Molto raccontano, di una chiesa romanica, le foto in bianco e nero, e molto rivelano. Di un monumento dicono com’era cinquanta, settanta, a volte cent’anni fa; e così, riportandoci a quando il secolo dei restauri moderni non era cominciato, rivelano come, via via, il lento passare del tempo, delle epoche e degli stili aveva costretto quel monumento a mutare, e lo aveva trasformato.
In parecchi casi, la foto in bianco e nero di una chiesa sorprende assai. Cercate vecchie fotografie dell’abbazia di Nonantola e vedrete com’era la sua facciata prima del grande restauro; allo stesso modo, le immagini in bianco e nero della chiesa spagnola di Fromista la mostrano con addosso tutto il peso dell’incuria e dei secoli, tolto poi solo dagli interventi degli ultimi decenni; vale per il monastero catalano di Ripoll e per Lessay, in Normandia, molto ricostruiti, vale per Sant’Ambrogio a Milano, di cui una serie di fotografie presentano gli effetti devastanti dei bombardamenti della seconda guerra mondiale: tornare indietro di cinquanta o cent’anni permette di capire – e questo è decisivo – quanto c’è di “originale” e quanto di “rifatto” nella struttura che vediamo oggi.

San Pedro e i suoi dintorni (foto: J. C. Boada)
In proposito, la chiesa di San Pedro de Ponts, nella Catalogna spagnola, è un esempio lampante e per certi aspetti un caso limite. Si presenta infatti oggi, rimasta tutta sola sul colle che sta alle spalle della cittadina di Ponts, come l’unico resto di un vasto insediamento altomedievale da secoli scomparso. Ma che resto! Il corpo della chiesa, tutto in muratura a piccoli conci, è fieramente sormontato da un campanile a torre di grande bellezza; la navata, unica, porta una bella volta a tutto sesto costolonata; e la parte terminale mostra tre absidi “a trifoglio”, cioè con le due laterali poste una di fronte all’altra, rudi e insieme piene di fascino. È un gran bel vedere, insomma, San Pedro de Ponts: per la posizione in cui si trova, per l’anfiteatro naturale che la incornicia, ma soprattutto perché costituisce un esempio compiuto e perfetto di chiesa altoromanica catalana, databile – dicono i sacri testi – alla fine dell’XI secolo.

La chiesa di Ponts (foto: Joseph Bracons)
Poi però occorre fare i conti… con le immagini in bianco e nero, come sempre sorprendenti. La prima, stampata giustamente in dimensione considerevole, sta proprio nella navata della chiesa, e mostra l’edificio sacro com’era a metà del Novecento: la chiesa è un rudere, l’aula è in buona misura scoperta, della torre restano solo una minima parte dei salienti, gravemente danneggiata è anche la parte absidale.

San Pedro nel ‘900, prima del restauro
La fotografia, insieme alle altre reperibili in rete e documentate negli studi, è una sentenza: certifica che l’abbandono durato secoli aveva fatto giungere fino a noi poco più che uno scheletro, e che la chiesa che vediamo ora è frutto di un importante intervento – le foto in bianco e nero ne certificano l’entità – avvenuto peraltro in tempi recenti, circa quarant’anni fa. La torre ottagonale resta splendida, ma è evidente che è quasi completamente frutto dei restauri: e qui ci aiutano altre foto in bianco e nero, scattate proprio durante la ricostruzione del priorato e in particolare del campanile.

I lavori di ricostruzione della “torre”
Alcune foto, addirittura queste già a colori, certificano la mobilitazione della comunità locale per il restauro del povero San Pedro. Sono toccanti testimonianze di affetto della popolazione locale per un monumento certamente meritevole di attenzione e cura; ma contemporaneamente, mostrando di nuovo quanto in effetti restava della chiesa originaria, documentano in che misura quella attuale debba dirsi ricostruita. E spiegano perché, alla fine, una chiesa così bella, così antica e così caratteristica non sia tra le più conosciute, e non sia salita in cima all’interesse degli studiosi e degli appassionati del romanico.

