Girona, i fregi del chiostro ambizioso

Nel chiostro della cattedrale di Girona, in Catalogna, ad appassionare i cercatori di romanico, più ancora che i capitelli, sono i fregi istoriati. Sono come fasce, questi fregi, come nastri preziosi: sono strisce scolpite che si sviluppano in orizzontale, e decorano la parte alta dei larghi pilastri che marcano e rafforzano gli angoli del chiostro e che ritornano, possenti e rettangolari, a rinforzare la fuga delle colonne in ciascuno dei quattro lati. Nel chiostro, omogeneo ed equilibrato, le piccole arcate a tutto sesto si susseguono sostenute tutte da coppie di colonnine; la pianta però è decisamente trapezoidale; così questi pilastri decorati che, con i loro fregi, costituiscono l’elemento più caratteristico della struttura, si inseriscono nelle quattro ali in modo non regolare: oltre ai quattro angolari, ce n’è uno solo nella galleria sud, al centro; ce ne sono due, uno ogni quattro colonnine, nella galleria ovest, e altri due, uno ogni tre colonnine, nella galleria nord; due infine sono i pilastri anche nell’ala est, la più breve, ma qui sono vicini tra loro, collocati al centro della galleria stessa.

Uno scorcio della galleria ovest
La pianta del chiostro

Non ci soffermiamo senza motivo sull’organizzazione spaziale del chiostro. Un altro tratto saliente di questa struttura, infatti, è che ci consente di immaginare come si siano sviluppati i lavori: il chiostro risulta costruito tutto nella seconda metà del XII secolo, e i fregi dei pilastri, che già abbiamo detto essere centrali nel disegno iconografico complessivo, sono stati scolpiti con una chiara e ricca profusione di figure e di episodi biblici solo nell’ala sud, mentre nelle successive gli scultori ripiegarono su un rilievo più semplice, decorativo, e i fregi si ridussero a nastri ornamentali; ne deduciamo che la galleria meridionale fu la prima ad essere realizzata, e i lavori progredirono poi – un po’ in fretta e con meno risorse – attraverso le ali successive, fino a quella settentrionale.

La prima parte del racconto della Genesi

Per la loro forma di lunghi rettangoli in cui gli episodi si susseguono, e per i temi che ospitano – ci troviamo il racconto biblico dalla creazione al primo peccato nell’Eden, poi le vicende di Caino e Abele e infine l’avventura dell’arca nel diluvio – i primi fregi istoriati della galleria sud, sul pilastro d’angolo con quella occidentale, richiamano potentemente le lastre di Wiligelmo a Modena. Gli episodi si susseguono scolpiti con un tratto semplice ma efficace, e tra le scene spicca quella del dialogo tra Adamo ed Eva e il Signore che, dopo aver creato i due progenitori, sembra istruirli con delicatezza e fiducia sulle poche regole che vigono nel Paradiso terrestre. Dopo i rilievi che sintetizzano la vicenda del diluvio universale, le fasce del primo pilastro narrano ancora, in successione, altre vicende dal Libro della Genesi: Abramo che alle querce di Mamre accoglie il Signore sotto forma di tre figure angeliche; il patriarca anziano che conduce il figlio Isacco sul monte e fa per offrirlo in sacrificio; poi ancora Isacco che benedice Giacobbe deludendo le attese del primogenito Esaù; la narrazione prosegue ancora con le vicende di cui è protagonista Giacobbe, che sogna la scala degli angeli, che lotta poi con uno di questi, che abbraccia Rachele e si ricongiunge con il padre di lei, Laban. Spicca per la bellezza ariosa, un questa fascia, la scena in cui Giacobbe, scoperchiato il pozzo, abbevera il gregge.

Giacobbe dà da bere al gregge
Una delle scene infernali

Il pilastro successivo, al centro della galleria sud, propone fregi altrettanto belli e intensi, anche se più consunti dal tempo; però dalla narrazione biblica, che si era avviata con puntuale progressione sul primo pilastro, ci porta diritti all’inferno, e agli ultimi giorni: particolarmente intensa è la raffigurazione della discesa di Gesù agli Inferi, mentre la parte che descrive i tormenti dei dannati sembra attingere ad un patrimonio figurativo più grottesco (che un poco ricorda la lastra infernale di Fornovo, sul Taro).

