Nozze di Cana, un libro aperto su Gesù

Occorre essere sinceri: tutti conosciamo per fama il chiostro di Moissac, tutti ne ammiriamo l’eleganza raramente eguagliata altrove; ma che fatica leggere quei capitelli, così pesantemente rovinati dal tempo!

Le figure sgretolate sono quasi un marchio di fabbrica dei capitelli dell’abbazia; le teste asportate, spaccate a colpi di martello dai soldati napoleonici che vi alloggiano troppo a lungo, sono quasi la totalità. Pensateci: quanto più gli scalpellini che operarono nel chiostro “narrarono” con le loro sculture, quanto più si impegnarono a “raccontare”, scolpendo vicende e riempiendole di figure – è proprio qui a Moissac, si dice, che nacquero i capitelli “istoriati”! -, tanto più decretarono per quegli stessi capitelli una fine cruenta; perché proprio figure e volti scatenarono lo scempio. Finisce che a Moissac si ammirano splendidi capitelli “decorati” a fogliame e a girali, che sono elegantissimi e sono molto ben conservati proprio perché privi interesse per la furia dei rivoluzionari; e invece poi davanti ai molti capitelli “istoriati” non si può che sconsolarsi, tanto sono stati rovinati e resi di difficile lettura.

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Uno scorcio del chiostro di Moissac

Aiutano non poco, quindi, durante la visita al chiostro, le fatiche degli storici dell’arte, che hanno comunque provato a decifrare ogni scena; e aiutano, in questo lavoro di interpretazione, le molte “didascalie” – singole parole e a volte intere frasi – incise dagli scultori negli abachi o sullo sfondo delle varie scene.

E quando andrete a Moissac, cercate con pazienza il capitello delle Nozze di Cana. Dedicategli un po’ del vostro tempo. Fatevi aiutare dalle iscrizioni e troverete innanzitutto un servo che attinge dal pozzo: egli procura e prepara l’acqua che Gesù trasformerà nel nuovo vino delle nozze – VIN[V]M CANA spiega la didascalia -. Ecco poi il miracolo, su uno dei lati lunghi: a destra il Maestro, con l’aureola di croce, già stende la sua mano su tre giare – IDRINAS, che sta per “hydrias” – nell’atto di mutare l’acqua in vino; e dietro di Lui c’è Colei che volle questo primo miracolo – l’iscrizione dice S[ANC]T[A] MARIA – e premurosa si preoccupa dei commensali; i quali a loro volta già banchettano, sul lato opposto del capitello, dove l’iscrizione recita I[N] VINO VE[RE] FA[C]TA, per dire che l’acqua è “davvero diventata vino”.

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Capitello delle Nozze: mentre Gesù compie il miracolo, un apostolo mostra il libro aperto

E poi la sorpresa, la presenza inattesa, il tocco di genio dell’artista romanico, o del teologo che ne guida la mano: di fonte a Gesù benedicente, a sinistra, un apostolo ostenta un libro aperto, e letteralmente si prende la scena. Come accade non di rado nell’arte medievale, un gesto non previsto dal copione – il breve racconto evangelico (GV 2, 1-11) non accenna a nulla di simile – diventa il più importante e il più significativo. Quel libro spalancato infatti è la vicenda futura di Gesù sulla terra, il racconto dei miracoli che verranno, la salvezza annunciata e realizzata, E sta lì, proprio al centro del miracolo di Cana, perché quello che si sta compiendo non è solamente il primo dei prodigi, ma quello in cui il Maestro si rivela, si annuncia, si mostra – proprio come un libro aperto – in tutta la sua potenza di taumaturgo e Salvatore.

“Così Gesù diede inizia ai suoi miracoli in Cana di Galilea – scrive Giovanni -, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”: mentre il primo miracolo si compie, il libro della Promessa si apre tra le mani di chi crede in Lui, e da Lui attende il vino nuovo e l’acqua che davvero disseta.

