Spegnete quelle luci colorate, e lasciate riposare Notre-Dame. Puntate altrove fari, riflettori e luminarie, signori di Le-Puy-en-Velay: riempite di colori e stramberie la facciata del teatro, i ponti, il Municipio, che magari ne han bisogno; ma la Cattedrale no, quella lasciatela fuori dal vostro pirotecnico “Puy de Lumière”, e con la Cattedrale preservate da questa colata di tempere sciolte e impazzite Saint-Michel d’Aiguilhe, l’ardita, sulla sua rocca vulcanica.

La facciata di Notre-Dame in “Puy de Lumière”
Possibile che solo io veda un confine? Solo a me sembra che un’idea – il sito ufficiale di “Puy de Lumière” la definisce “un spectacle de projections et de lumières à la tombée de la nuit” – debba anche chiedersi fin dove arrivare? Non ci ha pensato, l’amministrazione civica, “en lien avec l’Office de tourisme“, se davvero può far debordare lo spettacolo “sur ses monuments emblématiques“?

Saint-Michel d’Aiguilhe illuminata nel progetto
Non contesto che ogni sera, al calar delle ombre, il progetto “Puy de Lumière” allieti i turisti e i bambini. Ma mi sconcerta non poco che a patire stravolta dalle proiezioni pirotecniche sia una delle più belle facciate del romanico, quella Notre-Dame a cui non serve un solo faretto per stupire chi la osserva, con la sua facciata viva di decori già proposti nella più giusta misura dagli architetti del XII secolo; e altrettanto mi stupisce che fuochi di luce e paillettes riempiano, quando “Puy de Lumière” si accende, il colle nero che come uno scoglio si erge in mezzo alla città portando in cielo la meravigliosa cappella di Saint-Michel d’Aiguilhe.
E’ una questione di confini. Si tirino dentro nella fiera e nello spettacolo, queste due splendide chiese, una volta all’anno: staranno al gioco, come tante altre volte, nel medioevo, avranno fatto da sfondo al teatro dei pazzi. Un Carnevale, a tempo debito, si può anche accettare. Ma per il resto dell’anno, per “Puy de Lumière” si usino altri fondali.
E’ una questione di confini. Perché posso dar luce e colore ad una facciata, se così provo a restituirla dipinta com’era a quei tempi; e da qui si cominciò con certe grandi facciate gotiche (Amiens fra tutte), con certi portali (accade a Conques), con certe opere (si pensi all’Altare di Ratchis a Cividale). Ma fari e fasci e luci sono leciti per riproporre e restituire l’opera, per resuscitarla alla policromia per un istante… non per scioglierla nei deliri di merletti mai esistiti e dentro a colate variopinte e informi.
Fondete e sciogliete in burro colorato la Scuola elementare, l’Ospedale e la Biblioteca. Alle vostre antiche chiese portate, signori di Le-Puy-en-Velay, un po’ più di rispetto.
Ernesto Mozzi (da Fb):
Io l’ho sempre vista di notte senza questi colori ma vi assicuro che l’emozione è alle stelle. Già con la sua policromia originale. Mi sdraiavo stupito senza riuscire a togliere lo sguardo.
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Paolo Salvi (da Fb):
Già. Ho visto a luglio scorso la Ville lumiere. La cattedrale certo non ne ha bisogno. Colori e geometrie originali affascinano da sole. Pensano di valorizzarla ma in fondo una buona illuminazione a luce bianca non fredda sarebbe sufficiente.
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Aldo Valentini (da Fb):
I soliti puristi bigotti Giulio Giuliani… straca no i bal. Non esageriamo, non facciamo gli snob, pochi giorni e tornerà tutto come prima, la tua facciata non è Dio.
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Concordo pienamente caro Giulio con il tuo pensiero, la luce artificiale in questi casi è inutile e controproducente! Giancarlo
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Giuseppe Berton (da Fb):
Un ❤ grande per l’autore, un profondo sconforto per quanto visto e narrato.
Già incontrare l’Ara di Ratchis era stato stridente, ma questo…
Forse drammatizzo, ma questa nuova versione di spettacolarismo autoreferenziale, presunzione di creatività, parassita e grottesca, immediatamente mi ha fatto pensare a quell’ “…et circenses” strumentali e distraenti dalla sostanza impegnativa del quotidiano.
Mi sento oppresso e sconcertato da questa sarabanda ebbra e allucinata.
Mi sento triste e impoverito, da questo illusionismo onirico: variante effimera e conforme alle sembianze distorte dell’esistenza, che un mondo distorto continua a contrabbandare
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Mah! Del resto anche la basilica di san Pietro a Roma è servita come schermo per proiettare immagini di animali, ma almeno è durata solo una sera. Se servisse a far conoscere presunti colori originali avrebbe almeno uno scopo didattico, come l’Altare di Ratchis a Cividale, che dura cinque minuti di visione, o come i tanti disegni colorati per mostrare com’era l’Acropoli di Atene. Qui invece siamo al solo spettacolo di Luci e Suoni che andava di moda negli anni 60/70, con aggiunta di un maggior cattivo gusto.
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È una corruzione del gusto. Chi di abitua a vedere questa Disneyland poi giudicherebbe “povera” la facciata originale, non riuscendo più a comprenderla.
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Mi associo. Questa mania di proiettare qualsiasi cosa su qualsiasi altra cosa è la plastica dimostrazione di un eccesso di tecnologia rispetto al buon senso che dovrebbe guidarne l’uso.
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