Particolare della discesa di Cristo agli Inferi

Risultano pregevolmente scolpiti, qui nel chiostro di Girona, anche molti dei capitelli; quelli istoriati, però, si concentrano anch’essi nella galleria sud, a dimostrazione che da qui si cominciò, con un grande entusiasmo che poi però non fu possibile mantenere. Nelle pagine del volume Catalogna di Zodiaque, che descrivono in modo completo il chiostro, Edouard Junyent riassume così il cambio di passo: “Iniziati dalla galleria sud, in un impeto di grande impegno decorativo che si estese ai blocchi di imposta, alle basi delle colonne e ai punti di intersezione degli archivolti interni, i lavori proseguirono nelle altre gallerie con l’abbandono di questi elementi e il ricorso all’espressione stereotipata. (…) Mano a mano che ci si allontana, hanno il sopravvento i motivi fantastici e quelli ornamentali”.

Uno dei due scalpellini al lavoro

E così, quasi rassegnati a non trovare, nelle gallerie successive, molto di interessante da vedere, è con sorpresa che incontriamo di nuovo un pilastro “narrante”: è quello più vicino nella galleria ovest, e il fregio che lo fascia propone, nei lati lunghi, due scene di grandissimo interesse perché descrivono e celebrano proprio i lavori di costruzione del chiostro: nella prima due scultori seduti su bassi sgabelli si danno le spalle mentre lavorano ciascuno ad un capitello, osservati da figure in abiti religiosi, forse dal vescovo benedicente; nell’altra scena tre operai trasportano, uno con un grande vaso sulle spalle, gli altri portando un pesante tino in legno, l’acqua necessaria al cantiere. Sono raffigurazioni semplici nei tratti, e però molto suggestive, e ci permettono di immaginare, con gusto e approssimazione ancora maggiori, il lavorìo, la fatica, l’entusiasmo con cui si diede avvio, ottocentocinquant’anni fa, alla realizzazione di questo grande chiostro, che avrebbe potuto risultare – se qualcosa non ne avesse intralciato lo sviluppo – uno dei più ricchi e colti di tutto il tempo romanico.

Si porta l’acqua al cantiere di costruzione.

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8 pensieri su “Girona, i fregi del chiostro ambizioso

  1. Esteve Roig Campama (da Fb):
    Mi permetta, caro Giulio Giuliani, di correggere/integrare il testo che accompagna una delle immagini di un fregio: è quella che lei cataloga come -“L’acqua è portata all’opera”-. che, sebbene sia vero che un personaggio trasporta una brocca d’acqua per dissetare i lavoratori, il motivo centrale ed essenziale della scena sono i lavoratori che trasportano un cesto/contenitore utilizzando travi di legno. Guarda l’oggetto che sporge dalla parte superiore: non ti “suona” familiare? 😁

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        1. Intanto grazie ad Esteve Roig Campama e ad Elena Biagini: la tesi che gli operai stiano trasportando una campana è senza dubbio suggestiva. Aggiungo solo che l’identificazione tra il grande contenitore e un tino pieno d’acqua non è mia, ma di Edouard Junyent, che spiega a modo suo anche “l’oggetto che sporge dalla parte superiore”. Nel volume Catalogna di Zodiaque parla di due operai “occupati a trasportare l’acqua necessaria ai lavori per mezzo di un recipiente a forma di tino, fatto di tavole tenute insieme da cerchi di ferro e completo di coperchio provvisto di manico”.

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  2. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Sorprendente questo chiostro non tanto per la sua forma irregolare o per la sua struttura in alzato, quanto per accogliere la principale decorazione non come di consueto nei capitelli, ma in fregi orizzontali che, istoriati, descrivono scene del Vecchio Testamento in modo accurato, come raramente si vedono altrove.
    Non ne ricordo infatti di simili tra i tanti chiostri romanici che ho ammirato.

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