Un mare agitato ricopre Saint-Philibert

A Tournus c’è un castello di pietra che ha un mare agitato come copertura: è la chiesa di Saint-Philibert, per molti motivi bella, ma poi unica e inimitata per la particolarissima volta che gli architetti le regalarono, forse ancor prima del XII secolo.

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La basilica e l’insediamento circostante

E’ bella fuori e bella dentro, la chiesa del monastero di Tournus. E’ stata ed è il cuore del monastero attivo e vivace già dal IX secolo, tanto che, guardando dall’alto la città, si scorgono ancora tutto intorno alla basilica le forme arrotondate dell’insediamento religioso e delle pertinenze strette della comunità dei monaci. La chiesa le domina come un castello, costruito in pietre piccole ma non per questo meno forti; a sua volta è dominata da due campanili, uno sulla facciata (che è asimmetrica poiché l’altra torre, sull’altro lato della fronte, non è stata completata), un secondo tirato su all’opposto, sul transetto.

Dentro, tornano le pietre piccole e brune. E la chiesa, in ogni sua parte, è un gioco di architetture e rispondenze. Puro, e tutto costrito su una caldissima rispondenza di pesi e tensioni, è il nartece a due piani, peculiare risposta francese al westwerk di tante grandi chiese tedesche. Pura, priva di decorazioni, è la navata, anch’essa esempio di equilibrio e di originalissima ricerca architettonica. Sono le grandi colonne cilindriche in mattoni a rendere inconfondibile Saint-Philibert: tornano, con lo stesso grande diametro ma con un’altezza differente, in tutte e tre le parti della basilica: più tozze nel piano basso del nartece, già più slanciate in quello superiore, e infine slanciate a tutt’altezza nella navata. Comunque identiche nella struttura, comunque inconfondibili.

A rendere particolarissima la chiesa di Tournus, però, è un’altra peculiare scelta dei suoi architetti: la decisione, cioè, di coprire la navata centrale con una volta a botte – anzi con più volte a botte – costruite “al contrario”, in senso trasversale rispetto alla navata. Copre ogni singola campata, quindi, una volta a botte che si estende da un muro laterale all’altro. E queste “fette” di volta a botte si rincorrono, una per ogni campata “al modo del succedersi delle ondate sulla superficie di acque agitate” come scrive Raymond Oursel nel suo La Borgogna romanica.

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La copertura “a volte a botte trasverse”

Questa copertura “a volte a botte trasverse” – che non si ritrova altrove se non nella vicina chiesa di Mont Saint-Vincent, come opportunamente segnala l’ottimo blog di Jean-françois Bogue – ha un duplice vantaggio rispetto alla volta a botte consueta. In primo luogo la “soluzione Tournus” non scarica il peso della copertura sulle pareti esterne, come invece fa la volta a botte normale, che le preme e rischia di farle aprire e crollare sotto il proprio peso; a Tournus, anzi, ogni singola campata – ogni singola volta trasversa – scarica il peso sulla precedente e sulla successiva, e tutte si sostengono così a vicenda; fino a quelle di testa, che si appoggiano la prima al nartece e l’ultima al transetto. In secondo luogo, le volte trasverse di Saint-Philibert disegnano un arco là dove si appoggiano alla parete, da entrambe le parti; e sotto quest’arco – cosa notevolissima – si poterono aprire, due per ogni campata, ampie finestre. La volta a botte normale impedisce l’apertura di ampie finestre sulle pareti alte, e allo stesso modo la impedisce la copertura a cupole successive, che un po’ somiglia alla “soluzione Tournus”; per aver la stessa luce che si diedero gli architetti di Saint-Philbert già nell’XI secolo, si dovrà attendere l’introduzione della volta a crociera.

Eppure, nonostante i “meriti” di questa innovativa soluzione, il percorso “ufficiale” del romanico, che pure è ossessionato dal problema della copertura della navata, andò per altre strade. L’esempio di Saint-Philibert, con le sue volte a botte messe di traverso, restò non imitato. E la chiesa di Tournus, così, può dirsi speciale anche perché ha il mare, al posto del cielo, sopra la sua navata.

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12 pensieri su “Un mare agitato ricopre Saint-Philibert

  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Come sempre ci conduci ad ammirare le architetture che ci proponi attraverso immagini poetiche. La similitudine ci porta a vedere nelle volte le onde del mare. Sublime.
    Venendo ad argomenti più prosaici devo dire che gli archi trasversi, che citi, erano in effetti già, anche se raramente, utilizzati in epoca romanica (vedi Santa Maria Maggiore di Lomello, presso Pavia).
    Però davvero rarissimo, se non unico, questo loro utilizzo a sostenere volte a botte disposte trasversalmente. Trovo perfettamente azzeccata la tua lettura strutturale delle volte, in parte, “autoreggenti”.
    Sarei curioso di sapere se si tratti di una soluzione mai vista altrove, quindi un “unicum”, o se ci siano altri casi, che io al momento proprio non ricordo.
    Sarebbe, peraltro, anche incredibile che una chiesa di questa assoluta rilevanza non avesse delle “discendenti” per tipologia.

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    1. Jean-françois Bogue (da Fb):

      Cher Paolo Salvi, c’est un excellent souvenir pour moi aussi . J’avoue que comme vous je me suis souvent interrogé sur l’existence d’autres berceaux transversaux, c’est très étonnant d’ailleurs. Il y en a un à coté de Tournus au Mont Saint-Vincent je l’avais évoqué dans mon blog. J’ignorais qu’il y avait un exemple aussi en Italie.

      https://vogage-roman-art.blogspot.com/2011/04/rudesse-du-mont-saint-vincent.html?fbclid=IwY2xjawJ2B75leHRuA2FlbQIxMABicmlkETBmNTQ4QmhaU28zMThTZmZvAR54P0fwoEyj6DS_pSpQTBx0bwh4kOhYTNfnW84LccZoh1NVLZUQ9iUcPUcP4w_aem_GinZ2HJ7HZqA9Lh03K7VNg

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  2. Maurizio Calcani (da Fb):

    Ho avuto la fortuna di vederla l’anno scorso, anche se si era un po’ di fretta e non ho visitato il piano superiore del nartece… grande edificio con bellissimi capitelli posti però troppo in alto, poderose colonne e queste volte a botte longitudinali, uniche…

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