Wiligelmo? Diede a Dio voce moderna

Una scena. Una sola tra le undici scolpite da Wiligelmo nelle grandi lastre della sua Genesi. E’ la più piccola, e può anche sembrare inutile. Eppure basta a spiegare perché mai questo nome – Wiligelmo – è inciso come nobilissimo nel marmo dell’arte romanica.

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La prima lastra: la Creazione di Adamo e di Eva, e il peccato originale

Siamo a Modena, davanti al Duomo che fu caposaldo e capolavoro tra le chiese del medioevo italiano. Sulla facciata – anche se erano state scolpite per un’altra collocazione – stanno, ordinati in quattro grandi lastre marmoree identiche nelle dimensioni e successive, i rilievi a cui Wiligelmo ha legato il suo nome. Scolpite tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del successivo, le undici scene riassumono le prime pagine del racconto biblico, dalla creazione dell’uomo all’Arca scampata al diluvio, passando per il peccato originale, con la conseguente cacciata dal Paradiso, e per l’altro grande dramma dei primordi, e cioè l’assassinio di Abele per mano di Caino.

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La seconda lastra: Dio punisce Adamo ed Eva, cacciati dal Paradiso e costretti alle fatiche

Tutte le scene – tranne una, lo vedremo – hanno una potentissima capacità comunicativa: rispetto alla scultura romanica precedente, che non di rado, con il suo linguaggio a volte simbolico, a volte cifrato, lascia nel dubbio l’osservatore, i rilievi scolpiti da Wiligelmo parlano come un libro aperto. Non puoi più sbagliare: quello è Dio che crea Eva dall’Adamo dormiente, quelli sono i due progenitori cacciati dall’Eden e poi costretti a lavorare, quelli sono Caino e Abele che offrono il loro sacrificio all’altare, quella è l’Arca di Noè, finalmente in salvo… E se i rilievi di Modena illustrano la scena così come ci aspettiamo di vederla, è perché lo spartito narrativo di Wiligelmo è già quello moderno, e la sua lingua grafica è già la nostra. Lo si vede negli abiti, i cui sbuffi non hanno più quel nonsoché di innaturale e forzato che è tipico della scultura (e anche della pittura) romanica. Lo si vede nelle pose dei corpi: si osservi come sono disegnati, quasi fossero scene da fumetto, l’Abele colpito dal fratello, e il Caino trafitto dalla freccia; e nel contempo si osservi la modernità delle pose – di chiara derivazione classica – nelle scene in cui i movimenti sono contenuti, eppure pieni di significato e di pathos. E siamo cinquant’anni in anticipo – non lo dimentichiamo – rispetto ai grandi capolavori della scultura romanica europea.

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La terza lastra. All’estrema destra, il dialogo tra Caino e Dio

Una scena, in particolare, conferma l’imperiosa capacità comunicativa che Wiligelmo sa trasmettere alla propria scultura. Scolpita nell’ultimo scorcio del terzo pannello, rappresenta Caino che, compiuto il fratricidio, sta al cospetto del Signore. Tra tutte è la scena più statica, la più inusuale, la meno teatrale, quella a cui è dedicato lo spazio minore. Ma com’è classico il dialogo, elegante nelle pose come se si trovassero faccia a faccia un imperatore romano e il suo generale! E com’è scevro da simbolismi medievali il disegno dell’incontro, tanto che il Signore è rappresentato addirittura di statura inferiore rispetto alla sua creatura! E moderno come pochi – nostro, intimo, profondo – è l’intrecciarsi dei sentimenti, che Wiligelmo sa narrare sintetizzandolo nello scambio dei gesti e degli sguardi: a capo chino non è Caino, ma il Signore Dio, che mentre accusa – “Dov’è Abele tuo fratello?”, dice il cartiglio – contemporaneamente perdona; e la sua mano, poggiata sulla spalla dell’omicida, già di nuovo lo accoglie e lo ama, come il Padre misericordioso della parabola accoglie ed ama senza limite il figliol prodigo ritornato a casa.

Sufficit. Basta questa scena, infima e insieme profondamente e modernamente piena di umanità. Basta a confermare quanto dichiara la facciata del Duomo di Modena rivolgendosi proprio al suo artista più grande: “Ora, per opera della tua scultura, è chiaro, Wiligelmo, di quanto onore tu sia degno tra gli scultori”.

