Il tempo nascosto nei numeri di pietra

L’uomo romanico vive in attesa dell’Ultimo Giorno, che viene; e conta i giorni che – come granelli nella clessidra – conducono al momento, spasmodicamente atteso, della fine del tempo. Ossessionati dall’ansia per il grande Giudizio finale, gli scultori romanici lo rappresentano nella pietra, per figurarselo e per comprenderlo; e allo stesso modo si sforzano di rappresentare il tempo – quello dei giorni e degli anni, del ripetersi delle stagioni e delle occupazioni agresti – per provare a sottometterlo.

Più avanti, nei decenni che portano verso il gotico, una nuova consapevolezza riconcilierà gli uomini, e i cicli dei lavori dei mesi fioriranno più sereni. Ma nei secoli romanici, ancora ci si prova: si fatica ad imbrigliarlo, questo tempo; si cerca di dimostrare di avere una seppur minima misura di controllo rispetto ad una realtà – il tempo, appunto – da cui invece ci si sente schiacciati e sbattuti in ogni direzione. Passa in verità sull’uomo del medioevo, il tempo, come un esercito potente; fa e disfa, semina morte e sofferenza e solo a volte restituisce ciò che ha sottratto. Lo sintetizza bene Marc Bloch: “Quegli uomini, sottoposti intorno a loro e in se stessi a tante forze spontanee, vivevano in un mondo il cui svolgimento sfuggiva tanto più dalle loro mani in quanto erano incapaci di misurarlo” (La società feudale, p. 91).

Così, sommandosi agli zodiaci, sono tanti gli elementi che in numero di dodici o di trenta e trentuno, e anche di 365, ricorrono nei portali romanici a ricordare l’anno, i giorni e i mesi: rispondono ad una impellente necessità dell’uomo medievale, quella cioè di parcellizzare il fluire del tempo, in cui la sua vita quotidiana si inserisce smarrita e priva di riferimenti; scandirlo, scolpirlo – questo tempo sfuggente – significa in qualche misura dare ad esso un senso, renderlo comprensibile, anche per giustificare e rendere meno vane e meno assurde le fatiche della terra dentro le stagioni.

In un portale romanico, allora, si possono trovare molti riferimenti al tempo, anche non evidenti a prima vista. Abituati a rappresentare per simboli, gli artisti romanici rappresentavano il tempo anche attraverso i numeri. E nei portali scolpiti, essi avevano la possibilità di parlare del tempo anche ricorrendo a quelli che noi oggi sembrano puri elementi decorativi, utilizzando appunto il linguaggio dei numeri. In proposito, le dense pagine del volume I simboli del Medioevo, di De Champeaux e Strerckx, riportano una fitta serie di esempi.

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Il portale di Lescure d’Albigeois

Nel portale di Lescure d’Albigeois la ghiera esterna è costituita da 52 piccole sfere, a rappresentare le 52 settimane dell’anno; non solo: “tre monogrammi cristici posti nel muro occupano su questo quadrante i posti che occupano, nei timpani a zodiaco, il solstizio d’estate e i due equinozi” (De Champeaux, G. e Sterckx, S., I simboli del Medioevo, p. 417).
Nella chiesa di Santa Croce di Bordeaux, i Vegliardi scolpiti sul semicerchio, invece di essere 24 come nell’Apocalisse, diventano 36, a rappresentare i 360 gradi del cerchio completo. E nella chiesa di Notre-Dame a Vouvant “36 personaggi identici allineati fianco a fianco vengono ripartiti attorno ad un personaggio centrale collocato alla chiave di volta, simile in tutto agli altri ma largo la metà; ciò che aumenta le 36 decine di mezza decina, oppure 360 di 5: i 365 giorni dell’anno” (ibid, p. 416).

Sono 36 più uno anche i personaggi della ghiera centrale nel portale di Notre Dame di Castelviel: tirano una fune, schierati diciotto per parte, mentre un personaggio posto al centro sembra neutrale tra i due schieramenti.

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Il portale meridionale della chiesa di Aulnay-de-Saintonge

Il gioco di corrispondenze tra figure, numeri e tempo – particolarissimo nel portale di Vézelay, di cui si parla in un altro articolo – appare ancora più complesso nel portale meridionale della chiesa di Aulnay-de-Saintonge, che si propone, anche dal punto di vista estetico, come uno dei più belli del periodo romanico: “Il primo arco, nel centro, è scandito da sei leoni-grifoni; 6, cifra della creazione messa in rapporto con l’opera dei 6 giorni (…). Il lato verticale del secondo arco è occupato da 12 coppie di personaggi rappresentanti le 12 ore diurne e le 12 ore notturne che costituiscono complessivamente le 24 ore della giornata”. Poi addirittura, pur di proseguire in questo percorso di assonanza tra numeri e calendario, il portale di Aulnay mette in campo 7 vegliardi in più rispetto al numero canonico di 24: “Il terzo arco raffigura invece 31 Vegliardi dell’Apocalisse con le loro viole e le loro coppe: i 31 giorni del mese. L’arco più esterno, infine, accoglie 36 soggetti corrispondenti ai 36 decimi del cerchio” (ibid, p. 417), il quale, come tutti sanno, consta di 360 gradi.

Al centro dell’arco del tempo, dell’“arco dell’anno”, sta normalmente il Cristo “cronocratore” – assente invece ad Aulnay -: il Salvatore si dichiara così il padrone del tempo, il sole dell’anno, e la stupefacente simbologia del romanico non manca di evidenziarne il potere.

Il portale di Aulnay, veduta complessiva

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16 pensieri su “Il tempo nascosto nei numeri di pietra

  1. Avatar di Roberto Arcagni Arcagni Roberto Arcagni Arcagni

    Per me molto interessante … il coinvolgimento simbolico del rascorrere del tempo nella architettura mi era noto ma non la sua raffigurazione così dettagliatamente commentata da questo articolo . Uno spunto per proseguire nello argomento !

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  2. Barbara Barbara (da Fb):
    Testo molto interessante e veramente ben scritto. Il portale testimonia, documenta la maestria e il senso artistico degli scultori medioevali. Al centro il Cristo ‘cronocratore’. Il Cristianesimo sottende la nostra cultura ed è un suo grande ispiratore e non dovremmo mai dimenticarlo.

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  3. Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
    Mi emoziona sempre leggere queste belle descrizioni che fanno notare i dettagli che possono sfuggire quando si guarda una fotografia. Dal vero è sensibilmente diverso ma non si può andare ovunque.

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  4. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Un portale stupendo, ancorché privo di lunetta, tutte la scultura si dipana sulle molteplici ghiere concentriche dell’arco che lo sovrasta. Tra la sfilata di figurine che da una parte si sostituiscono alla consueta decorazione geometrica, dall’altra narrano storie che ai più sfuggono, se guardati superficialmente.
    Serve quindi soffermarsi ad analizzare il senso di tali sculture, come sempre Before Chartres sa fare.

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