli stipiti ai lati della porta di ingresso della cattedrale, e si guardano, a destra Daniele e sotto Ezechiele; a sinistra Geremia in alto ed Isaia in basso; nei cartigli, i quattro grandi visionari si esprimono con frasi tratte dai libri biblici loro attribuiti, dedicate al tema dell’Incarnazione e della Salvezza. La collocazione delle figure dei profeti a guardia delle grandi chiese romaniche non è inusuale: li incontriamo a Modena, ma anche nel portale del duomo di Verona, per fare solo due altri esempi.

Le quattro figure scolpite qui a Cremona sono sculture dalla prorompente personalità: semplificate nel disegno come illustrazioni contemporanee, hanno però il rigore, l’autorità e insieme la naturalezza dei capolavori. Gli studiosi sono concordi nell’affermare che sono opere realizzate per il primo cantiere, quello precedente al terremoto, di cui si conservano anche l’architrave con gli apostoli nel portale del transetto nord e pochi altri pezzi. Tutti sottolineano come questi rilievi siano il prodotto di un atelier vicinissimo allo stile del grande Wiligelmo – l’autore, tra l’altro, delle famose lastre del duomo di Modena -. E uno dei massimi esperti di questo periodo artistico, il Quintavalle, si sbilancia affermando che almeno i quattro profeti potrebbero essere opera del maestro in persona, il quale quindi avrebbe lavorato a Cremona al termine dell’esperienza modenese.

Le cattedrali di Modena e Cremona ebbero, così, radici parallele e collegate. Ma mentre il duomo della città emiliana, avviato qualche anno prima, nel 1099, non subì il trauma del terremoto del 1117, e crebbe tutto sommato unitario fino al compimento, a Cremona il cammino fu incerto, drasticamente interrotto, e il risultato fu forzatamente incoerente – anche se, come abbiamo sottolineato in apertura, pieno di fascino e di originalità -.

Enoch ed Elia nella lapide dedicatoria

Un altro rilievo ci riporta a Wiligelmo e ai secoli prima di Chartres – ci troviamo di nuovo a dialogare con le grandi voci profetiche dell’Antico testamento – e allo stesso tempo collega la cattedrale di Cremona al potente esempio del duomo di Modena: si tratta della lapide che indica il 26 agosto 1107 come giorno di inizio dei lavori del primo cantiere romanico. Anche qui, proprio come accade a Modena, la pietra angolare che celebra l’avvio dei lavori è costituita dalla rappresentazione di due profeti, Enoch ed Elia, che, affrontati, reggono un cartiglio. Ma se a Modena chi legge le frasi scolpite può dire davvero avverata la profezia, e può quindi riconoscere nella cattedrale la testimonianza eterna dell’arte di Lanfranco e Wiligelmo, qui a Cremona il cartiglio, con il suo testo, è solo una dichiarazione di intenti, un auspicio, una promessa fragile, una falsa partenza: nel 1107 si cominciò sì “ad edificare questa chiesa maggiore di Cremona”, ma di quel cantiere romanico, ambizioso e sfortunato, restano poco più che i quattro grandi profeti sulla porta; e per realizzare la cattedrale si dovettero attendere altri tempi, altre guide, altre squadre, altri finanziatori, che man mano si susseguirono nel tempo e realizzarono un’opera che può dirsi notevolissima nei suoi esiti, ma non certo unitaria.

Selfie davanti all’ingresso della cattedrale

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5 pensieri su “Cremona, i quattro profeti romanici sopravvissuti al disastro del 1117

  1. Magda Viero (da Fb):

    Non sono a caso distribuiti: Geremia-Isaia, Daniele-Ezechiele. I primi sono i lamentatori e fustigatori dei costumi degli israeliti che si scostano dai precetti di Adonai. I secondi, anticipatori della Apocalisse. Un messaggio chiaro: Resta nella Chiesa, non abbandonare il giusto sentiero che l’Apocalisse ti giudicherà. Come già espresso, allora sapevano interpretare.

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  2. Paolo Parigi (da Fb):

    Consapevole di essere off topic, segnalo, all’interno di questa interessantissima architettura, gli straordinari affreschi eseguiti dal mio concittadino Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone, nel 1520.

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    1. Per una volta, un accenno all’arte del Cinquecento non è affatto fuori luogo in Before Chartres🙂… al contrario, Paolo, confermi con il tuo richiamo come questa cattedrale sia il risultato di diverse e successive fasi di completamento e abbellimento.

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  3. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Le architetture sovente, per non dire sempre, vivono nel tempo, crescono e si modificano secondo il gusto dell’epoca che attraversano. Magari ciò lascia il rammarico a noi amanti del romanico di non avere più da ammirare un edificio unitario, ma talvolta, nei casi migliori come questo, la fabbrica integra le diverse fasi di costruzione grazie al sapiente lavoro di chi le ha progettate e quindi eseguite, creando un organismo a suo modo unitario, fatto di molteplici sfaccettature comunque apprezzabili.
    Detto questo ad onore del tuo preambolo, le due lastre del portale sono pienamente romaniche ed è comprensibile l’attribuzione alla bottega o allo stesso di Wiligelmo, attivo in quegli anni nel cantiere della cattedrale di San Geminiano a Modena, suo capolavoro indiscusso.

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