
San Vittore, il lato e la parte absidale
Alcune chiese romaniche sembrano sorgere come costruzioni “ideali”, con una pianta e un alzato che quasi concretizzano un sogno, una filosofia: è il caso dell’abbazia di San Vittore alle Chiuse, in terra marchigiana. Austera e coerente, lineare ed asciutta, simmetrica nella sua pianta centrale, San Vittore – che molti per questo hanno affiancato a Castel del Monte – è in sostanza costruita su un perimetro quadrato, e il suo interno è a sua volta diviso in nove quadrati equivalenti. Le nove campate sono tutte coperte da una crociera tranne quella centrale che termina in una cupola, coperta a sua volta dal tiburio; ed hanno tutte la stessa altezza, tranne appunto quella centrale, più elevata.

La pianta
San Vittore è quindi, vista dall’alto, come un grande campo per il gioco del “tris”, dove i contendenti abbiano posto già le loro “x” su tutti i quadrati tranne su quello centrale. A dare un minimo di orientamento alla chiesa sono l’entrata, posta su uno dei lati e circondata in origine da due torri rotonde, e le absidi che si addossano ai restanti tre lati: le tre poste sulla parete opposta all’ingresso danno appunto l’indicazione di un percorso che va dalla porta al luogo della celebrazione, appena rialzato; questo orientamento è comunque in parte mitigato dalla collocazione di due absidi anche sui due altri lati – una a destra e una a sinistra -, anch’esse di grande dimensione e della stessa altezza delle altre.

L’interno
La facciata dell’abbazia è ora stravolta: due erano le torri circolari, identiche, che la inquadravano, ma quello di destra, presto crollata, è stata sostituita da un torrione quadrato, e anche il nartece è aggiunta posteriore. Ma l’interno stupisce per eleganza e purezza. Bastano quattro pilastri, agli angoli del quadrato centrale, a reggere il tiburio in centro e le crociere sui quadrati perimetrali. Tutta la struttura – i pilastri, le pareti, le volte, le absidi, i catini, la cupola del ciborio – è costruita in muratura, come un grande Lego. All’interno, non una sola decorazione scultorea: nulla distrae gli sguardi dall’ammirare questo progetto “ideale”, questo luogo perfetto di culto disegnato e realizzato come si realizza un sogno.
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Chi costruì San Vittore alle Chiuse ripropose il suo progetto altre volte, e altre volte riuscì a realizzarlo. Nella stessa epoca e nella stessa area, San Claudio al Chienti presso Corridonia presenta una pianta pressoché identica, con lo stesso quadrato a sua volta diviso in nove quadrati equivalenti, e con le stesse torri circolari in facciata; anch’essa molto bella, presenta però una singolare cesura in altezza, che la divide in due piani, in pratica in due chiese sovrapposte. Pianta identica anche per Santa Maria delle Moje e per Santa Croce a Sassoferrato, ora entrambe assai modificate nell’alzato.
Disegnate dallo stesso architetto o collegate l’una all’altra da un’intensissima ricerca comune, le quattro chiese marchigiane “deutero-bizantine a croce greca inscritta in un quadrato” (per usare la definizione di Paolo Favole, Le Marche in “Italia Romanica”, Jaca Book) datano alla fine dell’XI secolo o all’inizio del XII. Si collocano tutte in un’area del territorio marchigiano visitabile in una giornata.
Affascinante.
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Ho conosciuto il Paolo Favole (architetto) che citi. Ha scritto anche sulle città murate medievali; Pizzighettone in particolare.
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Le collane italiana (gialla) ed europea (tortora) della Jaca Book sono un must per ogni studioso e appassionato di romanico.
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Bruna Stefanini (da Fb):
Molto interessante, ma una precisazione: all’interno un elemento decorativo c’è, un segno di infinito nello strombo dell’ingresso laterale all’abside maggiore… https://piccolestorienellapietra.myblog.it/2014/04/23/di-infinito-ce-ne-uno-solo/
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Vero. Molti ipotizzano, su quel segno… Io non sono particolarmente appassionato alle ricerche estreme di simbologia… Mi interessava evidenziare come non ci fossero decorazioni nel senso ampio del termine.
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Paolo Lazzarini (da FB):
San Vittore ricostruita forse da architetti musulmani a croce greca con 4 colonne e 9 settori. Simile ad altre chiese marchigiane: Rambona Pollenza. Santa croce Sassoferrato. Santa Maria di Moie. San Claudio Corridonia. Sono un’evoluzione dallo stile Romanico longobardo dell’XI sec. Ma la chiesa è paleocristiana per questo si scelse S.Vittore uno dei primi Papi per patrono. Fu un’importante diocesi. E pare che dal Monastero maschile un tunnel portasse a quello femminile.
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Flavius Stilicho (da Fb):
Molto interessante . Tuttavia, a mio parere personale, non è necessario pensare ad un unico architetto per tutte quattro,le chiese. Ho la sensazione che S. Claudio al Chienti sia stata di prototipo per le altre.
