Monte Sant’Angelo e la crocifissione scossa da onde e folate di vento

A sorprendere maggiormente, dentro la complessa lastra “della Passione” di Monte Sant’Angelo, è quel Cristo che, morto eppure in piedi, si lascia accompagnare da Giuseppe d’Arimatea verso la propria sepoltura. La figura di Gesù, pur danneggiata, balla con quella del pietoso discepolo un “passo a due” allo stesso tempo inatteso e struggente; e non è l’unica scena che fa pensare, in questa vasta rappresentazione del supplizio e della sepoltura, densa di personaggi e sfidante per gli studiosi.

L’ingresso di San Giovanni in Tumba

Siamo davanti alla piccola porta dell’edificio a pianta centrale oggi noto come San Giovanni “in tumba” – la cui origine è poco chiara, e si pensò ad un mausoleo, tanto che un tempo veniva chiamato “Tomba di Rotari” -. Le lastre che narrano gli ultimi eventi della vita terreni del Maestro di Nazareth sono due, sovrapposte.

Sotto, un architrave scolpito a figure tozze e ariose mette Gesù al centro, preso in mezzo da due soldati armati di bastone, e da due altri personaggi da ogni lato: si tratta della cattura di Gesù, nell’Orto degli Ulivi. Il Cristo al centro, pur se braccato dagli sgherri armati, sembra possedere la maestà di certi Redentori in trono; le figure a destra portano già la croce e i chiodi, ma il supplizio che si avvicina non scalfisce l’imperturbabile volto del Figlio di Dio.

L’architrave con la “cattura” di Gesù

La lastra superiore prosegue il racconto, accompagnandoci alle ore più cruente della Via Crucis. E’ mancante di una parte in alto a destra, e poteva avere in origine la forma di una lunetta. Si articola in due scene particolarmente animate: nella prima, a sinistra, si narrano i fatti drammatici e pietosi avvenuti sul Calvario, luogo della crocifissione; a destra invece il centro della narrazione è il sepolcro.

Le due lastre sovrapposte

Secondo le letture più autorevoli, vediamo, ai piedi della croce, a sinistra, Maria e Giovanni. Giuseppe d’Arimatea, ai piedi del patibolo, e Nicodemo, armato di tenaglia, sono impegnati nella pietosa opera della schiodatura e della deposizione; a destra un gruppo di tre personaggi che stanno “dalla parte dei cattivi”: lo scultore ha inteso probabilmente rappresentate i soldati che osservarono e schernirono Gesù morente, e uno, che porta un secchio, forse protendeva in origine verso la croce la canna con la spugna imbevuta di fiele.

E qui si conclude il racconto della croce, e si apre quello della Pasqua. Che comincia con la scena di cui parlavamo all’inizio, e cioè con Giuseppe d’Arimatea che, dopo aver staccato dal legno il corpo del Maestro morto, lo porta al sepolcro. Il testo di Matteo – e la narrazione fatta dagli altri tre evangelisti è simile – racconta così quel che accadde:

Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatéa, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. 

Nella lastra di Monte Sant’Angelo, Giuseppe d’Arimatea sembra accompagnare Gesù come si fa con un anziano che cammini a mala pena. Sta dietro, il discepolo pietoso; e il Cristo, privo di testa ma riconoscibile per una traccia dell’aureola e per il segno dei chiodi nelle mani, procede dinnanzi come spinto verso la propria sepoltura. Avrà avuto gli occhi chiusi, a ribadire il suo stato di defunto; e però a noi oggi resta la suggestione di un andare strano e lento.

La parte superiore del rilievo

La destinazione è il sepolcro, sulla cui base rettangolare si sovrappone un arco – ora mutilo – da cui pendono tre lampade. E però, proprio come l’architrave rappresenta la cattura e allo stesso tempo annuncia già il supplizio, e proprio come la scena a sinistra tiene insieme la crocifissione e la deposizione, e anche qui la narrazione corre veloce e sovrappone gli accadimenti l’uno all’altro: Gesù scende nella tomba, ma è già anche il tempo dell’annuncio della risurrezione, fatto dall’angelo alle pie donne; e anzi è Cristo stesso, di nuovo in piedi maestoso secondo uno stilema di derivazione orientale, a ribadire la sua vittoria sulla morte.

