Il Cristo al centro, anche senza volto

Un volto cancellato, e non dal semplice passare del tempo, ci impedisce di vedere Colui che, dal suo trono, governa la grande guerra celeste. Intorno a Lui, nella splendida rappresentazione in San Pietro al Monte, gli angeli rinserrano le fila, e come una falange protendono le lance contro il Nemico, il dragone, trafiggendone il corpo mostruoso. Ma di questo Sovrano, per colpa di una lacuna che deturpa l’affresco proprio in quel punto, noi possiamo solo immaginare l’identità.

E seppure non sia difficile affermare che su quel trono non può che sedere il Salvatore del mondo, la chiazza grigia che ne offusca il volto – e che gli studiosi non riescono a spiegarsi con certezza – sembra quasi un invito ad un’ulteriore domanda. Ci spinge ad accorgerci, questa lacuna, che siamo di fronte alla rappresentazione di una visione tratta sì dall’Apocalisse, eppure meno consueta di altre; qui nel monastero sul monte di Civate, infatti, il pittore che lavora all’inizio del XII secolo narra con i suoi colori non la Seconda Venuta del Salvatore, non il Giudizio Universale; ma anzi, al Salvatore circondato dai quattro Viventi, o dai ventiquattro Vegliardi, che tante volte si incontra nei portali e nelle absidi romaniche, sostituisce un’altra delle visione che Giovanni racconta nel suo libro, quella che apre il capitolo 12:

Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.
Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli…

Una veduta del nartece

Il frescante di Civate, insomma, non ci propone una “Parusìa”, cioè la tradizionale visione profetica dei cieli aperti intorno al Salvatore che torna per regnare; ma ci mette davanti ad un momento differente dello scontro tra Dio e le tenebre, ad una battaglia che anzi è precedente al trionfo del Signore, alla Sua Seconda Venuta. Tutto qui è più complesso: una donna partorisce, un drago la insidia, un Bambino nasce e viene salvato in extremis; poi quello stesso Bambino, mentre intorno l’esercito di Michele tiene a bada il mostro dell’Inferno, viene condotto “verso Dio e verso il suo trono”. Ed ecco la domanda, che il viso oscurato rende ancora più pressante: se il Bambino è Gesù, se il Cristo Figlio di Dio è nato or ora, chi siede sul trono ad attenderlo?

Il Bambino portato al trono (foto: http://www.atlantedellarteitaliana.it)

Ci rattrista, allora, quel volto cancellato nell’affresco di Civate; e però ci accompagna a notare su un altro tratto particolare dell’iconografia romanica, e cioè sull’assoluta centralità della figura del Cristo, la sua netta predominanza rispetto a quella del “Padre”. Molto più dei secoli successivi, nei quali diventa normale rappresentare la prima Persona della Trinità con attributi specifici – a cominciare da una folta barba bianca – e in specifici ruoli, il tempo romanico mostra invece al riguardo una sorta di ritrosia. Le raffigurazioni del Padre come un anziano, tipiche dei tempi più moderni, sono rarissime nel medioevo romanico; spesso addirittura è lo stesso Gesù a sostituire il “Dio Padre” anche nelle rappresentazioni della Creazione, o di episodi dell’Antico Testamento.

Perché avviene questa sovrapposizione? Fa confusione quanto alla distinzione tra il Padre e il Figlio, allora, il tempo romanico? è meno lucido o meno ortodosso di altre epoche? E qui a San Pietro al Monte, quel volto cancellato nella battaglia celeste è forse l’indizio di un imbarazzo, di un ripensamento, di un domandarsi se far sedere in quel trono il Dio Padre anziché il Figlio? No, probabilmente no. In quel trono a Civate, anche se non ne vediamo più il viso, siede il Cristo. E’ il Figlio incarnato, e non il Padre, che domina la guerra in cielo, che pure si svolge mentre Lui stesso nasce. Ed è al Cristo Uomo, e non ad un Dio Padre quasi assente dal tempo romanico, che nell’affresco viene consegnato il Cristo bambino salvato dal dragone.

La figura del Padre – e il volto cancellato di Civate può far nascere domande ma non muta la sostanza – fatica a trovare spazio nell’arte di questi secoli. E se ciò avviene, se troviamo un volto giovane, quello del Cristo, quasi ovunque nel momento in cui sia da rappresentare il Dio dei Cristiani, non è per incapacità di comprensione dei testi. Al contrario, dimostrando una lettura teologica più profonda di quella che caratterizzerà le altre epoche, quanto al “Dio Padre” gli artisti del tempo romanico ricordano quella che era stata la decisa indicazione di Gesù, raccontata nel Vangelo di Giovanni:

Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: «Mostraci il Padre»? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?

