Nella quasi totalità, i portali romanici sono stati scolpiti e messi in opera dopo l’Anno Mille. Rappresentano quindi il grande evento atteso per secoli – il ritorno del Salvatore che viene a giudicare il mondo e gli uomini – ma lo fanno a posteriori. Lo fanno dopo che l’appuntamento è trascorso senza che nulla accadesse. Lo fanno anche se l’appuntamento è trascorso senza che nulla accadesse.
Dobbiamo dubitare dello stretto collegamento tra le grandi lunette romaniche e la tensione apocalittica? Dobbiamo concludere che il Giudizio finale rappresentato è un tema semplicemente artistico, o devozionale? E ancora: dobbiamo pensare che proprio i più importanti tra i timpani romanici – Conques, Autun e Moissac – poiché realizzati almeno cent’anni dopo gli anniversari della nascita e della morte di Gesù, sono ormai opere “di maniera”?
Per due motivi la risposta è no. Per due motivi si possono ammirare questi capolavori certi che, anche se realizzati in pieno XII secolo, sono comunque l’opera di artisti che davvero ancora temevano e speravano la fine del mondo, che i cieli aperti per il ritorno del Giudice Salvatore.
Il primo motivo è evidenziato da molti studiosi, ed è il seguente: tutto il Medioevo è permeato da ansie apocalittiche, che non si spengono all’indomani del millennio della nascita di Gesù (nell’anno Mille) o del millennio della sua crocifissione (nel 1033): per tutto il Medioevo, ben al di là di queste date, la fine dei tempi è comunque vicina, certa nelle modalità e nelle conseguenze.
Lo spiega bene George Duby:
Il disordine dell’universo invita a fare penitenza. I pensatori dell’XI secolo – anche se, come Abbone di Fleury, si rifiutano di seguire i campioni del millenarismo e di situare in un punto preciso dell’avvenire il giorno dell’ira divina – interpretano tutti la storia del loro tempo fondandosi sul discorso escatologico di Gesù, quale è riferito nei tre Vangeli sinottici: “Vi saranno grandi terremoti e pestilenze e carestie; vi saranno anche fenomeni terribili e grandi segni nel cielo… (Luca, 21). Sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti, che opereranno segni e prodigi… (Matteo, 24)”. Le eclissi, le balene mostruose, i manichei d’Orléans, le apparizioni dei santi, quelle del Diavolo e dei morti, annunciano in modo permanente che il mondo è transitorio, condannato e che deve sopraggiungere la sua fine. Da qualsiasi parte vengano, tali perturbazioni vogliono strappare l’uomo alla sua tranquillità, tenerlo all’erta e incitarlo a purificarsi: “Vegliate, dunque, perché non sapete in che giorno verrà il vostro Signore…; perciò anche voi tenetevi pronti, perché nell’ora che non vi aspettate il Figlio dell’Uomo verrà”… (Duby, G., L’Anno Mille, p. 118).

La “fine del mondo” nel portale di Conques, dettaglio
C’è poi un secondo motivo, ed è il seguente. Alle due date “apocalittiche”, in cui il mondo romanico concentra fino allo spasimo l’attesa dell’ultimo giorno – l’Anno Mille e l’anno 1033 – se ne aggiunge una terza molto più tarda. Gli uomini del Medioevo hanno infatti fissato come terzo appuntamento per la fine del mondo – lo spiega benissimo il volume Millenium, di Tom Holland, edito in Italia da Il Saggiatore – il giorno in cui la Cristianità avrebbe riconquistato Gerusalemme. A Gerusalemme riconquistata doveva trionfare l’Anticristo, là doveva avvenire l’ultimo scontro, e solo dopo questi eventi sarebbe arrivata la Fine. Ebbene, tutto l’XI secolo aspetta la riconquista della Città Santa, che avverrà poi nel 1099. Così tutto l’XI secolo è ancora permeato di ansia, speranza e attesa. L’appuntamento dell’Anno Mille, ripropostosi nel 1033, è rimasto quindi vivissimo, posticipato e desiderato, per un altro secolo ancora, fino agli eventi di Terra Santa del 1099.
I grandi portali romanici dei primi decenni del XII secolo, quindi, tornano ad essere decisamente e pienamente contemporanei alle ansie della fine del mondo: non opere didascaliche, perché posteriori, ma ritratti pieni e sentiti delle paure e delle tensioni apocalittiche, ancora fortissime.
Leggi anche: E sopra l’ingresso scolpirai il Giudizio
Viviana Tignonsini (da Fb):
Nonostante questo la spada del giudizio universale continua a pendere sulle teste dei popoli.
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C’è anche il 1260… Data di svolta del chiliasmo resa importante dal movimento degli “spirituali” francescani influenzati dal millenarismo di Gioacchino da Fiore e convinti della identificazione di san Francesco con un “alter Christus” già venuto sulla terra a inaugurare l’ “era dello Spirito”. Le concezioni della storia di origine agostiniana che si erano consolidate nel corso di tutto il medioevo latino subiscono una svolta con le nuove proposte dottrinali contenute nelle opere si san Bonaventura da Bagnoregio, divenuto nel frattempo generale dell’ordine francescano.
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Sergio Giovannetti (da Fb):
Interessantissimo, perché a me era sempre venuto il dubbio che questi portali che, specialmente in pievi di campagna vanno ben oltre il mille, fossero un modello che gli artigiani riproducevano sempre, come quasi un calco e una forma, perché quello solo sapevano fare, quella la loro formazione di scuola. Ed è poi anche vero che il tema del Giudizio Universale si troverà poi negli affreschi ben oltre il Medio Evo.
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