La morte di Stefano bruciò il mondo

Sono tanti, sì, i martiri cristiani. Appesi ad una croce, arrostiti, scuoiati, dati in pasto alle fiere o passati a fil di spada, proprio per la loro morte cruenta i martiri acquistano un surplus di merito agli occhi del Signore, e costituiscono, tra i santi del Paradiso, una categoria particolare. Tra loro si distingue Stefano, il “protomartire”, il primo, cioè, di coloro che sono stati uccisi perché testimoniavano la loro fede in Cristo Gesù.

Si cominciò presto, a dare la vita per la fede. Accadde a molti degli apostoli, coloro che avevano parlato e camminato con Gesù: Pietro fu crocifisso, ma a testa in giù; Andrea ebbe la stessa sorte, ma appeso ad una croce ad x, a Bartolomeo cavarono la pelle, Giacomo il Maggiore fu decapitato… e così via fino a Paolo, apostolo della seconda ora, anch’egli decapitato a Roma. Ma Stefano, che era un diacono, cioè in parole povere un aiutante dei Dodici incaricato della carità, corse verso il martirio ancora più in fretta, e ci arrivò prima di qualunque altro cristiano, e prima degli stessi apostoli.

La lapidazione di Stefano nell’affresco del Museo Nazionale di Arte Catalana

Fu lapidato, Stefano, e ce lo racconta con maestria l’affresco proveniente dalla Valle del Boí ed oggi conservato a Barcellona, nel MNAC, che è una delle più belle rappresentazioni di quel tragico evento. Lo colpirono con le pietre fino alla morte, e proprio il modo con cui il nostro campione fu ucciso permette agli storici di stabilire l’anno preciso in cui avvenne l’esecuzione: la lapidazione, infatti, era il metodo usato dagli Ebrei – i Romani usavano la crocifissione – e poté essere utilizzato, a Gerusalemme, solo in un momento di vacanza del potere romano; poiché l’unica parentesi in cui il Sinedrio agì come massima autorità si registrò tra la cacciata di Ponzio Pilato e l’arrivo del suo successore, nell’anno 36 dopo Cristo, si può concludere che Stefano, il primo martire, fu martirizzato in quel periodo, solo tre anni dopo la morte di Gesù. Quel che accadde, è narrato nei capitoli 6 e 7 degli Atti degli Apostoli:

Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo. Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei «liberti» comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e dell’Asia, a disputare con Stefano, ma non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. Perciò sobillarono alcuni che dissero: «Lo abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio». E così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. Fremevano in cuor loro all’udire quelle cose, e digrignavano i denti contro di lui. Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra e disse: «Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio». Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono tutti insieme contro di lui, lo trascinarono fuori della città e si misero a lapidarlo.

Un capitello del Duomo di Piacenza

Deriva da questo testo l’iconografia tipica del martirio di Stefano nel tempo romanico in cui, come nel capitello di Piacenza, il giovane diacono appare in ginocchio, lo sguardo rivolto al cielo con cui già sta dialogando: dal cielo una mano scende su di lui a concedergli la corona del martirio – curiosamente il nome “Stefano” deriva proprio dal greco antico Στέφανος, “Stéphanos“, latinizzato in “Stephanus“)”, che letteralmente significa “corona” – mentre i carnefici tutto intorno scagliano le loro pietre.

È così precoce il martirio di Stefano, e arriva così presto nella storia della cristianità, che avviene sotto gli occhi di un osservatore d’eccezione, quelli di un giovane che ancora non si chiama Paolo, ma Saulo: solo dopo aver assistito alla scena, e solo dopo un successivo incontro con Gesù sulla via di Damasco, quel giovane fervente diventerà l’Apostolo delle Genti. Continua così infatti il racconto degli Atti degli Apostoli:

I testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito»; poi piegò le ginocchia e gridò forte: «Signore, non imputar loro questo peccato»; e detto questo, morì.

Molte delle rappresentazioni romaniche del martirio di Stefano non tralasciano nulla del racconto degli Atti degli Apostoli, e mettono in scena anche il giovane chiamato Saulo, e rappresentano ai suoi piedi i mantelli di chi sta per lapidare il diacono: avviene, per fare solo due esempi, nell’affresco nell’absidiola destra della chiesa di Müstair e in quello conservato nell’abbazia di Novalesa.

Il martirio del giovane diacono a Müstair: a sinistra, Saulo

La presenza di Paolo attribuisce al primo martirio un valore esemplare. Chi avesse dubbi sulla carica evangelizzatrice che può avere una morte subìta per la fede, allora, si ricreda ricordando questo: che fu proprio un martire, il primo martire, Stefano, a scuotere e ad incrinare, con la propria testimonianza portata fino alla morte, la corazza che rivestiva il cuore di Saulo, duro come le pietre dei carnefici; e chi pensa che il sacrificio cruento dei martiri sia un’inutile esibizione, prenda nota: fu il sangue di Stefano a far scoccare la scintilla che cambiò il mondo, perché fu il suo martirio ad agitare i primi dubbi in quell’uomo destinato, dopo la conversione, a portare il Vangelo di Gesù fino alla grande capitale pagana, e da lì in tutto il mondo.

Saulo, a sinistra, nell’affresco di Novalesa (foto da chieseromaniche.it, elab.)

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6 pensieri su “La morte di Stefano bruciò il mondo

  1. Fabrizia Bagni (da Fb):
    Prima di Stefano, l’unico che era stato ucciso per la sua testimonianza è stato Giovanni il Battista. Che però non è un vero e proprio martire dell’evangelizzazione, perché è stato giustiziato prima, quando la predicazione del Signore non era ancora avvenuta completamente.

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  2. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    La morte di Stefano è il momento fondativo fondamentale nella storia del Cristianesimo: i primi cristiani della corrente giudaica, rispettosi della Legge Mosaica, si separano dalla corrente ellenistica, nata nelle città greco-romane come Cesarea e Tiberiade, con un atto di sangue.
    Saulo è un cittadino romano e assiste a quel primo violento scisma: da quel momento il Cristianesimo sarà pronto per diffondersi in tutto l’Impero e non sarà più un movimento messianico relegato in una remoto periferia. E Paolo ne sarà il promotore e il costruttore.

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