La ‘reconquista’ è scolpita a Retortillo

Due cavalieri di pietra si affrontano, lancia in resta, a Retortillo; due altri fermano le spade, già levate al cielo, perché una donna si mette in mezzo ai due destrieri. Due mirabili capitelli, a loro volta affrontati nella chiesa di Santa María, raccontano di una guerra necessaria, anzi benedetta, e di un’altra che invece non va, o non andrebbe, combattuta.

Retortillo oggi è un villaggio di pochissime anime, a metà strada tra Léon e Bilbao, nel nord della Spagna. Del tempo in cui fu prima fiorente insediamento delle legioni di Roma e poi notevole città romana – la Julióbriga che appassionò gli storici, capitale di questa landa che ancora si chiama Cantabria – restano al suolo sparse rovine. E su di esse veglia la chiesa di Santa María, modesta, col suo campanile a vela e la scala che conduce fin sopra al tetto.

Fuori, tra le colonne tronche dei templi e della abitazioni patrizie, che sbucano dai prati a cadenza regolare, si sente ancora l’odore delle guerre: quelle portate dalle legioni dell’Impero, ma anche quella decisiva per la penisola iberica, e cioè la reconquista rispetto all’invasione musulmana, lanciata e condotta proprio nei secoli del medioevo. La stessa parrocchiale, circondata dai resti dei tempi che furono, e anch’essa vestita d’antico, sembra un po’ un reperto bellico, un piccolo carrarmato anch’esso colpito, e abbandonato sul campo di battaglia: non stupisce che anche al suo interno si parli di armati e di combattimenti, e anzi più precisamente “della guerra”.

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La parrocchiale di Retortillo (foto: Art Anderson)

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Il capitello dei due cavalieri

Così, sotto l’arco trionfale che separa la navata dal presbiterio, a questo tema sono dedicati due capitelli di gran pregio, molto più belli degli altri rilievi della chiesa, che peraltro non sono privi di interesse. I due pezzi, della stessa mano e simili fra loro, databili alla seconda metà del XII secolo, rappresentano ciascuno una sfida tra cavalieri.

Nel primo, un nobile armato con elmo e corazza monta il suo destriero e si contrappone ad un avversario, anch’esso a cavallo, ma vestito ed equipaggiato più alla leggera; il primo, schermando il corpo con l’ampio scudo, come in un torneo impugna la lancia, e già la conficca nello scudo più piccolo e tondo del cavaliere nemico, dai lunghi capelli. E’ la guerra santa, la guerra giusta; scolpita nella chiesa, e in questo modo nobilitata, quella riassunta nel primo capitello è la guerra dei cristiani contro gli infedeli, della vera fede contro l’Islam, inevitabile e anzi cercata e voluta.

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Il capitello della “mujer mediadora” (foto: arteguias.com)

Nel secondo capitello i due cavalieri che si affrontano sono entrambi coperti dalla lunga cotta e dall’elmo; in tutto simili nell’equipaggiamento, rispondono l’uno all’altro anche nel gesto della destra alzata e armata di spada. Ma tra i due cavalli già quasi a contatto, una donna appare in piedi, e con entrambe le mani afferra, da una parte e dall’altra, le briglia dei destrieri; e così sembra congelare l’azione, fermare l’istante: è la “mujer mediadora“, dice arteguias.com: “Puede simbolizar – spiega il ricchissimo sito – la ‘Paz de Dios’ impuesta por la Iglesia, que sujeta las riendas de los caballos pertenecientes a dos caballeros (…) para que no consuman la agresión“.

Questo sì, questo no. L’arco trionfale di Santa María del Retortillo non propone due semplici scene di battaglia, due scontri tra armati – quanti se ne trovano in tante altre chiese romaniche! -; i due capitelli, vicini e insieme, dettano invece una regola, danno una forte indicazione religiosa e politica: si fermino gli scontri tra i cristiani, si quietino i conflitti tra i loro regni ; e non per una semplice e pietosa “Pace di Dio”, ma perché ogni energia e ogni risorsa va indirizzata, invece, alla guerra contro i Mori.

E un simile appello – quasi un invito alla crociata iberica – non poteva che essere lanciato qui, ai piedi dei Pirenei, nei luoghi della resistenza, nelle terre in cui origina la campagna di liberazione, vanto della Spagna tutta, ma avviata da pochi coraggiosi arroccati e assediati, nei secoli del romanico, in quest’angolo di cristianità sopravvivente.

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Il volto (inquietante perché rovinato) della Chiesa che ferma i combattenti

 

Ci sono anche questi pezzi notevolissimi nel volumetto sui capitelli romanici che Before Chartres propone, finalmente “in carta”, ai suoi lettori più fedeli. E ce ne sono altri dieci – anzi, per la verità ce ne sono altri dodici – che hanno anche la pretesa di essere altrettanto belli. Vedere per credere. Qui: DODICI splendidi CAPITELLI ROMANICI

6 pensieri su “La ‘reconquista’ è scolpita a Retortillo

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Bevilacqua Giorgio (da Fb):
    Effettivamente I due catafratti portano le stesse armi e quindi essendo entrambe cristiani vengono dissuasi dallo scontro fratricida, mentre nessuno ferma il matamoros che perfora lo scudo del mussulmano. Nel medioevo quella terra fu teatro di scontri sanguinosissimi ampiamente descritti e certamente propugnati dalla iconografia delle chiese romaniche

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      No, Claudio. Perdonami. Io non sono solito fare il puntiglioso… Ma i capitelli del chiostro di Moissac sono molto lontani da questi di Retortillo. A Moissac, dove peraltro la qualità dei rilievi è offuscata da un degrado evidente, siamo agli albori della scultura romanica, e i capitelli del chiostro datano forse a cent’anni prima rispetto a questi. I rilievi “equestri” di Retortillo che sono dell’ultimo scorcio del XII secolo, guardano piuttosto ai capitelli della vicina Aguilar de Campòo, o al più a certi capolavori d’Alvernia, o forse quelli di Silos… E’ vero invece che l’impostazione, l’impaginazione, dei capitelli di Retortillo è molto simile a quella dei capitelli di Moissac, nei quali, come in questi di Cantabria e come a Saint-Benoit-sur-Loire, è molto evidente, dietro la scena scolpita, la classica costruzione del capitello, come una vera e propria quinta di teatro dietro la scena. In questo sì, concordo, i capitelli di Retortillo richiamano Moissac. Secondo me.

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  2. Paolo Salvi ha detto:

    Splendide ed originali le raffigurazioni sui capitelli, che rimandano alla Reconquista e allo scontro tra Cristiani, mettendo in luce il combattimento per una giusta causa da quello sbagliato.
    Purtroppo non li ho ancora visti, ma li trovo affascinanti come certi capitelli che ho potuto vedere in Alvernia. Ricchezza figurativa, modellato plastico e articolazione spaziale della composizione, manca solo la particolare colorazione come ad Issoire, per immaginarli diretti discendenti da quelli alverniati.

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Però li trovo un po’ più “magrolini” di quelli d’Alvernia… Pur avendo tutt’altra elaborazione quanto agli elementi rappresentati, a me ricordano anche i capitelli del chiostro di Silos, con i loro animali e i mostri filiformi…

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