Molfetta, dieci muti apostoli di pietra

Dieci apostoli di pietra accompagnano Gesù in una processione senza movimento e senza parole. Sono scolpiti nel marmo, l’uno in fianco all’altro, su tre grandi lastre, parti di un unico fregio, collocate in una cappella laterale del Duomo di Molfetta: cinque stanno sulla prima lastra, a sinistra; un altro ha il privilegio, sulla seconda e centrale, di affiancare il Maestro; altri quattro, a loro volta, stanno in piedi sul terzo frammento, a destra. Dove siano gli apostoli mancanti, nessuno lo sa: di certo non sono quegli ultimi due personaggi, un monaco e un vescovo, che si vedono scolpiti su un quarto frammento, posto lì vicino, più a destra ancora, quasi a… fare tredici e a confondere chi guarda.

Le quindici figure scolpite in altorilievo

I dieci apostoli, il Gesù che è con loro, e anche i due religiosi “intrusi” costituiscono l’elemento scultoreo più interessante e misterioso all’interno del bel San Corrado. Gli appassionati della scultura romanica guarderanno volentieri i capitelli dei grandi pilastri compositi, decorati con ricami delicati, tra cui spicca – tra tanti temi semplicemente figurativi – una rappresentazione dell’arcangelo Michele. Anche l’acquasantiera, vicino all’entrata, retta da un personaggio scolpito che per la tradizione è un moro, merita di essere osservata; ma sono i tredici personaggi in marmo nella cappella laterale sinistra, chiusi nel loro silenzio, ad incuriosire e a meritare qualche indagine ulteriore.

Le lastre e le figure sono scolpite a bassorilievo, con una certa vivacità e con una varietà tutta romanica, e provengono, si dice, da un’antica recinzione del presbiterio, scolpita, stando alle particolarità stilistiche, intorno alla fine del XII secolo. Ma siamo davvero davanti ad un “apostolato”? E se sì, perché due dei Dodici sono assenti? E cosa ci fanno un vescovo e un monaco, su quel quarto spezzone di lastra?

Uno degli apostoli e Gesù

Cominciamo dalla figura centrale, più alta di tutte le altre. Potrebbe essere Gesù, certo; ha lunghi capelli e barba leggera, ha una statura che lo differenzia da tutti gli altri personaggi raffigurati, e la posa potrebbe essere quella tradizionale del Maestro che parla, o benedice. E però nessun elemento porta ad un’identificazione stringente: così come manca a tutte le figure l’aureola che definisce i santi, allo stesso modo manca a questo Gesù il nimbo crucifero che è per tradizione attribuito al Figlio di Dio. Gli apostoli, poi, sono dieci, non dodici; possiamo immaginare che ne siano andati perduti due – o forse uno solo, se l’autore di questo “apostolato”, una volta escluso Giuda, ha scelto di non sostituirlo, né con Mattia, né con Paolo -. E per quel che possiamo vedere oggi, su questi rilievi molto deteriorati in superficie, non si leggono nomi, né testi, che potessero essere scritti in origine sui cartigli o sui volumi, che normalmente identificano gli autori dei Vangeli o di altri libri del Nuovo Testamento. Non c’è nemmeno una chiave – alcune figure però sono state addirittura private delle mani – per identificare Pietro.

Giacomo, con la conchiglia e la spada?

E allora si resta sorpresi vedendo che uno dei personaggi, uno solo, è invece reso riconoscibile attraverso il più classico dei suoi attributi: si tratta del quinto da sinistra, in cui gli studiosi riconoscono l’apostolo Giacomo, per via della tradizionale conchiglia raffigurata in evidenza sopra la borsa da viaggio. Dietro la schiena, poi, la stessa figura sembra celare una spada: e potrebbe essere un ulteriore inatteso messaggio in codice, poiché a Giacomo, martirizzato per decapitazione, a volte viene associato, come simbolo distintivo, appunto anche la spada.

