
Il chiostro all’ombra del campanile
Più ancora che nella navata di una chiesa, per quanto significativa, gli appassionati del medioevo si emozionano quando entrano in un chiostro. E scendendo nel chiostro di Sant’Orso è forse più facile che altrove comprendere il segreto – il duplice segreto! – del fascino di questi luoghi.
Innanzitutto – e questo è il primo ingrediente – il chiostro è molto spesso luogo di pura fascinazione. Non è di per sé luogo d’arte, o di funzioni complesse, o di ostentazione. Mentre in una chiesa, anche la più semplice, si stratificano arredi, complementi, quadri, insieme a tutto quanto serve alla celebrazione complessa dei riti, il chiostro è semplice cammino di meditazione, spoglio, fatto di pietra e di contrasto tra luce e buio. Più di quanto possa fare una chiesa, il chiostro riporta all’essenza. E quello di Sant’Orso, tra i tanti, lo sa fare magistralmente.
L’altra metà dell’incantesimo dei chiostri è costituita dai capitelli. Sotto i porticati monacali, i capitelli costituiscono l’elemento essenziale: sono molti, e sono tutti vicini a chi li osserva, e quindi parlano ancor più di quanto possano fare nella navata di una chiesa. La magia dei chiostri aumenta quando il capitello tradizionale fiorisce in figure – certi animali, o i saltimbanchi e le sirene, o i mostri di cui il romanico è pieno –. Ma la magia dei chiostri esplode e si raffina ancora quando i capitelli si fanno “istoriati” e, con una peculiare invenzione del genio romanico datata alla fine dell’XI secolo, si trasformano nel racconto di una “storia”, sia essa biblica, o mitologica, o agiografica.

Uno dei capitelli
Il chiostro di Sant’Orso, splendido tra le ricchezze artistiche di Aosta, aggiunge ancora un ulteriore ingrediente alla meraviglia di chi lo visita: i suoi capitelli, infatti, non solo rappresentano singolarmente ciascuno un “fatto”, ma uniti in un discorso organico, dialogano tutti insieme in continuità e a distanza: le vicende di Sant’Orso si intersecano con quelle dell’incarnazione e dell’infanzia di Gesù, e con il ciclo dedicato alle storie dei Patriarchi. E non uno solo dei capitelli del chiostro è posto a caso, nemmeno quelli in apparenza simili e ripetitivi, con i medaglioni dei Profeti: pensati e collocati cioè secondo un progetto preciso, parlavano ai monaci per i quali erano stati scolpiti, portando loro il messaggio voluto, intorno alla metà del XII secolo, dall’abate Arnolfo. L’eco di quel discorso arriva fino a noi, affievolito, forse, dalla patina nera che ricopre i rilievi, ma suggestivo ancora quanto pochi altri discorsi.

Giuseppe conduce l’asino, particolare della Fuga in Egitto
Commentando la fattura tecnica non eccelsa dei capitelli di Sant’Orso, Sandro Clerici sottolinea “la distanza esistente tra chi ha pensato e diretto il programma iconografico e chi l’ha eseguito fisicamente: se per il primo – scrive – non è azzardato pensare ad una provenienza d’oltralpe, o almeno una diretta discendenza dalla scultura provenzale, per i secondi si tratta quasi certamente di maestranza locali” (Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, in “Italia Romanica” di Jaca Book). Giudizio fin troppo crudo verso il chiostro aostano e i suoi “gioielli”, se è vero – ed è vero – che per trovare al di qua delle Alpi un chiostro altrettanto affascinante e intenso, occorre scendere di millecinquecento chilometri lungo il Bel Paese, e passare lo stretto di Sicilia, per giungere finalmente a Monreale.