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Luca Borgia (da Fb):
Pare proprio che sia stata la prima, S. Claudio; chi le ha studiate a fondo (la tedesca Sahler) e chi ne ha parlato in seguito (che io sappia, il prof. Piva) o bene o male ritiene S. Claudio la prima del gruppo di 4 chiese, seguita da S. Vittore. Poi le Moje e S. Croce di Sassoferrato. C’è da dire che qualche analogia (qualche, meglio ribadire) si riscontra pure in S. Maria di Portonovo, altra chiesa particolare e molto originale.
In base a quel che ho letto tra S. Claudio e S. Croce ballano parecchi decenni, dalla seconda metà del XI alla seconda del XII sec.
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Flavius Stilicho (da Fb):
Grazie. Sapevo dello studio della prof. tedesca, ma non l’ho mai letto. Mi basavo solo sull’impressione personale…
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Luca Borgia (da Fb):
Io ho provato a ordinarlo, essendo uscito in italiano, ma non se ne trovano copie…Piva, in Marche Romaniche (due edizioni, l’ultima del 2014), riprende la Sahler e, a parte qualche cosa, o bene o male concorda… non ho sottomano i libri in questione, altrimenti avrei sparato datazioni più sicure.
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Flavius Stilicho (da Fb):
Ah, quindi il libro non si trova…comunque, pensandoci, i capitelli di S. Croce appartengono sicuramente ad modo di costruire successivo a quello che si vede nelle altre chiese.
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Marisa Bianchi (da Fb):
La passione per le chiese romaniche, intatta dopo anni! Anche per me hanno un fascino particolare, quello del messaggio insito nei particolari architettonici, nelle scelte costruttive e poi estetiche. Il cristianesimo originario che si fa pietra di costruzione…
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da quelle parti anche S. Vincenzo alle Gole del Furlo…nuda da decorazioni e fregi, ma magnetica per luogo e contesto.
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Donatella Butera (da Fb):
Una vera scoperta per me! Grazie! Incredibile la pura bellezza di questa struttura!
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Paolo Salvi (da Fb):
Edificio e luogo incantevoli, ad un passo dalle grotte di Frasassi, tra le più belle d’Italia. San Vittore alle Chiuse risplende per la sua semplicità e bellezza stereometrica e per l’originalità planimetrica: quasi una pianta centrale come altrove nelle Marche col suo schema ad quadratum.
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Daniele Panarella (da Fb):
L’area, dopo un boom turistico durato fino a pochi anni fa, sta subendo un drastico calo purtroppo.
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Paolo Lazzarini (da Fb):
Vicino si trova Santa Croce dei conti, Atti Sassoferrato. Poi Santa Maria Di Moie di Maiolati Spontini. Quindi San Claudio in Chienti a Corridonia. Lono le 4 Chiese marchigiane con pianta a 9 quadrati. Ma ho notato pure S. Maria di Rambona a Pollenza. È possibile che gli architetti fossero Musulmani dell’enclave di Lucera. Assomiglia d alcune moschee. I franco-svevi spesso si servivano di studiosi islamici sia come insegnanti che come ingegneri ma pure come guardia imperiale. Spesso si dimentica l’importanza dell’Islam dopo le invasioni barbariche.
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Marjno De Ljguori (da Fb):
Il tre al quadrato, ma con l’elemento centrale sempre distinto, andrebbe forse letto come una simbologia trinitaria in chiave bizantina, con il Padre leggermente più su?
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Si può anche ipotizzare questa simbologia. Certamente, la pianta centrale e la simmetria della distribuzione degli spazi – realizzati tra l’altro in purezza e con perfetta linearità – mirano a rappresentare degnamente la perfezione divina.
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Se non sbaglio un’altra delle poche chiese romaniche italiane voltate in pietra…
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San Vittore è particolare, ma nella zona ce ne sono molte altre che spero verranno trattate presto in questo bellissimo blog! L’abbadia di Chiaravalle di fiastra a Tolentino, quella di santa Maria a pie’ di Chienti a Montecosaro, l’abbazia di Chiaravalle (AN),san Firmano a Montelupone, san Biagio in caprile e san Cassiano a Fabriano, la bellissima abbazia di sant’Elena a Serra San Quirico e di sant’Urbano ad Apiro…per citarne alcune.
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Io conosco meglio le splendide Marche rinascimentali, ma di recente sto scoprendo anche un grande romanico in una terra cosi’ bella e ricca di bellezza. Spiegazioni interessanti per uno come me che non è prettamente un “romanicista” ma ama l’armonia e la storia dei luoghi.
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Se proprio si vuole chiamare in causa il simbolismo, direi che, per le chiese “cubiche” citate, quello relativo alla forma della Gerusalemme Celeste è quello che viene in mente con più facilità.
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Questa chiesa la conosco molto bene, è nel comune di Genga dove mia madre è nata e dove ho passato molte estati… Ci ho trascorso molte ore in perfetta solitudine, da studente di architettura prima e giovane architetto poi, esaminando pietra dopo pietra, cercando di carpirne i segreti. Si può dire che la mia passione per le pievi ed abbazie romaniche nasca in buona parte da qui.
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