Rude e affascinante il giudizio che della composizione dà Pina Belli D’Elia: “Nessuna simmetria, nessun rapporto armonico governa la composizione, che si direbbe scossa da folate di vento o sbattuta da onde incrociate. Le scene si susseguono senza cesure, le figure sembrano danzare toccando appena il suolo, sull’onda di un ritmo spezzato e dissonante. Il Cristo in croce pare ondeggiare sulla testa dei carnefici, come un crocifisso portato in processione oscilla al di sopra della folla. Un sentore arcaico, primordiale, emana dai volti chiusi, senza sguardo, dei personaggi, richiamando alla mente da un lato avori e bronzi ottoniani, dall’altro le maschere popolari e senza tempo incise dagli intagliatori garganici”.

La studiosa, e non solo lei, evidenzia ancora i riferimenti alla scultura aquitanica, che sommati a quelli orientali, già segnalati, fanno di questo rilievo un’opera infarcita delle più varie suggestioni. La Puglia romanica si conferma crogiuolo e crocevia, ricchissimo luogo di incontro e di passaggio obbligato, proteso come un gigantesco molo in mezzo al mare, da molti – longobardi, bizantini, normanni, romani, crociati, islamici… – utilizzato come porto di partenza e di sbarco.

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L’interno di San Giovanni “in tumba”

Monte Sant’Angelo è uno dei luoghi più notevoli dell’intero medioevo. In quota, sull’altopiano che dal Gargano domina il Tavoliere delle Puglie, dal VI secolo è meta di pellegrinaggi incessanti come luogo prescelto dall’Arcangelo Michele per le sue apparizioni. La grotta che secondo la tradizione fu visitata dall’Arcangelo diventò presto un santuario, e il santuario un villaggio, e il villaggio una vera e propria città; anche se può sembrare anacronistico, ancora oggi il culto di san Michele, e i pellegrinaggi connessi – che non c’è molto altro sull’altopiano – garantiscono alla cittadina formatasi tutto intorno di fiorire ed ampliarsi.

San Giovanni “in tumba” si trova a poche decine di metri dall’ingresso del santuario di San Michele. E’ un particolarissimo edificio religioso romanico, a pianta centrale, coperto da un’altissima cupola, considerato da alcuni un mausoleo, da altri un battistero. San Giovanni “in tumba” è sorto vicino all’antica basilica di San Pietro, di cui resta solo l’abside; dello stesso complesso fa parte la chiesa di Santa Maria Maggiore, con il bel portale tardoromanico.

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9 pensieri su “Monte Sant’Angelo e la crocifissione scossa da onde e folate di vento

  1. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    Un’opera vigorosa e affascinante, dove le vicende narrate sono raffigurate con un sincretismo originale, tanto da apparire come una striscia di un fumetto dove non ci sia cesura netta fra le immagini.