San Pedro, il lato nord con il portale d’ingresso
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Non solo San Pedro de Ponts. Vuoi scoprire la Catalogna romanica nelle sue suggestioni più profonde? Il modo migliore è farti guidare dagli appunti di viaggio di Before Chartres. Puoi seguire l’itinerario proposto da questo blog: organizzato in sette giornate, ora è diventato un volumetto intitolato LA CATALOGNA romanica IN UNA SETTIMANA.
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Emanuela Lonati (da Fb):
È collassata su se stessa. Terribile. Ma l’importante è che sia stata ricostruita come l’originale (soprattutto la torre campanaria sorprendente). In base a fonti o dipinti antichi. Comunque molto molto suggestiva ⭐
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Il tema è sempre quello: ricostruire con fedeltà là dove le fonti lo permettono. Poi la magia, comunque, in parte si incrina, e mi pare inevitabile che accada.
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Emanuela Lonati (da Fb):
Purtroppo sì. So cosa vuol dire lo stupore di trovarsi dinanzi ad un manufatto millenario. È fantastico. Comunque qui hanno fatto un ottimo lavoro, soprattutto col cuore e la memoria. 🤗
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Hai ragione: la mobilitazione per la chiesa sembra essere stata, dalle immagini che ho visto, davvero una scelta di popolo. Però ricordiamo che il Catalogna in molti luoghi romanici – Tahull e Rodes, per fare due esempi, ma anche intorno a Sant Llorenc del Munt – si è intervenuti con decisione per ripristinare il sito e rimetterlo nel circuito turistico. A volte anche con eccessi, sicuramente sempre con decisione.
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Luca Borgia (da Fb):
Bella, seppur ricostruita in gran parte. Altrove è stata scelta un’altra soluzione, vedasi San Valeriano di Robbio (PV), in parte rovinata e scoperchiata sino a 30 anni fa; tiburio e parte dell’area absidale sono state rifatte in modo neutro per lasciare i volumi e indicare il nuovo dal vecchio. Da qualche anno è stata riaperta al culto e ospita pure un tot di opere di arte sacra.
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In Italia, anche se non sempre gli interventi sono puntuali, si fanno in molti casi con un’altra attenzione filologica. Torna il discorso di sempre: in certo Paesi si va via più leggeri, e si punta al risultato “commerciabile”, che piaccia al grande pubblico… 🙂 E anche per questo una ricerca “sulle foto in bianco e nero” è utile per non innamorarsi di belle donne in realtà molto rifatte 😉
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Luca Borgia (da Fb):
Ah beh, a Robbio bastavano le foto a colori…
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Luciano Giannatempo (da Fb):
Immagino che la scarsa notorietà della Tour Fenestrelle di Uzés (Gard) sia da ascrivere alla stesso motivo di San Pedro: eretto nel XII secolo, potrebbe trattarsi dell’unico campanile circolare di Francia (il cui stile ricorda quello romanico lombardo); notevolmente offeso nel corso delle guerre di religione (caddero gli ultimi due piani della torre) venne pesantemente restaurato nel corso del XVII secolo.
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E’ un caso un po’ differente, secondo me. Un’integrazione o un restauro del XVII secolo, come quella subita dalla Tour Fenestrelle, fa parte comunque della storia di un monumento… A Ponts una torre dell’XI secolo, del tutto diruta, è stata costruita ex novo – certo, su fonti e disegni, ma costruita ex novo – negli anni Settanta/Ottanta. Rispetto a quella di Saint-Theodorit, la torre di San Pedro de Ponts profuma un po’ di più di nuovo e di rifatto, secondo me. 🙂
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Elena Rc Glez (da Fb):
Por eso hay que tener cuidado, en el siglo XIX cuando nacen los “nacionalismos” las Restauraciones, que más bien fueron reconstrucciones, en según que zonas buscaron particularizar y hacer “tipicos” de una zona los edificios incluso falseando su forma en las reconstrucciones, dandoles mayor grandiosidad, adornos y “construcciones tipicas”. Este es un ejemplo, pero hay muchos en muchas partes.
[Per questo bisogna stare attenti, nel XIX secolo quando nascono i ” nazionalismi ” i restauri, che piuttosto sono stati ricostruzioni, in secondo che zone hanno cercato di customizzazione e fare ” tipici ” di una zona gli edifici anche falsando la loro forma nelle ricostruzioni, Dando loro più grandiosità, decorazioni e “costruzioni tipiche”. Traduzione di Google]
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Enrique de la Peña (da Fb):
No estoy de acuerdo, estoy a favor de las reconstrucciones, cuando hay suficiente documentación, dibujos, planos, fotografías, descripciones, conocimiento de las técnicas y estilos constructivos, etc, como en este caso.
[Non sono d’accordo, sono a favore delle ricostruzioni, quando c’è abbastanza documentazione, disegni, piani, fotografie, descrizioni, conoscenza delle tecniche e stili costruttivi, ecc, come in questo caso. Traduzione di Google]
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Igor Sansotta (da Fb):
Grazie mille. Bellissimo articolo.
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Il risultato è piacevole allo sguardo, ma è ingannevole, per nulla onesto.
Si tratta presumibilmente di un falso storico, che altera ciò che di originale c’era restituendoci un edificio mai esistito nella realtà, con la pretesa però di clonarlo.
Ma la clonazione non esiste in architettura.
E come in biologia è eticamente abominevole.
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Aldo Valentini (da Fb):
Ben evidenziato, anche nei commenti dei lettori, l’eterno dilemma sul restauro, lasciare così il rudere e creare un modellino di come sarebbe stato!? Direi di no, e poi qui c’era il volere dei fedeli locali..vox populi vox Dei.. ma sicuramente qui mi sembra troppo poco distinta cromaticamente la parte “nuova”/restaurata da quella originale, sperando che il tutto sia fedelissimo all’originale. Sperando che nessuno dica: “bel modellone per Minitalia, anzi GrandeSpagna!
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