Vergine di Ventaroli, popolare e nuova

Ci sono anche storici dell’arte scortesi: ché non mi pare bello definire “rustica” una Signora in trono, tantomeno se si tratta della Madre di Gesù. Epperò succede. Parlando della Vergine coronata che siede, piena di colore, nella chiesa di Ventaroli in Campania, Valentino Pace non fa certo sconti:

Qui la Madonna Regina, che troneggia col Bambino sull’abside, gli arcangeli che la fiancheggiano, gli apostoli e il terzo arcangelo sottostante sono ormai la versione “rustica” di una sottile nobiltà che Bisanzio aveva introdotto e che qui è ormai andata irrimediabilmente perduta.

Noi però – noi che tra l’altro di Bisanzio diffidiamo assai – ci dissociamo da questo giudizio poco diplomatico. Perché è vero: gli affreschi della piccola basilica di Santa Maria di Foroclaudio hanno un che di popolare, specie in quegli apostoli messi in fila che ricordano, pur con le dovute cautele, la teoria dei santi di Pozzoveggiani; ma poi Lei, più su, nel catino, circondata da quell’azzurro intenso, merita invece di essere guardata a lungo. E non a caso, quel volto, quell’aureola dorata intorno alla grande corona di gemme incastonate, quel gioco insomma di tinte contrastanti e armoniche, quasi di smalti, han sempre affascinato i pellegrini e i fotografi; tanto che la Regina di Ventaroli sarà pur “rustica”, ma una sua foto a colori trova spazio in ogni libro dedicato alla pittura romanica.

L’abside affrescata (foto: Hlodowig)

Si entra, allora, in Santa Maria di Foroclaudio senza la pretesa di incontrare la seriosa e dotta narrazione della vicina Sant’Angelo in Formis; ma piuttosto con l’intento di parlare con Lei, di rivolgerle una preghiera, di aggiungere umili il nostro omaggio a quello degli angeli che la incensano. E ci si avvicina all’abside certi di essere ascoltati, e di ricevere risposte. E si instaura qui, con Lei, quel dialogo piano e accorato che i figli possono avere solo con la Madre – possibile e intenso a Ventaroli, quanto difficile a Sant’Angelo in Formis, dove il tratto evidente del Cristo bizantino dell’abside è sì quello della nobiltà, ma della nobiltà distante -.

Il pittore dell’abside di Ventaroli – e in questo il Pace ha pienamente ragione – guarda a Sant’Angelo come ad un esempio, che poi si prova a riproporre con l’arte sua, che però è meno profonda, non c’è dubbio, ed inoltre è posteriore di un secolo suppergiù. Dipinge infatti la sua Madonna in trono negli ultimi anni del XII secolo, e forse anche nei primi del successivo. E sono proprio questi due elementi di diversità, cioè l’estrazione popolare dell’artista e la datazione molto recente della sua opera, che motivano quella che è la vera “sorpresa” dell’abside di Santa Maria a Foroclaudio, e cioè la presenza, nel catino, della Vergine Regina al posto del consueto – e diremmo “necessario” – Cristo Pantocatore.

Uno sguardo all’absidiola di sinistra, dove spunta tra gli affreschi frammentari un altro volto di Maria, di nuovo accompagnata dal Bambino, e più antico di molti decenni, ci conferma però che nei secoli pienamente romanici anche a Ventaroli le sacre regole venivano rispettate: fino all’XI secolo l’abside centrale era dedicata alla figura del Cristo, mentre la Madonna occupava l’absidiola laterale. Lo dice bene lo stesso Pace: “E’ plausibile che [la Madonna in trono col Bambino] nell’XI secolo adornasse la sola abside di sinistra, venendo raffigurato nella centrale un tema imperniato sulla sola figura del Cristo. Oltre un secolo dopo, in seguito alla rinnovata diffusione, in Campania quanto altrove, del culto accentrato sulla Vergine e sulla sua regalità si volle provvedere con una nuova campagna di affreschi a questa esigenza”.

