Le due lance puntate verso Brindisi

Brindisi non è certo l’ultima tra le città della Puglia: la via Appia partiva da Roma e terminava il suo viaggio proprio a Brundisium, polo urbano e commerciale importantissimo, quindi, già ai tempi dei Romani. E però la cattedrale, edificata nel periodo normanno e costruita anche qui sull’esempio delle grandi basiliche baresi, è stata più volte ricostruita e stravolta; chi ama il romanico, così, non trova a Brindisi un grande duomo da paragonare a quelli delle altre città pugliesi, e deve darsi altre mete, minori certamente per dimensione.

La chiesa nel contesto urbano attuale
L’interno della chiesa

A proporci alcuni elementi sicuramente significativi è la chiesa di San Benedetto, pur se inglobata oggi in un isolato urbano che impedisce di coglierne la struttura, peraltro oggetto di varie vicissitudini fin dall’epoca della sua erezione, nel secolo XI.

Restaurato e riportato alla sua organizzazione originaria, l’interno della chiesa costituisce una sorprendente reinterpretazione del modello pugliese delle chiese “a cupole in asse”, già visto nel tempietto di Seppannibale e nelle chiese di Valenzano e di Molfetta: anche San Benedetto propone un’aula organizzata con una navata centrale a cui si addossano alte navate laterali voltate a semibotte; rispetto agli esempi citati, ai pilastri si sono sostituite alte colonne, che favoriscono ancora di più la creazione di uno spazio unitario; sopra la navata centrale, le cupole sono state sostituite da volte a crociera, in numero di quattro, incupolate e marcate da evidenti costoloni. L’effetto può risultare strano, e quasi verrebbe da dire che il cammino delle chiese a cupole, ispirato certamente da modelli orientali, sembra arrivare qui, come ultima sua evoluzione, ad un ambiente dal sapore nordico, e si direbbe pre-gotico.

Qui e nella foto sotto, l’architrave con le tre scene “di caccia”

All’esterno la chiesa propone, sopra il piccolo portale di ingresso oggi collocato sul lato, un particolarissimo architrave. E’ diviso in tre scene di eguale dimensione: in quella centrale un personaggio dai capelli folti e dalla lunga veste trattiene un drago per la coda, e contemporaneamente lo colpisce con una lancia; le due scene esterne sono tra loro quasi identiche e speculari, e rappresentano un soldato con elmo e lancia che trafigge le terga di un grande leone. Potremmo limitarci a parlare di scene di caccia, magari utilizzate per sottolineare anche il contrasto tra il bene e il male. Secondo una lettura più analitica, proposta da Teodoro De Giorgio, la figura centrale rappresenterebbe un monaco benedettino che si scontra con la tentazione: il drago-Satana cerca di corrompere il religioso con la moneta appoggiata sulla lingua, ma questo resiste aiutato dalla Trinità, rappresentata dai tre piccoli centri concentrici che stanno tra lui e la bestia; secondo De Giorgio, le due raffigurazioni speculari a sinistra e a destra sarebbero da leggere come scene di significato opposto: in quella di apertura dovremmo riconoscere il Cristo armato in lotta contro un leone che rappresenta il male, e in quella che conclude l’architrave sarebbe invece raffigurato l’Anticristo, in lotta contro un leone che stavolta è il simbolo di Cristo stesso.

Rimandiamo, per approfondire questa tesi e la lettura iconografica del rilievo, alle pagine che vi dedica il sito BrindisiWeb. Qui va detto che l’architrave, pur con i suoi rilievi quasi elementari che ritornano in alcuni capitelli interni, ha una innegabile potenza. Altrettanto innegabile è il duplice riferimento stilistico del rilievo: da una parte l’architrave guarda, come altre realizzazioni artistiche pugliesi, alla scultura nordica – si parla di stile “bloccato” o “duro”, ed è addirittura possibile confrontare i soldati di Brindisi con quelli del portale di Kilpeck, in Inghilterra -; dall’altra sembra influenzato dai rilievi della Mesopotania, dell’antica Persia, dell’Armenia, come spiega benissimo Giuseppe Marella, il cui studio si può leggere nel bel sito Brundarte. Le lance contrapposte dei due guerrieri nelle scene esterne, così, possono essere lette anche come l’ennesimo promemoria: non fanno che riportarci a quello che sembra essere il tratto distintivo costante della cultura medievale pugliese, influenzata dall’Oriente e dal Continente; quasi come traccianti, come linee di penetrazione, le due lance sintetizzano agli influssi che, provenienti da opposte direzioni, dal nord e da oltremare, hanno colonizzato e fecondato questa terra nei secoli medievali, dando luogo al fiorire di un’arte romanica varia e affascinante, ancor più suggestiva proprio per questo suo saper essere possente e armoniosa allo stesso tempo.