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L’altra faccia maggiore del capitello delle Nozze di Cana: lo sposo e la sposa banchettano

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Lunga è la storia dell’abbazia di San Pietro a Moissac, la cui fondazione risale addirittura all’epoca merovingia, e complessa è la vicenda del suo chiostro. Una lapide interna lo dice costruito nell’anno 1100, permettendo di riferire quindi la struttura e i suoi capitelli ad un periodo “alto”, e di considerarli un modello per le strutture simili del tempo romanico. Nel basso medioevo fu smontato e rimontato; negli anni della Rivoluzione Francese fu privatizzato come fabbrica di salnitro e a lungo messo al servizio dell’esercito; ai tempi della costruzione della rete ferroviaria rischiò di essere distrutto per far passare i binari, all’ultimo poi deviati per quanto necessario ad evitare uno scempio ulteriore.

Giunto fino a noi, così, il chiostro si presenta come una splendida struttura: le sue quattro gallerie – in cui 116 colonne singole e binate si alternano regolarmente – e i suoi capitelli dalla slanciata struttura a triangolo contendono al monumentale portale dell’abbazia, scolpito vent’anni più tardi, il primato di opera più significativa di Moissac e di tutta la regione.

Come ha fatto per altri grandi chiostri, il progetto Cenobium ha fotografato e commentato, ad uno ad uno, tutti i capitelli di Moissac. Un’operazione impagabile – da cui sono tratte alcune delle foto di questo post – che consente di ammirare ogni pezzo nel dettaglio con una chiarezza assoluta.

 

Non c’è, questo capitello delle Nozze di Cana, nel volumetto sui capitelli romanici che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E però ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI

8 pensieri su “Nozze di Cana, un libro aperto su Gesù

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Giuseppe Berton (da Fb):
    Testo appassionato e appassionante! Grazie! Spero non sia inopportuno – e non errato… – rammentare in questa occasione quanto di analogo avvenne alla Chiesa di Dijon: lo scempio di tutte le statue, del portale, della facciata, raggiunte e decapitate dall’iconoclastia rivoluzionaria in Francia.

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  2. Giulio Giuliani ha detto:

    Giovanna D’Andrea (da Fb):
    Lei mi rapisce sempre nelle sue descrizioni che quasi quasi bruciavo la cena!!!! Quel chiostro e’ una meraviglia di eleganza con le sue colonnine esili e bellissimi capitelli. Grazie, come sempre, si può godere di questa bellezza attraverso la vostra descrizione.

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  3. Giulio Giuliani ha detto:

    Giuseppe Berton (da Fb):
    Quelle gambette e quei piedini – di un’umanità così semplice e vera – sotto le pieghe della tavola imbandita, dove le stoviglie sono posate sulle pieghe di solito “in caduta” dal tavolo: poco spazio, penso, per il piano della mensa. Ma per le figure, e le mani, (e quel Libro!), quanta cura, e risalto: quella mano a sinistra che sembra indicare con meraviglia la coppa: “il vino migliore alla fine”.
    Questo primo “miracolo” evangelico – non a caso posto fra i misteri della Luce del Rosario da papa Giovanni Paolo II – mi sembra come un “fuoco d’artificio” che proietta ovunque intorno frammenti di luce per illuminare – diversamente – ciascuno che vi assiste: a ognuno il suo frammento di ruolo, di rivelazione da “raccontare” e condividere.
    E i punti di vista possano creare l’armonia di un canto corale gioioso, non le dissonanze stridenti di un mondo scontento e incupito.
    Grazie, Giulio.

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  4. Giulio Giuliani ha detto:

    Aldo Valentini (da Fb):
    Grazie, Giulio. Lo stupore per questi capitelli istoriati si accompagna alla contemplazione di queste nozze di Cana primo segno di questo libro diverso, il Vangelo di Giovanni, proposto dallo scultore, un segno del segno. E con questo il monito di come nelle rivolte popolari possa emergere violenza ignoranza e stupidità.

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