Una presenza, un fantasma più ancora che una figura: appare in uno dei capitelli di Vézelay, emerge incerta dal fondo, e lascia interdetti. Poi acquista un nome, per chi legge più a fondo la scena; e allora questa figura abbozzata e incompiuta risulta ancora più ricca di fascino.
Il capitello davanti a cui sostiamo è quello che lo scultore di Vézelay dedica alla morte di Caino, colpito dalla freccia di Lamech. Si tratta di una vicenda più e più volte rappresentata, nel Medioevo, secondo lo schema consolidato, che ai due protagonisti – Caino e Lamech – ne aggiunge un terzo, Tubalkàin, figlio di Lamech. Ed è proprio Tubalkàin il personaggio sospeso, nel capitello di Vezelay, in una strana situazione di semi-realtà.
La vicenda, prima. Caino è anziano, diventato vecchissimo d’anni come accadde solo ai personaggi della Genesi. Da quando ha ucciso il fratello Abele, sono passati secoli; e da allora Caino ha avuto figli e nipoti e pronipoti, a loro volta diventati anziani. Uno di questi, Lamech, anch’esso appunto vecchio, e per questo ormai cieco, sta cacciando nella foresta; ad aiutare Lamech nella caccia è il figlio Tubalkàin: sta a lui scorgere le prede e guidare l’arco del padre. Il fato tragico vuole che i due, Caino e Lamech, si incrocino a distanza, e che Tubalkàin, scambiando l’ombra di Caino per una preda – colpa delle corna, segno posto da Dio sul capo di Caino? – indirizzi l’inconsapevole freccia del padre proprio verso il progenitore. Caino, trafitto, muore così finalmente. Ma la scia di sangue non si estingue qui, poiché Lamech, una volta compreso l’errore, si scaglia sul figlio che l’ha provocato, compiendo un secondo omicidio.

Lamech con l’arco teso, dietro cui emerge Tubalkain (foto di Dennis Aubrey dal bellissimo sito Via Lucis)
Ed ecco la scena rappresentata nel capitello di Vézelay: da una parte Lamech, armato d’arco ma con lo sguardo vuoto; dalla parte opposta Caino, che vaga inconsapevole tra i rami, e con gesti di splendida naturalezza li sposta per aprirsi un varco al lento cammino. Tubalkàin, invece, è un volto e uno sguardo angosciati, è un grido… ed è la figura incompiuta di cui dicevamo.
Sta a metà, il Tubalkàin di Vezelay: è sospesa nello spazio e sospesa nel tempo, quest’anima, e sembra non trovare il suo posto. Quanto allo spazio, il maestro di Vézelay ha infatti scelto di collocarla non ai piedi di Lamech, ma tra l’arco in primo piano e gli arbusti alle spalle; il suo volto, però, sembra voler a tutti i costi emergere. Quanto al tempo, di nuovo questo spiritato Tubalkàin si muove agitato nel prima e nel dopo: lui che del dramma è insieme causa e spettatore impotente, mentre indica il bersaglio sembra pentirsi già del proprio gesto, e preannunciarne l’esito. Lui che dei tre è l’unico a vedere ciò che accade, mentre ancora la freccia non è stata scoccata già presagisce la morte altrui, e forse anche la propria.
Ad aumentare la spiritata inquietudine del Tubalkàin di Vézelay sono i danni che il capitello ha subìto: il rilievo è eroso o sfregiato proprio nella fascia in cui è scolpito il ragazzo, e manca il tratto di corda dell’arco che correva davanti al suo viso. Sul volto, anch’esso sfregiato, il disegno già essenziale dello scultore di Vézelay si trasforma così addirittura in abbozzo michelangiolesco, o in bozzetto contemporaneo. E il capitello, tra i cento, diventa un vero capolavoro di narrazione, dove il dramma del secondo omicidio è descritto, e insieme evocato, con una profondità che non si incontrerà più nei secoli successivi.

La navata della basilica di Vézelay
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I capitelli della basilica di Vézelay datano alla metà del XII secolo. Contando quelli nel nartece e quelli nella lunga navata, sono più di cento, e sono opere di grande qualità evocativa, dal tratto insieme moderno e rustico, dalla sinuosità del disegno, dal vigore quasi delirante. I temi rappresentati sono i più vari: si va dalle scene di derivazione classica ai soggetti mostruosi, dalle vicende bibliche ai rilievi decorativi. Alla morte di Caino sono dedicati a Vezelay due capitelli: quello qui descritto è nella navata, sul quarto pilastro di destra; un altro è collocato nel nartece.
Per il loro numero, per il “disordine” della loro narrazione, e per la loro collocazione ad altezze differenti nella basilica, i capitelli di Vézelay, pur essendo celebrati e conosciuti, rischiano di sfuggire all’attenzione dei visitatori, o comunque di non essere gustati come meriterebbero; nella grande basilica, poi, il meraviglioso portale collocato nel nartece attrae a sé gran parte delle attenzioni… così che a Vézelay, non c’è dubbio, occorre tornare più volte. Come fa, ovviamente, Before Chartres.
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Elena Curnis (da Fb):
Grazie, questa vicenda non la conoscevo! Anche nel battistero di Padova è rappresentato l’episodio in cui Lamec mette le mani sul figlio che ha scoccato la freccia contro Caino. Ho portato per anni i visitatori senza capire il soggetto di quella parte di affresco 😅 ma ora tutto è chiaro
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Grazie. Sono stata ad aprile a Vezelay. Bellissima.
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Carla Porrati (da Fb):
Bellissimo capitello e grazie per la descrizione sempre molto coinvolgente.
L’arte romanica è quella che io sento più vicina al mio gusto nell’architettura sacra, quello che pubblicate è sempre un arricchimento per una maggiore conoscenza. Grazie.
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Pietro Puca (da Fb):
Grazie a questo blog. Non vi saremo mai a sufficienza grati per questi squarci di bellezza dal passato.
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Roselda Albertin (da Fb):
Belle le spiegazioni che fate, si capiscono bene, le figure incastonate nelle colonne, ricche di particolari… e molto belle.
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Non sapendo di Tubalkain mi ero immaginato fosse lo spirito di Abele a gridare: “no! Fermati” come esempio di perdono.
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Anna Gloria Dellucca (da Fb):
Vicenda che non conoscevo. Grazie BC per queste “lezioni” di storia dell’arte – e non solo – così interessanti e vive.
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Aldo Valentini (da Fb):
Come racconti questo racconto scultoreo! Rapisci.
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