Molti ricordano la piccola chiesa di Saint-Hilarian de Perse come la “chiesa rossa”, tanto è marcata la tinta dei blocchi di arenaria che la compongono, e quella, appena un po’ più chiara, del singolarissimo portale scolpito che le ha permesso di guadagnare un posto, anche se non di primissimo piano, nel catalogo delle chiese romaniche.
Il colore “rosso” che contraddistingue la chiesa, legandola così alla particolare conformazione geologica dell’area, è però solo la traccia più evidente del suo fortissimo radicamento in quella terra da cui è nata; radicamento che si scopre in molti altri aspetti e perfino nella vicenda pittoresca e “localissima” di quel sant’Ilariano da cui tutto cominciò.

La cappella e il portale
Diciamo in premessa che il legame tra la chiesa e la sua terra è evidente quanto alle dimensioni, alla funzione, alla collocazione. Saint-Hilarian è infatti una chiesa piccola, poco più di una cappella, quindi certamente costruita da maestranza locali; ebbe per molti secoli il ruolo di chiesa parrocchiale e fu quindi, per la comunità della vicina Espalion, il luogo delle funzioni, delle celebrazioni quotidiane e festive, dei riti; la cappella infine sta all’interno del cimitero, che circondandola ne sottolinea ulteriormente il ruolo di servizio ad un territorio e alla sua popolazione, e ulteriormente la radica alla terra in cui sorge.
Ma i tratti del legame stretto, quasi viscerale, con i luoghi d’origine e con la comunità locale, si ritrovano, marcatissimi, anche nella vicenda del sant’uomo a cui la chiesa è intitolata. Sant’Ilariano, nato qui, sulle rive del torrente Perse, fu avviato sin da fanciullo alla vita religiosa, e ne percorse i gradini tutti, fino a servire messa nel palazzo di Carlo Magno; ma presto disdegnò quegli onori per tornare ad abitare nel suo villaggio e a dir messa nella chiesa che non aveva mai dimenticato. La leggenda narra di questa sua nuova vita e di questo suo quotidiano officio svolto, lasciati i fasti di corte, nello stretto confine di poche miglia; e racconta di come ogni volta, andando a piedi dalla casa materna alla chiesa, il santo prete traversasse il fiume Lot usando miracolosamente il mantello come una zattera. La tradizione agiografica ribadisce con decisione l’attaccamento alle origini e gli affetti domestici che ebbe Ilariano, e lo fa anche quando dice del suo martirio: un giorno infatti scoperto dai saraceni, dilagati nel territorio, proprio mentre celebrava nella sua chiesetta, Ilariano fu da questi decapitato; ma raccolta la propria testa, la riportò alla mamma – perché questo le aveva promesso! – non prima di averla lavata alla fonte vicina.

Uno scorcio dell’abside con l’arenaria rossa della muratura
Tutto allora intorno a Saint-Hilarian parla di localismo e di nostalgia. E il colore rosso della chiesa è proprio il colore della terra. Chiesa del territorio, chiesa radicata in quel preciso fazzoletto di terra, quasi completamente inconsapevole di quanto accadeva nella grande Europa romanica, la cappella è un caso esemplare di edificio religioso popolare del tempo romanico: non abbazia, non cattedrale, non chiesa nobiliare, ma chiesa parrocchiale, costruita dalla gente del posto di dimensioni coerenti con la comunità che serve, infine pensata per ricordare un santo… molto di casa. Ed è in questa luce che vanno osservati e apprezzati anche l’iconografia e la qualità dei rilievi del portale: anch’esso è il prodotto di un contesto culturale che ebbe il fiume Lot come confine difficilmente valicabile – il miracolo del mantello galleggiante era prerogativa di sant’Ilariano, non certo dei suoi compaesani – e che vedeva probabilmente come unico potente riferimento artistico e spirituale la grande abbaziale di Conques, dominante e influente perché “vicina”, ma a quei tempi comunque distante due giorni di cammino.
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La chiesa affacciata sul corso del Perse
Il portale principale della chiesa di Saint-Hilarian – databile al XII secolo – è uno dei più interessanti tra i rilievi romanici francesi di produzione popolare. La lunetta propone la rappresentazione, non diffusissima, della Pentecoste: dieci apostoli schierati intorno a Maria ricevono dall’alto, rappresentata come raggi di sole, o come lampi dal cielo, l’effusione dello Spirito Santo. Sull’architrave sottostante è invece scolpita una particolare rappresentazione dell’Ultimo Giorno – davvero non manca mai, nei portali romanici! – organizzata “in orizzontale”: il Salvatore in gloria, circondato dal tetramorfo, sta a destra; al centro la resurrezione dei morti e la disputa sulle anime; a sinistra la bocca dell’Inferno spalancata riceve i dannati, mentre Satana siede, perfetto contraltare al Cristo in Gloria, anch’egli circondato da quattro demoni (all’architrave scolpito e alla sua iconografia Before Chartres ha dedicato un articolo specifico). Più in alto nel portale, si osserva una particolare Adorazione dei Magi, con i tre re d’oriente rappresentati ciascuno sotto una propria arcatella, davanti a Maria e al Bambino.

Il portale con la lunetta, l’architrave e, in alto, l’adorazione dei Magi (la foto è di Richard Stracke)
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Quello di Espalion è un portale bellissimo, ma “minore”. Before Chartres affronta invece il tema dei “grandi” portali del medioevo, e lo riassume, come in un viaggio – finalmente “su carta” – in un volumetto prezioso, dedicato ai suoi lettori più affezionati. Lo si trova qui: DIECI grandi PORTALI ROMANICI
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Luca Borgia (da Fb):
Notevole. Chiesa rossa per via della pietra; le due chiese rosse ticinesi (Arbedo e Castel S. Pietro) lo sono per via della tinta (più tarda), che almeno in un caso ricorda fatti di sangue.
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Giacomo Rossi (da Fb):
Una storia davvero interessante. I santi segnarono spesso la cultura locale diventando testimoni della fede ma anche del territorio.
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Davvero un esemplare unico di raffigurazione, sia per il tema della Pentecoste, che per la disposizione su vari registri dei temi svolti. Curiosa la collocazione marginale della Natività con l’Adorazione dei Magi. Così affascina anche questa pietra così rossastra che la connota tutta.
Un gran bel portale per una chiesa minore ma di grande fascino.
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Antonella Fabriani Rojas (da Fb):
Scusa la domanda, ma perché dieci apostoli? io vedo 11 figure ma non riesco a distinguere se le due piccole siano simili alle altre o del tutto diverse.
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Nella lunetta della Pentecoste ci sono dieci apostoli, di cui due più piccoli ai lati, e al centro Maria. Lo Spirito raggiunge gli Apostoli mentre sono nel Cenacolo… Può essere che chi ha scolpito pensasse all’assenza di Giuda (non ancora sostituito) e anche a quella di Tommaso, di cui si dice che almeno in un occasione non era con gli altri nel Cenacolo quando venne Gesù… Qualche commentatore per questo portale parla di un’arte povera, e anche ignorante del dogma… Sto giusto scrivendo un post che approfondisce questo aspetto.
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