Tardi venne quindi a Ventaroli il nostro frescante; e i tempi nuovi e la sua indole popolare e appassionata lo portarono a dedicare il cielo azzurro dell’abside a Colei che mentre siede in trono, e mentre tiene in braccio il Bambino, sa però di essere Madre di tutti coloro che cercano la sua intercessione.

Salve, Regina,
Mater misericordiae,
vita, dulcedo et spes nostra, salve.
Ad te clamamus,
exsules filii Evae.
Ad te suspiramus gementes et flentes
in hac lacrimarum valle.
Eia ergo, advocata nostra,
illos tuos misericordes oculos
ad nos converte.
Et Iesum, benedictum fructum
ventris tui,
nobis, post hoc exsilium, ostende.
O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria!

La navata della chiesa di Santa Maria di Foroclaudio (foto: lebellezzedelmassiccio.blogspot)

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9 pensieri su “Vergine di Ventaroli, popolare e nuova

  1. Giulio Giuliani ha detto:

    Elena Biagini (da Fb):
    La foto della chiesa con la gente mostra la sua forma materna, semplice e solenne allo stesso tempo. Commovente con quei colori brillanti dell’abside, specie l’azzurro, così introvabile, rarissimo nelle pitture romaniche.

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      E’ vero, Elena. Ho pubblicato la foto di cui parli, non mia, proprio per questo motivo. La ritengo una testimonianza della bellezza della chiesa che è in grado di accogliere e di abbracciare, con i suoi colori e le sue forme, anche una comunità moderna, che non sia solo quella dei turisti.

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  2. Paolo Salvi ha detto:

    Absit iniuria verbis…
    I critici dell’arte giudicano l’arte, non ciò che raffigura. Se una Madonna è raffigurata in uno stile palesemente tardo e popolano, non vi è certo dolo nel chiamarla “rustica”, peraltro mettendo garbatamente le virgolette, come a dire che non si è trovato un termine più idoneo ma va letto “cum grano salis”.
    Non saprei se definire rustica, popolare o quant’altro questa Madonna che mi pare tarda nei suoi lineamenti e dal panneggio riconducibile a ben più aulici modelli bizantini.
    Peraltro chi ama come noi il romanico non può trovare disdicevole il termine “rustico” giacché tante belle realizzazioni di quest’epoca ci affascinano non di rado per la loro pura rusticità.
    Ventaroli, dopo bei post visti in Itinerari Artistici del Medioevo, sono andato a visitarla proprio quest’estate, come la vicina Sessa Aurunca. Certo bella, esternamente, ma tristemente chiuse, entrambe.

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Absit semper iniuria verbis, Paolo. Sai che mai mi permetterei di essere troppo critico… con un critico. Quindi anche il mio incipit è un pretesto, un punto di partenza per i miei appunti… Peraltro sono d’accordo con te su tutto, anche sul fatto che la “rusticità” e ancor più la “popolarità” sono elementi fondanti del romanico, in tutte le sue espressioni. Mi stupisce che tu abbia trovato chiuse la basilica: mi pareva di aver visto resoconti recenti, con foto, anche nei nostri Gruppi… A me risulta comunque che per visitare la chiesa occorre contattare su Facebook don Gennaro Marotta (https://www.facebook.com/marotta.luciano.7)

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    • Giulio Giuliani ha detto:

      Eh, Marco, succede perché Bisanzio, rispetto al “romanico”, è l’altro medioevo… perché Bisanzio è splendore acquisito mentre il romanico fatica e ci prova in tutti i modi… perché Bisanzio è una spiritualità completamente differente da quella romanica… Gran periodo, grande arte, grande Impero, quelli di Bisanzio; ma noi di qua in Occidente, noi “romanici”, non dovremmo diffidare assai di questi Greci?🙂

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