Profeti e guardie, nell’alba di Verona

Dieci profeti e due paladini di Francia proclamano insieme che cos’è il romanico. Stanno in piedi davanti al duomo di Verona; sono stati schierati lì, come sentinelle, nelle strombature del protiro pieno di altre rappresentazioni, dallo scalpello di Niccolò, “il colto artista – come dice di se stesso nell’iscrizione con cui si incensa poco più in alto – che ha scolpito queste opere”.

Il portale

Le dodici figure di profeti e paladini sono le più affascinanti di questo portale famoso, scolpito intorno all’anno 1140, quando lo scultore è all’apice della carriera, ed è famoso com’era stato, prima di lui, il suo maestro, quel Wiligelmo attivo a Modena e nella Padania. Niccolò, che è insieme scultore e architetto, e che ha già dato prova della sua arte nel portale della vicina San Zeno, progetta per il Duomo della città tutto il protiro: lo vuole addirittura su due piani, e lo vuole fortemente strombato; e così facendo, dicono gli studiosi, apre la strada ai portali gotici, appunto molto profondi e rientranti nelle spesse pareti delle cattedrali che verranno. Anche il modo in cui scolpisce, sui pilastrini della strombatura, i dieci profeti e i due paladini di cui ci interessiamo oggi apre a certi modi e stilemi del gotico, che delle “statue-colonna” farà uno dei suo cavalli di battaglia. E però no, però qui lo spirito è ancora decisamente e fieramente romanico.

In primo luogo perché i dieci profeti – cinque scolpiti a sinistra dell’ingresso e cinque a destra – sono scelti con la precisa volontà di offrire e proporre a chi osserva una precisa suggestione teologica. Tutti infatti hanno il compito di dare, quasi come in un canto “a cappella”, il medesimo messaggio a chi si affaccia alla chiesa, poiché con i loro cartigli – e prima ancora con la loro predicazione profetica – tutti alludono all’incarnazione del Cristo. Sui pilastri più interni stanno Daniele, a sinistra, e Abacuc, a destra. Il cartiglio del primo dice: “CUM VENERIT S(ANCTUS) S(AN)C(T)ORU(M) CESSABIT UNCTIO”, ed evidenzia come è l’avvento del Santo dei Santi che porrà fine alla legge antica; il cartiglio del secondo – “D(OMI)NE AUDIVI AUDIT(U)M TUUM ET TIMUI C(ON)SIDERAVI OP(ER)A” – riassume lo stupore del fedele di fronte alla grande novità: “Ho ascoltato il tuo annunzio, Signore, e ho avuto timore della tua opera”. Tutti gli altri profeti – a sinistra sono schierati Isaia, Geremia, Davide e Malachia; a destra si susseguono Aggeo, Zaccaria, Michea e Gioele – ribadiscono lo stesso concetto: tutti, nei cartigli stesi davanti alla loro figura, portano lo stesso messaggio, la profezia dell’Incarnazione e della salvezza. E si propongono, cioè, non come una teoria di figure in successione simmetrica, quasi meccanica, ma piuttosto come il dispiegarsi coerente, e molto romanico, di una puntuale riflessione dello spirito in ricerca; riflessione che poi è anch’essa molto romanica, perché densa di un senso dell’attesa, del desiderio di quella fine e di quel nuovo inizio che è il pensiero forte e dominante di questi secoli, i più ricchi d’ansia escatologica.

I profeti della parte sinistra
La parte destra dei sostegni del portale

Dicevamo dei due paladini. La schiera delle figura scolpite in successione da Niccolò si completa infatti con le figure di Orlando, tutto protetto dalla scudo, all’estrema sinistra, e di Uliviero, dai lunghi capelli sciolti, all’estrema destra. Anche questa ulteriore presenza, frutto di una commistione tra la mitologia biblica e la mitologia degli eroi – commistione per noi oggi difficilmente comprensibile – ha un sapore decisamente romanico. Romanica è la libertà con cui lo scultore ha posto, in entrambi i lati del portale, le prime e le ultime figure sulle facce piane dei pilastri, facendole contrastare con le altre tre appoggiate invece ciascuna allo spigolo di un pilastrino; e tipico dell’arte romanica è l’effetto che si ottiene da questa simmetria irregolare, da quest’ordine mai completamente ordinato. Romanica è infine la vita che pervade ognuna delle dodici figure: ciascuno dei profeti ha una forza propria, così come la sua figura da un’altezza differente dalle altre; gli occhi sono sbarrati e lo sguardo, sempre intensissimo, è volto da ciascuno di questi “annunciatori del nuovo” in una differente direzione: verrà il Signore del mondo, e verrà presto, proclama tutta l’arte romanica; non sappiamo ancora da dove arriverà, ma sta per accadere; e trepidanti stiamo sull’attenti come sentinelle prima dell’alba, e i nostri occhi devono restare costantemente spalancati.

I profeti a destra e Uliviero

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Ecco i testi scritti sui cartigli degli altri profeti, secondo Fulvio Zuliani (Veneto Romanico, Jaca Book): a sinistra quello di Isaia annuncia “ECCE VIRGO CONCIPIET ET PARIET FILIUM(M)”, quello di Geremia “ECCE IN QUID D(EU)S NOSTER ET NON ESTIMABITUR”, quello di Davide “MEMENTO D(OMI)NE DAVITET”, quello di Malachia “ECCO EGO MITTAM AGNELUM MEU(M) ET PREPARABIT”; a destra il cartiglio di Aggeo recita: “ECCE VENIET DESIDERATUS CUNCTIS G(E)NTIBUS”, quello di Zaccaria “ECCE REX TUUS VENIT SEDENS SUP(ER) PULLU(M) ASINE”, quello di Michea “BETLEEM TERRA IUDA EX TE EXIET DUX”, quello di Gioele “VENIET DIES D(OMI)NI Q(UI) A P(RO)PE EST DIES”.

Ma due delle “profezie” – quella di Geremia e quella di Aggeo – presentano aspetti interessanti e aprono ad un altro ragionamento: Before Chartres ne parla in quest’altro articolo.

Quello del duomo di Verona è un portale bellissimo, ma “minore”. Before Chartres affronta invece il tema dei “grandi” portali del medioevo, e lo riassume, come in un viaggio – finalmente “su carta” – in un volumetto prezioso, dedicato ai suoi lettori più affezionati. Lo si trova qui: DIECI grandi PORTALI ROMANICI

2 pensieri su “Profeti e guardie, nell’alba di Verona

  1. Paolo Salvi ha detto:

    Come sempre mi porti ad osservare cose che avevo visto fuggevolmente. E’ una mia colpa ed un tuo merito quello di soffermarti sui dettagli scultorei con tanta attenzione, cercando di individuare i personaggi rappresentati e i motivi soprattutto per cui sono così rappresentati.
    Il Duomo di Verona ha questo gioiello scultoreo, ed anche il portale laterale sul fianco destro, che emergono per noi amanti del romanico.
    Così ben ricordi Nicolaus, il magister dell’opera, attivo in area padana verso la metà del XII secolo. Uno di migliori scultori romanici, meno noto di Wiligelmo e dell’Antelami, ma conosciuto dai più attenti come altri maestri toscani come il Biduino.

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