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La quarta lastra con l’uccisione di Caino, e l’Arca di Noè approdata dopo il diluvio

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Il Duomo in un’immagine storica

I quattro pannelli sono il capolavoro dello scultore Wiligelmo, che li ha realizzati per la cattedrale di Modena, capolavoro dell’architetto Lanfranco. L’opera dei due è precisamente documentata e datata: secondo i testi l’anno 1099 è quello in cui iniziano i lavori per la nuova chiesa, affidata a Lanfranco, “artista mirabile ed architetto straordinario”. Gli si affianca per le opere scultoree Wiligelmo (Guglielmo?), che lavora alla cattedrale nel primo decennio del XII secolo.

Il sommarsi di eccellenza ad eccellenza, e quasi la gloria del nuovo artista che giunge a far ombra a quella dell’architetto, sono documentati dalla lapide della fondazione del Duomo: scolpita da Wiligelmo, celebra con un’ampia frase l’inizio dei lavori per la costruzione della Cattedrale – “La costruzione (…) è iniziata (…) nell’anno dell’Incarnazione di Dio mille cento meno uno” – , ma a questa si aggiunge, subito dopo, in caratteri minori, l’altro distico – “Ora, per opera della tua scultura, è chiaro, Wiligelmo, di quanto onore tu sia degno tra gli scultori” – che celebra lo stesso Wiligelmo. Il cartiglio è retto dai due profeti che non conobbero la morte, Enoc ed Elia, a sottolineare l’imperitura gloria che Wiligelmo attendeva dalla propria arte.

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La lapide della fondazione della nuova Cattedrale

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Non solo Modena: nella vasta piana padana – la “Lombardia” medievale – dodici delle grandi chiese costruite nel tempo romanico competono in magnificenza, autorità e splendore. Before Chartres le osserva e ne descrive il cuore, in un nuovo delizioso volumetto: LE GRANDI “chiese di città” DELLA PADANIA ROMANICA.

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Le storie della Bibbia – da Adamo ed Eva ai profeti, dalle gesta di Sansone al sacrificio di Isacco – hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

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La Lombardia “alta” è una delle culle, se non la vera culla, dell’architettura romanica. Da qui i “maestri comacini” portarono i segreti della loro laboriosa abilità costruttiva un po’ dovunque in Europa. Questo itinerario in dieci tappe racconta le loro realizzazioni più preziose – da Gravedona ad Almenno San Bartolomeo, da Agliate ad Arsago Seprio a Civate – e lo spirito, i colori, i materiali, i modi e i vezzi che i hanno lasciato nelle chiese delle loro terre d’origine: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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7 pensieri su “Wiligelmo? Diede a Dio voce moderna

  1. Anna Bortoli

    Caro Giulio , ti esprimo riconoscenza e stima per il tuo entusiasmante lavoro di divulgazione dell’arte romanica . Vivo in Abruzzo , ricchissimo di vestigia romaniche , puntualmente descritte nel tuo blog; essendo però di origini emiliane , nata in provincia di Modena , mi riconduci con nostalgia nella terra dei miei avi .
    Anna Bortoli

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  2. vorrei unirmi ai soliti ringraziamenti – meritatissimi – e inoltre tornare sulla questione di Balaam. Incuriosita dal perché compaia così spesso, pur essendo apparentemente profeta di secondaria importanza, sono andata a ripescare i miei vecchi appunti di morale (ahimè, molto vecchi: mi sono laureata alla Cattolica nel 1967). Dunque, Balaam è un profeta “messianico” cioè nelle sue profezie individua qualche caratteristica di quello che sarà il Messia., nel suo caso in particolare, nell’ultima profezia, con la quale rifiuta per l’ultima volta le richieste del Re, parla di “una stella” che verrà (Numeri cap. 22-24) e questo spiega anche perché è quasi sempre abbinato ai Re Magi e alla loro stella.

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  3. Giuseppe Berton (da Fb):
    Davvero commovente, questo Dio affranto, gravato della pena per la sua creatura, curve le spalle (del peso di quella libertà donata e storpiata?); mentre il “pondus” dell’arco di pietra si scarica sul capo del reo, come tutta la materia del mondo terreno. (“La tenda d’argilla grava la mente dai troppi pensieri”-?-)

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  4. Paolo Salvi

    Questa tua particolare attenzione non smette di arricchirmi.
    Mi ricordi, come sempre, di soffermarmi di più sulle parti scolpite, sui bassorilievi e capitelli per interpretarne il significato.

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