Solo sant’Eldrado, la cui prima virtù fu l’umiltà, avrebbe potuto accettare così di buon grado l’improvvisa invasione di campo. Era nobile e ricco di nascita, Eldrado, e condusse invece una vita nel segno della modestia e dell’accoglienza; e fu mite e remissivo anche dopo la morte, tanto che dovette dividere la sua pur piccola cappella con un santo straniero e ingombrante, quel san Nicola arrivato all’ultimo momento, e dovette farlo alla pari.
L’abbazia di Novalesa, grande e potente, sant’Eldrado se l’era conquistata proprio nel segno dell’umiltà: nato in Provenza da famiglia possidente, aveva fin da giovane deciso di servire i poveri, e poi come pellegrino aveva camminato fino a Compostela, sull’Atlantico, per poi tornare verso le Alpi, e traversarle. Quand’era giunto a Novalesa, in Val di Susa, era entrato nel monastero come l’ultimo dei cinquecento monaci che ne costituivano la comunità; e ne divenne abate, eletto dagli stessi compagni, dopo aver mostrato a tutti, per sette lunghi anni, la sua tempra santa; e santa diventò, guidata da Eldrado, tutta l’abbazia. E insomma alla sua morte – avvenuta verso la metà del IX secolo – si poteva dire che Novalesa vedeva in Eldrado, beatificato a furor di popolo, il proprio riferimento.
Quando però, un paio di secoli più tardi, ci si preparava a dedicargli una delle piccole chiesette dentro il sedime del monastero, a lui intitolata, e ad affrescarla con le storie della sua vita, giunse a Novalesa un di ritorno dalle crociate, e portò una reliquia di san Nicola. Il corpo del santo vescovo della città di Mira era stato da poco trafugato dai marinai di Bari, e portato dall’Asia minore fin nella città pugliese, dove si stava costruendo un grande santuario; e insomma san Nicola in quegli anni faceva tendenza, e parve ai monaci di Novalesa che potessero anche loro vantarsi della reliquia acquisita quasi per caso. E così decisero che proprio la cappella “di Sant’Eldrado”, che stava per essere completamente affrescata, poteva celebrare anche l’altro santo; e per non sbagliare, spazi e affreschi furono dedicati metà al nuovo arrivato, Nicola, e metà al titolare, Eldrado. Il quale, umile anche dopo la morte, non si oppose e fece posto, chinando il capo, e si adattò a condividere con altri, in perfetto equilibrio, quella che doveva essere la “sua” cappella.
Con pari dignità, così, sant’Eldrado e san Nicola stanno in piedi, nell’abside, uno a sinistra e uno a destra, davanti al trono del Cristo in gloria; dietro a ciascuno dei due santi, in questa che è forse l’abside più intensamente romanica del medioevo italiano, stanno i due arcangeli, Michele e Gabriele; due piccoli monaci, uno dei quali è il committente della cappella e degli affreschi, Adraldo, stanno prostrati sotto i piedi dei due santi.
Tutto il resto dello spazio affrescato – l’aula consta in sostanza di due campate, la prima voltata a crociera, la seconda coperta con una volta a botte – è poi diviso in due fasce, pressochè identiche. Nella metà della cappella più vicina all’abside, le pareti, a destra e a sinistra, e la porzione di volta che le unisce sono dedicate ad episodi della vita del vescovo di Mira, potente nei suoi miracoli: san Nicola a sinistra salva tre ragazzi da un barbaro crudele, e a destra fa gettare in mare l’olio pestifero che una strega aveva donato ai marinai; nella volta si racconta di come da piccolo rifiutasse il latte materno, di come salvò le figlie di un mercante destinate al mercimonio, di come infine su scelto e fatto vescovo.



