L’abside? E’ un potente evidenziatore

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San Pietro a Grado, abside

L’abside di una chiesa è una parabola, è uno specchio convergente. Già nelle basiliche dei primi secoli del cristianesimo, tutto il cammino della navata conduce a questo luogo che moltiplica la magia di quanto accade sull’altare. “La ripresa dell’abside delle architetture civili nella basilica paleocristiana – scrive Raymond Oursel – era ispirata dal proposito di inquadrare l’azione eucaristica, fondamentale nella liturgia, in uno spazio perfetto e specifico, offendo al tempo stesso a colui che presiedeva l’assemblea un posto e un seggio in posizione preminente. La copertura mediante una volta di un quarto di sfera, chiamata pittorescamente ‘conchiglia’ dai testi antichi, e detta ‘catino’ dagli archeologi, ne accentuava la solennità, tanto più che le altre parti dell’edificio erano coperte da capriate in legno o da un soffitto piano” (Oursel, R. Architettura romanica, p. 221).

Come nelle basiliche paleocristiane, anche nella chiesa romanica l’abside conclude con il proprio emiciclo il cammino rettilineo delle colonne, e il cammino rettilineo del fedele. E così facendo ripete e ripropone, anche in orizzontale, il progresso dal quadrato al cerchio – cioè dalla terra e al cielo, dall’uomo a Dio – che già la navata propone in verticale: così come la sezione verticale della chiesa romanica è composta dal semicerchio della volta a coprire il quadrato dell’aula, allo stesso modo la sezione orizzontale conduce il fedele dal quadrilatero della navata al semicerchio dell’abside. Lo conduce, cioè, dalla terra al cielo, dall’umano al divino.

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L’abside di San Michele a Hildesheim

L’abside addirittura raddoppia questo percorso dalla linea retta a quella tonda, e quindi moltiplica magicamente il progresso, il salto verso la dimensione soprannaturale: con la propria sezione curva, infatti, conclude con un cerchio l’aula rettangolare; ma poi, con catino che la sovrasta, conclude di nuovo con un cerchio il proprio stesso rettangolo. Ne risulta che l’emiciclo dell’abside è contemporaneamente la conclusione tonda dell’aula e la conclusione tonda della sezione verticale dell’abside stessa. In quel catino, quindi, ogni linea convergente – che sia orizzontale o verticale, che sia a livello di pavimento o più su, in alto – da retta diventa curva. Porta dalla terra al cielo, dall’umano al divino.

Come fosse una grande parabola, il catino dell’abside devia ogni linea che lo raggiunge, e ogni sguardo che riceve, verso l’altare sottostante. E dell’altare diviene non solo la copertura, ma piuttosto una grande macchina evidenziatrice, un grande specchio che riflette sul sacrificio eucaristico la luce della chiesa e le attese del popolo riunito.

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Agliate, la navate e l’abside

 

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7 pensieri su “L’abside? E’ un potente evidenziatore

  1. Avatar di Laura Laura

    Spiegazione utilissima per chi, come me, non ha alcuna formazione in architettura o storia dell’arte, ma è affascinata da queste forme e spazi.
    Certo lo scopo è proprio quello di portare la comprensione del messaggio ad un livello profondo, anche se inconscio, credo.
    Grazie davvero.

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  2. Walter Scarpi (da Fb):
    La conchiglia aperta a ventaglio sulla perla più lucente, specchio parabolico che raccoglie gli sguardi, li concentra e li indirizza in un punto solo, quarto di sfera collocato nell’unico modo sensato.

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  3. Pingback: Vocabolario dell'architettura medievale – DIARIO DELL'ARTE

  4. Mario Parabiaghi (da Fb):

    Forse sarebbe il caso di ricordare che il catino absidale ha anche una precisa funzione pratica, quella di dirigere il suono – della voce del celebrante e/o del coro – verso l’assemblea. Lo ricordava con precisi argomenti anche Enrico Cattaneo, docente di Storia della Liturgia al tempo, ahimè lontano, dei miei studi universitari. Per la stessa esigenza acustica il pulpito del predicatore era pressoché sempre, nelle chiese grandi, piuttosto avanzato nella navata.

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