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Lo scorcio con i capitelli dedicati ai Profeti
Impossibile, negli spazi di questo blog, descrivere i temi e le rappresentazioni dei 37 capitelli ancora visibili a Sant’Orso. Chi abbia voglia di togliersi ogni soddisfazione in proposito visiti il sito Cenobium, dove ciascun pezzo di questo chiostro (e non solo di questo) può essere ammirato e compreso in ogni suo dettaglio, con ampio spazio al commento iconografico del singolo rilievo e del progetto complessivo. Cefalù e Monreale sono gli altri due chiostri italiani documentati, studiati e presentati in questo portale di grandissimo interesse; ai quattro chiostri italiani si aggiungono, ugualmente documentati, i due chiostri spagnoli di Estella e di Tudela e lo splendido chiostro francese di Moissac.
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Non ci sono, questi pezzi “bruni” di Aosta, nel volumetto sui capitelli romanici che Before Chartres propone, ai suoi lettori più fedeli. Ma ce ne sono altri dodici – anzi, per la verità ce ne sono altri quattordici – che hanno la pretesa di essere ancora più belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI
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Rita Capitani (da Fb):
Ho lavorato li e vederlo così trascurato fa male!!! 😓 Purtroppo… cade a pezzi come il resto della collegiata! Vedere x credere.
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Ci sono stato quindici giorni fa… Mi è sembrato in uno stato di decorosa custodia… E la chiesa anche, mi sembrava ben tenuta.
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Luca Borgia (da Fb):
Boh, io ci son stato 3 mesi fa e mi è parso tutto in condizioni normali, non ho visto niente di malmesso; per di più ho potuto vedere e fotografare gli affreschi del sottotetto e del priorato (devono finire alcuni lavori…), meglio di così…
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Rita Capitani (da Fb):
A meno che non abbiano fatto restauri di recente ti posso assicurare che sopratutto le volte e i muri perimetrali di chiostro e chiesa sono messi male ! Ci sono crepe vistose e nel chiostro quando ci lavoravo erano venuti giù alcuni calcinacci !! Se ora è tutto ok ne sono felice. 🙂
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Parlando del chiostro ursino bisogna segnalare il capitello con le vicende del santo dove, per rappresentare una fonte miracolosa, il capitello cavo veniva riempito d’acqua che zampillava dal un foro.
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Carlo Valente (da Fb):
L’Impero del freddo unito alla geometria della fede. Meraviglioso!
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Federica Garofalo (da Fb):
Raramente nell’arte romanica qualcosa è a caso.
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Vero. Ma non capita spessissimo che ci giunga integro quanto il tempo romanico ha “disegnato” secondo il proprio ordine. Quindi è bello quando si trova qualcosa di romanicamente ordinato… che non sia stato disordinato dai secoli successivi. 🙂
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Gabriella Di Ninni (da Fb):
Come sempre… magistrale! Grazie! e pensare che non ci sono ancora andata…
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Luis Pardiñas Pérez (da Fb):
Extraordinario. La geometría y el arte al servicio de la fe.
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Sicuramente Moissac, Aosta e Monreale sono esemplari e certo tra i più bei chiostri romanici esistenti, ma ridurre a questi soli tre mi pare alquanto riduttivo.
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Se ti riferisci al programma “Cenobium”, di cui si parla nel post, è detto che comprende anche il chiostro di Cefalù, e che si è recentemente ampliato ai chiostri di Tudela e di Estella, in Navarra.
Poi, certo, ci sono altri chiostri romanici altrettanto importanti: citiamo almeno quelli di Silos e di L’Estany in Spagna – ma altri molto noti sono nell’area catalana -, e quelli di Cuxa ed Elne in Francia, per non dire di Arles, in Provenza…
Per quanto riguarda l’Italia, però, Il chiostro di Sant’Orso e quello di Monreale hanno ben pochi “concorrenti” quanto a chiostri con cicli di capitelli istoriati.
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Luca Giordani (da Fb)
Ho rivisto sant’Orso proprio la scorsa estate, abbiamo passato tutta la mattinata nel chiostro, uno dei momenti più belli del nostro viaggio. Grazie per questo articolo e anche per il link al sito dei chiostri! 😉
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