L’aria di Roma attraversa la navata, e porta l’immensa sua storia nella chiesa di Sant’Elia, che pure dalla città eterna distava, nel tempo romanico, ben più di una giornata di cammino. A dieci secoli dalla sua edificazione, la basilica è ancora permeata della potenza evocante della cultura classica, che da “romanica” la trasforma in “romana” – o meglio: la preserva “romana” -, le sussurra all’orecchio che non può, che non deve allontanarsi, e la riempie di buoni motivi per restare fedele.

La bellissima collocazione della basilica
La basilica di Sant’Elia – la dedica corretta, a sant’Anastasio, è volgarmente trascurata a favore del toponimo, poiché la chiesa sorge ai margini della cittadella di Castel Sant’Elia – è classica innanzitutto nella semplicissima forma basilicale; e in aggiunta però ogni suo elemento tradisce la dipendenza da Roma, e il contagio che Roma esercita. A cominciare dal sito, poiché la basilica sorge – è quasi inevitabile in queste terre – là dove in precedenza stava un luogo di culto pagano. Nata tra i resti di un tempio classico, la chiesa è avvolta nel più classico panorama dei colli intorno alla capitale: il sole romano la scalda, e il tufo romano con cui è stata costruita – giallo marrone e verde sono i colori tutt’intorno – ancora si rivolge in dialogo al dirupo che sovrasta la basilica, da cui è stato tratto e a cui ancora vuol bene.

Una delle più belle “letture” della basilica: la foto è di Stefano Cavalieri
Orgogliosamente romane sono le colonne, che vengono da un’antica villa padronale, come pure i capitelli, quasi tutti “di spoglio”: lungo le navatelle, li accompagnano sarcofagi antichi, e lapidi incise in lettere capitali. Il pavimento cosmatesco, non completo ma bellissimo, di nuovo viene da Roma e a Roma riconduce, di nuovo rompendo lo schema dei secoli; e tra navata e transetto, all’ombra di un arco trionfale particolarmente basso che isola drasticamente le due parti della chiesa, ancora l’ambone è assemblato con pezzi classici ed altomedievali.

La navata vista dal presbiterio

Due delle sante vergini
A questa navata romana costruita nel tempo romanico – la basilica che vediamo è stata edificata nell’XI secolo – si addossa un transetto spettacolare, spazio a sé pieno di fascino e di colore, palinsesto che mescola i tempi e i soggetti, e che pur in questa stratificata complessità risulta inconfondibile e indimenticabile. E’ un’aula trasversa, questo transetto, nettamente separato dalla navata; se ne distingue per la cesura provocata, come detto, dall’arco trionfale che limita di molto la vista, e dalla soprelevazione di pochi gradini; ma si stacca anche perché, rispetto ad una navata quasi monocroma, qui sboccia il florilegio delle pitture, tutte romaniche quanto alla datazione, eppure tutte eterne, come la Città che le ispira, quanto ai soggetti, ai colori, all’intreccio dei temi. Nel catino dell’abside campeggia un Cristo in piedi circondato da santi, con Paolo e Pietro, con cui Gesù dialoga, e con sant’Elia e sant’Anastasio: è talmente “antiromanica”, questa rappresentazione, che potrebbe dirsi opera delle catacombe, o di una chiesa dell’Asia minore. Più sotto, si muove una processione di sante che, seppur mutila, alcune ne mostra che potrebbero venire da Ravenna; ed una in particolare – nuovo salto nel tempo, nuovo sovrapporsi d’arte eterna – si direbbe vestita dal pennello visionario di Gustav Klimt. Poi sulle pareti di questa vasta sala, di questo transetto imponente, sfilano i profeti guerrieri, e i ventiquattro Vegliardi, e introducono all’esteso racconto dell’Apocalisse, che si distribuisce nei riquadri della parete meridionale, bellissimi – e questi sì romanicissimi – pur se in parte perduti. Sulla parete di fronte resta molto meno: ma quanto è conservato basta a disegnare, tutto intorno al ciborio che sovrasta l’altare e si pone come punto d’equilibrio, un ambiente strabordante di fascino e di storia.
Lontane da Roma più del doppio, le chiese di Tuscania già sapranno entrambe mostrare un carattere più fieramente medievale. La basilica di Sant’Elia gode invece dell’incrociarsi magico delle sue origini; tra età classica e Medioevo decide di non prendere partito, e nel dubbio si tiene stretta a Roma, la cui eredità inestimabile esercita un richiamo ancora troppo forte qui, ad un giorno di cammino della Città eterna.