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Dall’interno della chiesa di San Benedetto si accede al piccolo interessante chiostro, resto dell’antico monastero femminile benedettino, con alcuni capitelli scolpiti con figure di animali, e altri più semplici ma altrettanto suggestivi.

Cercando ancora tracce di romanico in città, si visiti anche la chiesa di San Giovanni al Sepolcro: in questo edificio di età normanna è interessante la struttura a pianta centrale (ma non proprio). Sono notevoli entrambi i portali, pur se differenti nello stile: quello principale presenta montanti finemente decorati con mostri e figure della mitologia, e un notevole capitello con figure danzanti; quello secondario ha gli stipiti decorati in uno stile essenziale e forse primitivo.

Qui e nella foto sopra, il chiostrino dell’antico monastero

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7 pensieri su “Le due lance puntate verso Brindisi

  1. Magda Viero (da Fb):

    Magda Viero
    Già chiamata Santa Maria Veterana. Il campanile è la parte più chiaramente romanica. Il complesso ha richiami bizantini. Sempre ringrazio per quello che ci offrite perché mette voglia di andare o ritornare per vedere con occhi più esperti. Che belle le interpretazioni suggerite. Il mondo pre medioevale è una miniera per fare ‘leggere storie bibliche”. E gli artisti scalpellini geniali interpreti.

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  2. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Quando si confronta l’interpretazione del significato dell’iconografia romanica, colpisce sempre come ci sia un blocco di comunicazione tra l’opinione degli storici dell’arte del sud dell’Europa e quelli del nord. Permettetemi di dire quale sarebbe un’interpretazione belga di questa iconografia molto normanna. Il pannello di sinistra mostra il leone divino, il leone di Giuda. Dalla sua bocca esce il ruggito, il messaggio cristiano, il logos divino. Un ebreo sta cercando di contenerlo. È chiaramente identificabile dal suo cappello a punta. Gli ha afferrato la zampa posteriore, per fermarlo. La sua lancia colpisce i testicoli del leone, per evitare la diffusione della contagiosa fede cristiana. Il leone protegge un giovane leone, il figlio, la chiesa. L’immagine sulla destra è quasi identica. Il leone protegge una colomba, la fede cristiana, lo spirito. Qualcuno che è esperto di abiti e cappelli storici potrebbe forse identificare l’uomo. Il drago al centro appare su molti fonti battesimali romanici del XII secolo. In questa funzione, non è interpretato come una bestia malvagia, ma come un protettore della fede. Non dimentichiamo che Dio permise a Noè di salvare questa creatura (vedi le raffigurazioni romaniche dell’arco di Noè), quindi devono aver avuto uno scopo positivo. Altri pensano che rappresenti le interpretazioni eretiche alternative della Bibbia, che devono essere combattute.

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    1. Ecco un’altra lettura molto suggestiva, per la quale non possiamo che ringraziare. Come sempre, le opere del tempo romanico, per la loro simbologia complessa, si prestano ad interpretazioni diverse. Non è detto affatto che siano tutte corrette, come afferma qualcuno; e anzi è più logico che chi commissionava le opere, insieme a chi le realizzava, avesse un’idea precisa del messaggio che stava dando… anche se noi, dopo un millennio, possiamo solo fare ipotesi.

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  3. Molto convincente e affascinante l’analisi che dà delle tre metope Teodoro De Giorgio nel link alle pagine del sito BrindisiWeb che hai riportato. Affascinante anche la capacità di questi romanici artisti/artigiani, di condensare tanti e tali concetti teologici e simbolici, in rappresentazioni apparentemente così “semplici”, seppur non povere per composizione e disegno.

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  4. Avatar di Paolo Salvi Paolo Salvi

    A prescindere dall’interpretazione dei soggetti raffigurati nell’architrave, interpretazioni comunque suggestive, riscontro nel drago (o pistrice?) raffigurato nella metopa centrale una immagine già vista, che al momento non riesco a collocare geograficamente, probabilmente nordica, forse desunta da manoscritti. Lo stesso portale ha una conformazione anomala con quella monofora inserita dentro una lunetta leggermente rialzata. Molto curioso il capitello del chiostro, il cui abaco non ha la forma geometrica consueta dove emergono le figure scolpite, ma è tutto nel modellato del leone.

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