La religiosità del medioevo mette Cristo al centro, senza alcun dubbio. Lui è da sempre, Lui ha creato il mondo come sommo architetto; Lui si incarnato nel Bambino della Vergine, e ha vissuto nel mondo; Lui e non Altri tornerà nel mondo e lo giudicherà e lo dominerà, come ricorda tutta l’arte dei secoli romanici. Per Lui, e non per Altri, ci racconta Civate, le schiere celesti hanno affrontato e soggiogato il demonio nella battaglia tra il bene e il male; e infine Lui, e non Altri, siederà come un sovrano – ce lo ricorda nella stessa chiesa un altro notevolissimo affresco – al centro della Gerusalemme celeste, a mirare se stesso, la propria potenza, la propria vittoria.

Il Cristo nella Gerusalemme celeste

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La terra alta tra Milano e i Laghi è ricchissima di capolavori romanici. Un itinerario in dieci tappe racconta le realizzazioni più preziose – da Civate a Gravedona, da Agliate ad Arsago Seprio ad Almenno San Bartolomeo – di questa vasta e bellissima regione: DIECI PERLE romaniche TRA MILANO E I LAGHI

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Ce ne sono altre undici. Belle come San Pietro al Monte, come San Pietro al Monte inerpicate ad alta quota, o comunque lontane, difficilmente raggiungibili, altre undici splendide chiese stanno nel volumetto che Before Chartres ha dedicato – finalmente “in carta” – ai più spettacolari nidi d’aquila del romanico. Lo trovi qui: DODICI CHIESE isolate DEL TEMPO ROMANICO.

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Le storie e le immagini della Bibbia hanno ispirato e guidato gli artisti romanici. Before Chartres ne ha descritte molte nei suoi articoli, e oggi ha raccolto le più affascinanti in un volumetto pieno di fede, di sapienza e di stupore, che trovi qui: STORIE della Bibbia NELL’ARTE ROMANICA.

16 pensieri su “Il Cristo al centro, anche senza volto

    1. Jerry

      Probabilmente il volto “cancellato” era un tondo in rilievo in stucco (come molti rilievi del santuario di Civate).
      È probabile che sia stato staccato e trafugato nei secoli passati.

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  1. Gian Luigi Daccò

    Il volto era in stucco , come il ciborio e tutte le cornici. La pittura è integrata e completata dallo stucco che si è conservato benissimo, tranne quel volto . Chi lo sa , una infiltrazione dal tetto ad altro

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    1. E’ un’ipotesi, sì. A San Pietro al Monte lo stucco, per decorare e scolpire, è utilizzato con grande profusione: non è improbabile che l’affresco “culminasse” nel volto di Cristo realizzato in stucco e, ovviamente, in rilievo.

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  2. Tiziano Sovernigo

    Sono presenti altri esempi di rappresentazioni di Cristo senza il volto, se non ricordo male una è presente pure nel chiostro romanico del duomo di Amalfi. Non si tratta di deturpazioni o perdite per la caduta d’intonaco (peraltro perfettamente circolari!), spesso il volto era inserito in un dopo l’esecuzione dell’affresco (anche su supporto ligneo) e quindi facilmente deperibile/asportabile.

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  3. Marjno De Ljguori

    La rappresentazione di Dio come un vegliardo è foriera di eresie ed il tempo romanico ne era più consapevole dei successivi. L’unica rappresentazione idonea di Dio è l’immagine del Figlio. Peccato non avere dati certi su cosa sia successo all’affresco, ma quel Dio senza volto ha un fascino ed una profondità teologica notevole. Complimenti per l’affascinate e precisa spiegazione… una lectio magistralis

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  4. Marjno De Ljguori

    Quanto al Cristo nella Gerusalemme Celeste, trovo che rappresenti il nuovo Adamo, posto nel giardino cinto dell’Eden, con il doppio albero della Vita e della Scienza

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  5. Aldo Valentini (da Fb):
    Penso anche che la rappresentazione del Signore nella Persona di Gesù il Cristo anche nelle scene dell’Antico Testamento, sia a ribadire la sua Divinità “Prima di tutti i tempi” e “della stessa Sostanza del Padre” nella lotta all’Arianesimo.

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  6. Nicola

    Propongo un’altra ipotesi: e se la natura umana di Cristo (bambino nato, quindi creato) venisse offerta alla natura divina del Figlio (che da sempre È)? Solo a quel punto Dio Figlio avrebbe un volto (“Dio nessuno lo ha mai visto”).

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