Uno scorcio del transetto (foto da MyTuscia.com)
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Sono almeno dodici i cicli di affreschi più belli, in giro per l’Europa, e Before Chartres li ha scelti e li racconta in un volumetto prezioso. Si intitola AFFRESCHI ROMANICI, DODICI CICLI imperdibili, e propone, in un itinerario ragionato, il meglio delle pittura romanica in Europa secondo gli appunti di viaggio di questo blog.
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L’itinerario attraverso le dodici absidi affrescate più belle del romanico è raccontato, a partire dagli appunti di Before Chartres, in un nuovo bellissimo volumetto: si intitola DODICI meravigliose ABSIDI ROMANICHE, è tutto a colori, ed è un vero e proprio viaggio nelle meraviglie artistiche del tempo medievale.
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Loretto Domenici (da Fb):
Grazie per questa interessante e intrigante esposizione artistica della basilica.
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Luisa Fani (da Fb)
La basilica di Sant’Elia è un capolavoro dell’arte italiana. Non esistono cose così belle in giro per il mondo, ricordiamocelo sempre.
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Italo Benati (da Fb):
Indescrivibile… visitata 25/27 anni fa pomeriggio del sabato santo, si chiedeva la chiave al parroco, si rimaneva a volontà e poi si restituiva, con tanti ringraziamenti…
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Un posto meraviglioso che non vedo l’ora di conoscere. Il bello dell’Italia è che non finirà mai di stupirci e di raccontarci storie terribili e meravigliose del suo ricchissimo trascorso. Trovatelo un altro posto simile …..
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Aldo Valentini (da Fb):
Semplicemente fantastica, come la tua presentazione. Ma virus o non virus… arriveremo a Roma! Non l’ho visto ma gli affreschi devono essere una cosa… incredibile. Le due vergini mi ricordano la corte bizantina (costantinipolitana… va bene…) dei mosaici di Ravenna.
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Sagace come sempre la lettura della fabbrica e degli affreschi. I rimandi all’Oriente e a Ravenna sono inevitabili viste le raffigurazioni in abiti bizantineggianti, così come il flash un po’ eccentrico del rimando a Klimt, che inevitabilmente a questi si sarà ispirato per i suoi capolavori.
Un edificio che non ho mai visitato e che non conoscevo fino ad oggi, o che, peggio, devo aver dimenticato.
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per la meraviglia dello spazio e dei colori mi viene il “magone” che emozione deve essere
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Emanuela Lonati (da Fb):
Mi stupisco di come una tale meraviglia non mi sia mai capitata di vedere tra tutti i vari post, oppure in qualche libro o manuale di storia dell’arte… è veramente stupenda e sembra addirittura simile alle chiese paleocristiane del VI secolo. La collocazione sotto la rupe poi. Grazie. È proprio magnifica 👍
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Maria Basilicata (da Fb):
Grazie!!! È stato come visitarla… incredibile!!!
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Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
Tante volte sono passata da quelle parti e non ho mai saputo di questa bellezza. Ma erano pure tanti anni fa. Grazie, come sempre, per illustrare così bene queste chiese che vai scovando, un vero regalo.
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Un vero meraviglioso e coinvolgente tour virtuale della Basilica, tanto più in un momento in cui solo questo ci è concesso.
Grazie
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Gianluigi Vezoli (da Fb):
Grazie Giulio Giuliani! Questa non la conoscevo ed é una vera rivelazione! 😊🙏
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