La grazia insuperata delle ‘pie donne’

Tre donne del mito, che l’età classica inventò nude e splendenti, nel tempo medievale si travestono e si tramutano: sono le “Grazie”, che il romanico veste con panni inattesi – quelli delle “pie donne” – prima che il Rinascimento permetta loro di tornare a denudarsi.

In età classica le “Grazie” sono tre. Chiamate “Cariti” dai Greci, nate da Zeus e della ninfa Eurinome, erano il simbolo della gioia, del fascino e della bellezza. Un banchetto, una festa, una celebrazione non poteva avvenire senza la presenza di queste tre fanciulle; le quali non a caso cantavano e danzavano, assieme alle Muse, anche nell’Olimpo, là dove a dirigere il ballo era la lira di Apollo. Tant’è: quando in un’opera d’arte antica tre donne ignude sono rappresentate insieme, è ben raro che non si tratti delle Grazie.

Quando invece un capitello o un portale romanico ci presenta tre donne – vestite, stavolta, e col capo coperto – è quasi certo che si tratta delle “pie donne”, che la mattina di Pasqua si recano al sepolcro. L’evangelista Marco (Mc 16, 1-8) racconta così l’episodio:

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: «Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro?». Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d’una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto». Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

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Le “pie donne” nel capitello di Mozac (foto: https://france-romane.com)

Le “pie donne” sono rappresentate molte e molte volte nell’arte romanica. In alcuni casi, gli scultori medievali ci hanno lasciato ritratti di donne dal volto bellissimo – non ce n’è di più belli di quelli che lo scultore di Mozac ha regalato alle sue “saintes femmes” -; ma in ogni caso, è la rappresentazione di tre figure ravvicinate e simili nell’atteggiamento – tre donne nude danzanti, e tre donne velate in cammino – che avvicina le “Grazie” alle “pie donne”. Ma c’è di più, perché anche nel significato più profondo queste e quelle si somigliano: queste e quelle, infatti, portano un dono, e un dono dalla grande misura.

Che le “Grazie” siano portatrici di doni è quasi scontato: il loro stesso nome le riconduce al dono, alla “grazia” che si riceve, e al “ringraziamento” con cui si risponde. Si rammenti poi il significato della posa tradizionale delle “Grazie”: prima che il Rinascimento cominciare a farle danzare, esse “vanno e vengono”; una difatti è di spalle, le altre di fronte. E ciò per dire che le “grazie” – i doni – si fanno e si ricevono. Ma poiché una sola è di spalle e va, mentre due sono di fronte e vengono verso di noi, le “Grazie” ci insegnano che un dono fatto torna sempre raddoppiato. E sono quindi la testimonianza del dono che gli uomini ricevono dagli dei, un dono dalla grande misura, di cui ciascuno deve essere grato.

E che cos’altro rappresentano le “pie donne”, se non questo stesso concetto? Vanno di buon passo con in mano i loro doni: oli e unguenti, per profumare il corpo del Signore crocifisso. E se ne tornano di corsa, spaventate, sì, ma portatrici, per loro stesse e per gli altri, del più grande dei doni: il racconto di una tomba vuota, la speranza di un nuovo incontro con il Risorto, la certezza di un nuovo patto di salvezza, che attraverso le “pie donne” si allarga da quel mattino a tutta l’umanità.

Con il tramonto del lungo giorno medievale, le tre “Grazie” torneranno a fare bella mostra dei loro corpi in tanti dipinti e in tante sculture del Rinascimento, e più oltre. In alcuni casi, forse, riusciranno a superare le “pie donne” di Mozac quanto ai tratti del viso; mai però ne eguaglieranno la “grazia”, nel senso più pieno del termine.

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Il volto delle “pie donne” di Mozac (da https://sites.google.com/site/3detartroman/)

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L’interno della chiesa di Mozac

A Mozac (o Mozat), la basilica monca di San Pietro e San Caprasio fa fare un tuffo nel più profondo fascino del rilievo romanico. E anche qui, tra la cinquantina di capitelli, tutti di buona fattura, databili al XII secolo, che la chiesa offre ancora ai visitatori, ci sono almeno due capolavori assoluti: il primo, con i volti delle “pie donne” e dell’angelo che le accoglie al sepolcro, costituisce uno dei momenti più elevati della ritrattistica del medioevo; il secondo capitello, che forse è uno dei più belli di tutto il tempo romanico, racconta la “storia di Giona”, buttato a mare, ingoiato dalla balena e da questa sputato sulla spiaggia di Ninive. Before Chartres ha dedicato un post, meritatissimo, anche ai colori e alla capacità di raccontare di questo gioiello d’Alvernia.

8 pensieri su “La grazia insuperata delle ‘pie donne’

  1. Renata Vaga (da Fb):
    Interpretazione profonda della correlazione tra le Tre Grazie e le Pie Donne. Riflettendoci un po’ perché l’argomento lo richiede, ho trovato perfettamente plausibile l’accostamento, soprattutto per quanto riguarda il dono di chi offre ed il ritorno, raddoppiato, che si riceve. Infatti la gioia di aver dato agli altri ci ritorna in prima battuta con il grazie che ci viene detto e, cosa più importante, con il sorriso di chi ha ricevuto.

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    1. Renato Berardi (da Fb):
      Perfettamente daccordo: diversi anni fa andai in pellegrinaggio in Terra Santa accodandomi ad un gruppo di sacerdoti e laici, primo pellegrinaggio consentito dopo un periodo di sospensione per conflitti interni. Mi trovai spontaneamente a porgere il braccio ad un’anziana signora per tutto il tempo, ritrovandomi con lei semi escluso da ogni spiegazione erudita dei luoghi di visita per la nostra lentezza negli spostamenti a piedi. Non c’erano altri pellegrini tranne noi ed entrare al Santo Sepolcro a qualunque ora non era un problema: c’eravamo solo noi e i religiosi locali. Un giorno io e la signora claudicante ci sedemmo in attesa del resto del gruppo proprio nello spazio dedicato alla commemorazione delle Pie Donne, aspettando che gli altri finissero il tour turistico delle varie cappelle. Quando la guida e gli altri ci videro lì ci schernirono allegramente: ” Ed ecco le Pie Donne!”, anche se io sono un uomo ed eravamo solo in due. Il giorno dopo la guida e altri due celebrarono Messa al Getsemani per commemorare il loro 25* di sacerdozio ed io, nell’attesa che si preparassero, mi raccolsi in preghiera presso la roccia scoperta che faceva da presbiterio, contornata da un recinto di spine un ferro battuto. Appena ne toccai una, per devozione, sentii un dolore profondissimo nel mio cuore, impossibile da sopportare, grazie a Dio per soli pochi istanti: non riuscii a smettere di piangere per tutto il tempo della celebrazione eucaristica….con l’imbarazzo degli altri a cui non potevo e non volevo dare spiegazioni. Questo è stato il mio Dono moltiplicato, all’Infinito. Amen✨

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  2. Giuseppe Berton (da Fb)
    Velate e appoggiate sul velo che cela il mistero. Assorte e composte di gesti e di sguardi, immerse in un altrove di ricordo e rivelazione. Una si trattiene alla propria veste, una leva il palmo, la terza…non so, ma di certo dice ancora altro, come non può essere identico percepire un frammento del divino. Grazie.

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  3. Anna Gloria Dellucca (da Fb):
    Bellissima l’opera presentata ed interessantissimo il commento, specie nel parallelo Grazie/Pie Donne. Non avevo mai riflettuto sulla posizione delle Grazie e sul suo significato:un dono che si dà e che ritorna in misura maggiore. Grazie… 💓

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