Solo l’aver individuato, con ragionevole certezza, la figura di san Giacomo ci porta a propendere per l’ipotesi che il gruppo rappresenti, riuniti intorno a Gesù, i suoi Dodici primi discepoli… in formazione ridotta. Ma se quel personaggio non fosse Giacomo, allora potremmo inseguire anche l’altra ipotesi avanzata dagli studiosi, e cioè che le lastre – stavolta lette tutte insieme, comprendendo anche gli ultimi due personaggi – narrino e immortalino religiosi riuniti per un Concilio. Le due figure più a destra, che rappresentano indubitabilmente un vescovo cattolico e un monaco orientale, troverebbero piena giustificazione nella raffigurazione di un consesso ampio di religiosi provenienti da lontano e riuniti per un lavoro comune.

Il monaco e il vescovo

Possiamo anche andarcene con il dubbio, tenendo vive entrambe le chiavi di lettura. Il vescovo e il monaco, così vicini e così affiancati con pari dignità, ci ricordano come la Puglia sia stata terra di confine e di dialogo tra culture e fedi; e peraltro lo stesso Duomo di Molfetta, con la sua architettura romanica coperta con tre cupole, “all’orientale”, lo testimonia e lo ribadisce. Quanto a san Giacomo, e alla sua presenza e alla sua rilevanza tra i “dieci”, queste sottolineano un altro dato di fatto ampiamente documentato, e cioè che le vie dei pellegrinaggi erano, nel Medioevo, strettamente intrecciate; che l’apostolo del Cammino era venerato anche in Puglia, come confermano altre sue emergenze in questa terra; e che qui, nonostante la vicinanza incombente di due mete importantissime – la sacra grotta a Monte Sant’Angelo e la Terra Santa appena al di là del mare – c’è spazio anche per san Giacomo; il quale riposa in Galizia, all’altro capo del continente, sulle lontanissime rive dell’Atlantico, lontanissimo, e però è ben presente nel pensiero dei cristiani del tempo, sempre in ansia, sempre in cammino, sempre in cerca di luoghi e segni che diano loro una speranza mentre si avvicina la fine.

Gesù e i sei apostoli alla sua destra

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3 pensieri su “Molfetta, dieci muti apostoli di pietra

  1. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Si tratta di sculture molto interessanti anche se lo stato di conservazione non si può definire buono. I volti sono vari e diversi e anche le pose. È un complesso per certi aspetti sorprendente.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Si fa fatica a pensare agli Apostoli e soprattutto al Cristo privi di aureola, che, personalmente, non ricordo nessuna immagine dipinta o scolpita che li lasci privi di questo tipico attributo di santità.
    D’altro canto le figure del vescovo e del monaco sono avulse dal contesto degli apostoli intorno al Signore.
    Chissà quale fosse poi la collocazione originaria.
    Resta un arcano interrogativo di difficile soluzione in mancanza di fonti documentali.

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  3. Avatar di Stefano Giuseppe Paradiso Stefano Giuseppe Paradiso

    Alcune osservazioni

    • Ci sono due blocchi corti e due blocchi lunghi: sembra una scatola. Altare? Pala d’altare? Ci ho visto una lontana somiglianza con il capolavoro di Antelami a Parma. O ancor più con i blocchi di Wiligelmo a Modena. C’erano rapporti tra i costruttori pugliesi e quelli emiliani, magari c’erano contatti anche nella scultura
    • Se non ci sono i nimbi, allora forse il soggetto è politico. Molfetta se non erro era allora retta da un conte, chiaramente dipendente dal Re di Sicilia, anche se fu tra le più riluttanti a lasciare i bizantini. I personaggi rappresentati potrebbero essere i notabili della città
    • Nella concattedrale di Barletta, nella parete destra, sono murati alcuni frammenti di architrave un tempo collocato in facciata. Il soggetto è simile anche se a scala diversa

    Saluti dal Nordbarese, terra romanica!

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