L’altra campata, quella più prossima all’ingresso, narra invece, finalmente, di sant’Eldrado e di come visse. Nei quattro settori della volta a crociera si dipanano, con grazia commuovente, quattro episodi: nel primo vediamo il giovane Eldrado che si china a lavorare le terre di famiglia – in “LOCUS AMBILLIS”, cioè nella località di Ambel, in Provenza -: lo fa per trarre dalle sue proprietà quanto più possibile, e per poter poi donare, così, quanto più possibile ai pellegrini che è impegnato ad ospitare e ad assistere; nel secondo settore Eldrado, deciso a farsi a sua volta pellegrino, riceve tunica, bisaccia e bastone da un sacerdote; nel terzo, prostrato quasi a terra e reso ancor più umile dal lungo pellegrinaggio, arriva davanti alla Novalesa; nella quarta scena, si piega a ricevere dall’abate, dopo un anno di noviziato, l’abito monastico con cui entrerà a pieno titolo nella comunità. Anche in questa parte dedicata ad Eldrado, le due pareti a destra e sinistra mostrano due episodi della vita del santo: nella prima si racconta di come scacciò i serpenti che infestavano il monastero che aveva fondato a Monetier, nell’Alta Savoia; nella seconda è rappresentata l’ultimo istante della vita del santo che, seduto nel letto e ormai vecchio, è pianto dai confratelli mentre una luce dal cielo ne fa risaltare la santità.
E qui, sul letto di morte, Eldrado è rappresentato per la prima volta con il busto eretto: in ogni altro episodio, quando lavora nel campo, quando riceve l’abito del pellegrino e quello del monaco, quando arriva all’abbazia, e finanche quando compie il miracolo che allontana i serpenti Eldrado è curvo, piegato in atteggiamento di servizio, umiltà, sottomissione. Ha avuto gioco facile, il santo vescovo Nicola – che invece è sempre impettito e dritto, e anche da neonato, davanti al seno materno, decide per sé – a conquistare spazio e visibilità nella cappella che doveva essere di sant’Eldrado, e che invece ora è condivisa, e abitata in condominio.
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L’abbazia di Novalesa, o “della Novalesa”, sorge in Piemonte, ai piedi del Moncenisio, vicinissima al confine francese e all’omonimo passo. Risale all’epoca precarolingia – la tradizione ricorda che fu voluta dal nobile Abbone e che fu da lui fondata nell’VIII secolo – e fu più volte distrutta, a seguito di scorribande e battaglie; nel X secolo subì anche l’assalto rovinoso delle bande saracene che a quel tempo spadroneggiavano anche nelle regioni alpine. La cappella di Sant’Eldrado sorge, insieme ad altre piccole chiese, nel recinto del monastero, e i suoi affreschi sono riferibili allo scadere dell’XI secolo o all’inizio del successivo. Anche nella chiesa abbaziale, che oggi ha perso le forme medievali per via dei successivi rifacimenti, resta, lungo la parete del coro, un prezioso lacerto di affresco romanico, con la rappresentazione del martirio di santo Stefano.
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Splendida Sant’Eldrado a Novalesa che ci immerge completamente nell’aura del romanico più puro con quel suo distendersi di colori vividi e brillanti e il dipanarsi di affreschi nella più inusitata completezza.
Spinto dalla coinvolgente passione trasmessami da Before Chartres l’ho visitata, estasiato, una prima volta, e recentemente rivista, con maggior accuratezza, stavolta insieme.
Tanto gli debbo.
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Viste tante, ma La Novalesa ti rimane nella mente….grazie per i commenti
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Alphonse Du Maurier (da Fb):
Novalesa è un luogo incantato, fa piacere che tu l’abbia scoperta.
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Daniela Veronesi (da Fb):
Stato di conservazione strepitoso, il freddo fa miracoli.
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Anna Olivieri (da Fb):
Vista un po’ di anni fa, a corollario della bellissima mostra sui Longobardi a Torino… Stupenda!
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Nadine Boisson (da Fb):
Ho cantato li con il mio coro… Bellissima, persa nella natura sotto le montagne… Grazie per ricordarci di tutte queste bellezze…. 🌿🕊
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Gina Spinosa (da Fb):
Grazie per tutte le bellissime opere d’arte che ci fai conoscere e complimenti per le tue magnifiche descrizioni.
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Nicoletta Cioli (da Fb):
Visitata la scorsa settimana per l’ennesima volta
. Per me un luogo speciale: Sant’Eldrado si festeggia il 13 marzo (mio compleanno) e San Nicola il mio onomastico 
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Marco Ghisu (da Fb):
Non avrei mai immaginato che questa cappella potesse contenere così tanti affreschi, splendidi e ben conservati!
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