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  2. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Grazie, innanzitutto. Grazie perchè é forse il monumento più “disconosciuto” d’Italia. Fino ad oggi, qui su queste pagine. Ebbi modo di vederlo e poi di studiarlo per molti anni nella mia maturità appena iniziata, con frequenti viaggi di rilettura e ancor più immersioni fra polverose carte di archivi sparsi nell’intera penisola… Un’altra cosa notevolissima poi la troviamo all’interno, sull’architrave della scala che forse conduceva al matroneo o comunque al piano superiore delle bifore, facendone indovinare un solaio ligneo, forse. Su quell’architrave é scolpita un’iscrizione che sembrerebbe attestare i nomi dei costruttori della “Bella Tumba” scritta e scolpita in onciale notarile, caso unico al mondo di iscrizione su pietra che così, apparentemente, recita: “Incola Montani Parmensis et Montis natus Rhodelcrimi(us) Prole Pagani(us) Hanc duo fieri iusserunt Pulchram Tumbam in AD MC-X–VII” (vado a memoria perché nonostante abbia scattato centinaia di foto in situ, ho ora difficoltà a ritrovare gli archivi di diapositive…) https://www.academia.edu/1926688/S_Giovanni_in_Tumba_a_Monte_Sant_Angelo_Arte_medievale_n_s_IV_1_2005_pp_51_70 e https://catalogo.cultura.gov.it/approfondimento/elenco-degli-edifizi-monumentali-italia-del-1902/puglia-provincia-foggia/tomba-rotari-monte-sant-angelo E questa straordinaria testimonianza pone non pochi dubbi d’interpretazione linguistica e storica di collocazione nel periodo, probabilmente, delle crociate come del resto l’uso iconografico dei “velari” affrescati nella semiabside presente, ma ormai scomparsi e visibili oggi solo in questa foto: https://tourismmedia.italia.it/is/image/mitur/20230220122544_battistero-di-san-giovanni-in-tumba_1?wid=850&hei=500&fit=hfit,1&fmt=webp La presenza poi di un “Cenotafio” o tomba vuota (o vasca?) sul lato sinistro ai piedi di quella che sembra un’antica cisterna di fontana preesistente alla costruzione, ma il cui accesso, apparentemente discoperto da un crollo antico di roccia o muratura era nobilitato e sottolineato da due affreschi policromi sui montanti sin e destro raffiguranti due figurazioni forse di santi o dei due committenti a far da guardia d’onore a quello che appare come un piccolo sacello si accessibile, ma caratterizzato sicuramente dal concettosacro del “Terribilis est locus iste” e quindi fondamentale per rituale e scopo di chi lo avesse visitato. Questo e molto altro ancora, come il Nome Pagano o Pagani o de’ Pagani e l’altro appellativo, Parmense o Parmensis come a indicare chi appartenesse al Nord ma fosse giunto o sbarcato lì proveniente da un’esperienza che sentiva il bisogno di onorare o ricordare contribuendo a erigere l’opera e forse anche i rituali e il pellegrinaggio verso di essa, magari con la deposizione di un oggetto sacro o forse di una reliquia da proteggere e nobilitare… Insomma, furono begli anni di studio su quest’opera misteriosissima, che non disdegno di tornare a visitare (regala sempre una novità sorprendente…) e che invito Lei ad approfondire dal vivo, in quanto ritengo che sia una chiave per comprendere una “Storia Altra” che aspetta di girare nella toppa giusta… chissà… La saluto con immensa stima per quello che ci offre come sguardo e come racconto imprescindibile delle nostre radici. Grazie e mi scuso per la prolissità, che spontaneamente lei mi ha provocato nel ricordo di un amore mai dimenticato verso questo gioiello…

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  3. Magda Viero (da Fb):

    È tratto dal Vangelo di Giovanni. Tant’è che si chiama Porta di San Giovanni in Tumba. Il complesso di San Michele Arcangelo è probabilmente sorto su un luogo magico al tempo dei Romani. Sempre salvaguardato dai Bizantini e dai Normanni. Ora è più un luogo storico rispetto al grande momento di spiritualità del passato. È legato al grande cammino dei 4 arcangeli. Mont saint Michel, Francia – Sacra di San Michele,Torino – San Michele Arcangelo, Gargano – San Michele Accra (Palestina/) Israele. Ogni tappa è esattamente di 1.000 Km, mille nel simbolo numerico biblico, il Regno dei mille anni nel libro dell’Apocalisse.

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  4. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Per ammirarla approfonditamente vi sono tornato a Pasqua di quest’anno e mi sono immerso nell’edificio che è di una bellezza travolgente con la sua particolarissima architettura a cupola che si erge su un loggiato di raffinata esecuzione.

    E non pare un caso se si viene travolti dalla Sindrome di Stendhal.

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